Due parole su Puntocom
![]() | Il Quotidiano della Comunicazione, che ha interrotto le pubblicazioni il 17/02/2003 |
Buongiorno Dott.Barbieri, le do il benvenuto all'interno della Comunità delle Scienze della Comunicazione.
Molti frequentatori di Comunitazione.it conoscono molto bene Puntocom, in ogni caso ci può tratteggiare brevemente la storia del giornale che Lei ha creato?
Puntocom (.COM) è stato progettato nell'anno 2000 nel pieno della manifestazione del fenomeno Internet.
L'attenzione che ho rivolto non era tanto alla speculazione finanziaria, ma soprattutto alla conferma di un primato conseguito e confermato da parte della società della comunicazione.
Il "fenomeno Internet" mi ha soprattutto incuriosito per questa valenza: l'estensione della sfida comunicativa anche nei segmenti (imprese, individui, ecc.) che potevano essere stati trascurati dai media tradizionali.
La convinzione riguardava l'esistenza di una comunità in evoluzione che ponesse un'attenzione particolare a tutto il mondo della comunicazione.
Una comunità in cerca di informazioni puntuali e continue.
Una comunità bisognosa di contesti chiari entro cui collocare fenomeni e notizie.
Ecco perché è nato (febbraio 2001) "il punto quotidiano della comunicazione".
Puntocom era un'iniziativa editoriale funzionante sul piano economico? Da quanto si apprende da varie fonti il giornale aveva raggiunto il pareggio, perché allora è stato chiuso?
Il conto economico era giunto al pareggio alla fine del 2002.
La tensione finanziaria era comunque significativa: gli investimenti per avviare una simile iniziativa (prodotto cartaceo quotidiano a diffusione nazionale) erano stati molto consistenti.
Se da un lato il prodotto dimostrava di aver trovato un suo spazio di mercato, dall'altro occorreva un polmone finanziario in grado di assorbire gli investimenti fatti.
Il cerchio sembrò chiudersi con l'ingresso di un nuovo socio (Hdc, Holding Della Comunicazione) nella società editrice.
Questo socio si è poi sfilato. Il perché non lo posso dire io.
Io posso solo immaginarmelo e non ha nulla a che vedere con i conti del giornale.
E' evidente che il contesto economico di crisi (pubblicità in calo verticale...) non ha favorito l'iniziativa.
Le start up sono particolarmente fragili se attorno a loro c'è un mercato debole.
Al di là di tutto che valutazione si sente di dare a proposito di quanto fatto con Puntocom?
Ci potrà essere una nuova iniziativa editoriale simile in un prossimo futuro? Un mercato di sbocco, seppure di nicchia, sembrava esserci...
Credo che l'esperienza di ".com" abbia dimostrato l'esistenza di quella comunità di lettori di cui ci immaginavamo l'esistenza.
E quindi puntocom ha vinto la sua scommessa editoriale: era un prodotto che era riuscito a ritagliare un suo proprio spazio di mercato.
Nicchia, sicuramente, ma di mercato.
Il futuro? So per certo che l'esperienza di puntocom è stata guardata con interesse da molti editori. Che possa avere un futuro non ho dubbi.
Che un futuro ci sia (e soprattutto quando) mi è difficile dirlo (anche per la situazione economica che continua ad essere debole).
Lei, anche alla luce della Sua esperienza personale, come valuta la situazione del mondo della Comunicazione in Italia?
La mia ambizione era e resta quella di essere un osservatore (il più attento possibile, ma solo un osservatore) della realtà e della società della comunicazione.
Giudicarla nel suo complesso mi è difficile, anche perché si tratta di una realtà articolata, non sempre coerente.
Resto convinto che una comunità ci sia e come sempre le comunità migliorano con la circolazione
dell'informazione.
Quindi un nuovo ".com" non potrebbe che far bene al mondo della comunicazione.
Che cosa cambiare? Le società evolvono naturalmente: il mondo della comunicazione dovrebbe sentirsi più uguale a tanti altri mondi.
E invece pretende di essere spesso "diverso".
Qual è la Sua opinione sui corsi di laurea in Scienze della Comunicazione e materie simili? Quanto è importante che ci siano persone che studiano comunicazione? Quali saranno, a Suo avviso, le loro prospettive per il futuro?
Io credo che non si tratti di una moda, ma di un sintomo di quella società della comunicazione di cui parlavo prima.
Sicuramente si tratta di un'evoluzione ancora disordinata, didatticamente non sempre coerente.
Ma lo studio della comunicazione resta un imperativo.
Così come resta fondamentale che gli studi vengano trasferiti attivamente nella pratica professionale
(nelle diverse professioni della comunicazione) e nell'impresa.
Per concludere c'è qualcosa che vuole dire ai membri ed agli utenti di questa Comunità Virtuale delle Scienze della Comunicazione?
Preferisco ascoltare piuttosto che esternare. Per carattere e per mestiere.
Mi piacerebbe quindi restare in contatto con chi lo vuole, per contaminarci
un po'.
Le vostre conoscenze accademiche devono diventare materia di chi esercita professione e impresa, così come queste attività devono essere studiate da chi ha acquisito metodo e competenza per ordinare la comprensione e il giudizio.
Come si dice in questi casi con una espressione un po' trita: teniamoci in contatto (m.barbieri@laprovincia.it).
La ringrazio molto Dott.Barbieri, spero che la nostra Community possa essere un mezzo per realizzare quell'ascolto e quel contatto di cui Lei parla.