CASANOVA un mito nell'immaginario collettivo...
Dalla nascita alla fuga dai Piombi (1725 - 1756)
Giacomo Casanova nacque a Venezia in Calle della Commedia (ora Calle Malipiero), vicino alla chiesa di San Samuele dove fu battezzato.Il padre era Gaetano e la madre Zanetta Farussi ,ma la voce popolare lo considerava frutto di una relazione della madre con il nobile Michele Grimani. I genitori erano attori e soprattutto la madre sembra aver avuto successo nella sua professione se fu citata da Carlo Goldoni nelle sue Memorie: "....una vedova bellissima e assai valente"
Rimasto orfano di padre a otto anni ed essendo la madre sempre in viaggio fu allevato dalla nonna Marzia Farussi.
Giacomo era, da piccolo, di salute cagionevole. Per questo la nonna lo condusse da una fattucchiera che riuscì a guarirlo dai disturbi da cui era affetto eseguendo un rituale. Dopo quell'esperienza infantile, l'interesse per le pratiche magiche lo accompagnerà per tutta la vita, ma lui stesso era il primo a ridere della credulità che tanti manifestavano nei confronti dell'esoterismo.
Studiò all'università di Padova dove si laureò in diritto . Successivamente andò a Corfù ed a Costantinopoli. Rientrò a Venezia e in quello stesso anno, la nonna Marzia morì. Con la morte della nonna, a cui era legatissimo, si chiuse un capitolo importante della sua vita: la madre decise di lasciare la bella e costosa casa in Calle della Commedia e di sistemare i figli in modo economicamente più sostenibile. Questo evento segnò profondamente Giacomo, togliendoli un importante punto di riferimento. Nello stesso anno fu rinchiuso, a causa della sua condotta, nel Forte di Sant'Andrea. Fu un avvertimento per cercare di correggerne il carattere.Messo in libertà, partì, grazie alla madre, al seguito del vescovo di Martirano che si recava ad assumere la diocesi. Era piuttosto spaventato per l’arretratezza del luogo e così ottenne congedo. Fu a Napoli ed a Roma, dove prese servizio presso il cardinal Acquaviva, ambasciatore della Spagna presso la Santa Sede. L'esperienza si concluse a causa della sua condotta imprudente: infatti aveva ospitato nel Palazzo di Spagna, residenza ufficiale del cardinale, una ragazza .Ritornò a Venezia e per un certo periodo si guadagnò da vivere suonando il violino nel teatro di San Samuele, di proprietà dei nobili Grimani che, alla morte del padre, avevano assunto la tutela del ragazzo, avvalorando la voce secondo la quale uno dei Grimani, Michele, fosse il vero padre di Giacomo.Avvenne l'incontro con il patrizio veneziano Matteo Bragadin, che avrebbe migliorato le sue condizioni. Colpito da un malore, il nobiluomo fu soccorso da Casanova e si convinse che, grazie a quel tempestivo intervento, aveva potuto salvarsi la vita .Prese a considerarlo come un figlio, contribuendo, finché visse, al suo mantenimento. Ma la frequentazione con i nobili attirò l'interesse degli Inquisitori di Stato e Casanova lasciò Venezia in attesa di tempi migliori.Incontrò Henriette, forse il più grande amore della sua vita.Lo pseudonimo nascondeva l'identità di una nobildonna di Aix en Provence.
I personaggi citati nelle Memorie sono reali. Forse l'autore potrebbe essersi cautelato : trattandosi di donne sposate, le citava con le iniziali o con nomi di fantasia Talvolta l'età veniva modificata per galanteria o vanità dell'autore che non amava riferire avventure con donne considerate, all'epoca, in età matura.
Se qualche errore c'è stato, lo si deve anche al fatto che, quando furono scritte le Memorie, erano passati anni dai fatti e, per quanto l'autore si possa essere aiutato con diari o appunti, non era facile sistemare cronologicamente gli eventi. Ogni tanto si faceva trascinare dalla sua visione teatrale delle cose e non rinunciava a qualche "colpo di teatro".Ciò che è difficile da valutare è se i rapporti che Casanova riferisce di aver avuto con i personaggi, siano rispondenti alla realtà.Taluni hanno ritenuto che nelle Memorie siano stati inseriti passaggi di pura invenzione, basati comunque su personaggi storicamente esistiti
Il caso più eclatante è quello che riguarda la relazione di Casanova con suor M.M. e i conseguenti rapporti con l'ambasciatore di Francia De Bernis.
Si tratta di una delle parti più valide dell'opera.Il ritmo del racconto è serrato e la tensione emotiva dei personaggi di grande realismo.
Secondo altri il racconto è di pura fantasia e basato sulle confidenze del cuoco dell'ambasciatore che effettivamente Casanova conosceva bene.Comunque il valore dell'opera non cambia.
A Lione, Casanova aderì alla Massoneria per il desiderio di procurarsi appoggi. Molti personaggi incontrati nella sua vita, come Mozart e Franklin erano massoni ed alcune facilitazioni sembrerebbero dovute al fatto di far parte di un'organizzazione radicata in quasi tutti i paesi europei. Nello stesso periodo si recò a Parigi dove imparò il francese che sarebbe divenuto la sua lingua letteraria oltre che epistolare.
Ritornato a Venezia dopo il soggiorno parigino ed altri viaggi a Dresda, Praga e Vienna, nella notte fu arrestato e condotto ai Piombi. Al condannato non venne notificato il capo d'accusa, né la durata della detenzione cui era stato condannato.
Se avesse saputo che la pena era di durata sopportabile, si sarebbe guardato dall'affrontare il rischio di evadere e della possibile eliminazione da parte degli inquisitori i quali arrivavano ad operare anche molto lontano dai confini della Repubblica. Questi magistrati erano l'espressione dell'arbitrarietà del potere oligarchico che governava Venezia.
Erano tribunale speciale e centrale di spionaggio.
Il comportamento di Casanova era tenuto d'occhio dagli inquisitori e rimangono molti rapporti delle spie al soldo dei medesimi che ne descrivevano i comportamenti sconvenienti.
L'accusa era di libertinaggio compiuto con donne sposate, di spregio della religione, di comportamento lesivo di un regime democratico..
Casanova conduceva una vita disordinata né più né meno di tanti rampolli delle casate illustri: come costoro giocava, barava, aveva anche idee abbastanza personali in materia di religione e non ne faceva mistero.
Anche la sua adesione alla Massoneria non gli giovava, così come la relazione con "suor M.M." appartenente al patriziato, monaca nel convento di S. Maria degli Angeli in Murano, e amante dell'ambasciatore di Francia abate De Bernis.
Insomma, l'oligarchia al potere non poteva tollerare che un individuo socialmente pericoloso restasse in circolazione.Tuttavia gli appoggi di cui poteva disporre nell'ambito del patriziato, lo aiutarono ad ottenere una condanna "leggera" durante la reclusione, e addirittura ne agevolarono l'evasione. Casanova fu un personaggio ambivalente: per estrazione e mezzi faceva parte di una classe subalterna, ma per protezioni poteva sembrare far parte della classe al potere.
Il suo presunto padre naturale, Michele Grimani, apparteneva a una delle famiglie più illustri dell'aristocrazia veneziana, annoverando ben tre dogi e altrettanti cardinali. Questa paternità fu rivendicata da Casanova nel libello Né amori né donne e sembra che anche la somiglianza di aspetto e di corporatura dei due avvalorasse la tesi.
Dalla fuga dai Piombi al ritorno a Venezia
Appena riavutosi dallo shock dell'arresto, Casanova cominciò ad organizzare la fuga. Un primo tentativo fu vanificato da uno spostamento di cella ma, nella notte, mise in atto il suo piano: passando dalla cella alle soffitte, attraverso un foro nel soffitto praticato da un compagno di reclusione, il frate Marino Balbi
Uscì sul tetto e successivamente si calò di nuovo all'interno del palazzo da un abbaino. Passò in compagnia del complice, attraverso varie stanze e fu notato da un passante che pensò fosse un visitatore rimasto chiuso all'interno. Questi chiamò uno degli addetti al palazzo che aprì il portone, consentendo ai due di uscire e di allontanarsi con una gondola. Si diressero verso Nord. Il problema era seminare gli inseguitori, infatti la fuga gettava un'ombra sull'amministrazione della giustizia di Venezia ed era chiaro che gli Inquisitori avrebbero tentato di tutto per riacciuffare gli evasi. Dopo brevi soggiorni a Bolzano, Monaco di Baviera, Casanova si liberò della presenza del frate. Arrivò a Parigi dove il suo amico De Bernis era divenuto ministro e quindi gli appoggi non gli mancavano.Rinfrancato e trovata una sistemazione, iniziò a dedicarsi alla sua specialità: brillare in società, frequentando quanto di meglio la capitale potesse offrire Conobbe la Marchesa d'Urfè, nobildonna ricchissima e stravagante, con la quale ebbe una lunga relazione, dilapidando somme di denaro che lei gli metteva a disposizione, soggiogata dal suo fascino e dai suoi rituali magici.
Si fece promotore di una lotteria nazionale, allo scopo di rinsaldare le finanze dello stato. Osservava che questo era l'unico modo di far contribuire di buon grado i cittadini alla finanza pubblica.L'intuizione era talmente valida che ancora adesso il sistema è molto praticato.
L'iniziativa venne autorizzata e Casanova venne nominato Ricevitore
Nello stesso anno, De Bernis fu nominato cardinale; un mese dopo Casanova fu incaricato dal governo francese di una missione segreta in Olanda
Al suo ritorno fu coinvolto in una faccenda riguardante una gravidanza indesiderata di un'amica veneziana, Giustiniana Wynne-
Di madre italiana e padre inglese, Giustiniana era stata al centro dell'attenzione per la sua relazione con un patrizio veneziano, Andrea Memmo. Questi aveva cercato in tutti i modi di sposarla, ma la ragion di stato (lui era membro di una delle dodici famiglie - cosiddette apostoliche - più nobili di Venezia) glielo aveva impedito, a causa di alcuni oscuri trascorsi della madre di lei.
In seguito allo scandalo i Wynne avevano lasciato Venezia.
Giunta a Parigi, trovandosi in stato interessante e di conseguenza in grosse difficoltà, la ragazza si rivolse a Casanova , ottimo amico del suo amante. La lettera con cui implorava aiuto è stata ritrovata ed è singolare la schiettezza con cui la ragazza si rivolge a Casanova, dimostrando fiducia in lui, tenuto conto del rischio a cui si esponeva (e lo esponeva) nel caso in cui il messaggio fosse caduto nelle mani sbagliate.
Casanova si prodigò per darle aiuto, ma incorse in una denuncia, per concorso in pratiche abortive, presentata da una ostetrica in combutta con un losco personaggio per estorcere denaro in cambio di una ritrattazione.
L'accusa era grave, comunque Casanova riuscì a cavarsela con la solita presenza di spirito e fu prosciolto, mentre la sua accusatrice finì in carcere. La ragazza abbandonò l'idea di interrompere la gravidanza e in seguito partorì in un convento in cui si era rifugiata.
Ceduti i suoi interessi nella lotteria, Casanova si imbarcò in una fallimentare operazione imprenditoriale (una manifattura di tessuti) che naufragò anche a causa di una forte restrizione delle esportazioni derivante dalla guerra in corso.
I debiti che ne derivarono lo condussero per un po' in carcere .
Il provvidenziale intervento di un'amica, la ricca e potente marchesa d'Urfé, lo tolse dall'incomoda situazione.
Gli anni successivi furono un continuo peregrinare per l'Europa. Si recò in Svizzera dove incontrò Voltaire In seguito in Italia, a Genova ,Firenze e Roma.
Qui viveva il fratello Giovanni, pittore, allievo di Mengs.
Durante il soggiorno presso il fratello fu ricevuto dal papa Clemente XIII.
Ritornò a Parigi dove riprese ad esercitare pratiche esoteriche insieme alla marchesa d'Urfé, fino a che quest'ultima, resasi conto di essere stata per anni presa in giro con l'illusione di rinascere giovane e bella per mezzo di pratiche magiche, troncò ogni rapporto con l'improvvisato stregone che, dopo poco , lasciò Parigi, dove il clima non gli era più favorevole.
Andò a Londra, dove fu presentato a corte.Nella capitale inglese conobbe la funesta Charpillon, con cui cercò di intessere una relazione.In questa circostanza anche il grande seduttore mostrò il suo lato debole e questa scaltra ragazza lo portò fin sull'orlo del suicidio. Non che fosse un grande amore, ma Casanova non poteva accettare di essere trattato con indifferenza da una ragazza qualsiasi. E più lui vi s'intestardiva, più lei lo menava per il naso.
Ma alla fine riuscì a liberarsi di questa assurda situazione e si diresse verso Berlino.Qui incontrò l'imperatore Federico il Grande che gli offrì un posto d'insegnante nella scuola dei cadetti. Rifiutata sdegnosamente la proposta, Casanova si diresse verso la Russia.
A Mosca incontrò l'imperatrice Caterina II anche lei nella collezione di personaggi storici incontrati nel corso delle sue peregrinazioni.
Straordinaria era la facilità con cui Casanova aveva accesso a personaggi di primissimo piano che certo non erano abituati ad incontrarsi con chiunque.Evidentemente la fama lo precedeva e per la curiosità suscitata, gli consentiva di entrare nei circoli più esclusivi delle capitali.
Casanova si dava sempre da fare per ottenere lettere di presentazione per la destinazione successiva. Aveva conversazione brillante, una cultura enciclopedica e, quanto ad esperienze di viaggio, ne aveva accumulate tante, in un epoca in cui la gente viaggiava poco.
Insomma Casanova il suo fascino lo aveva, e non lo spendeva solo con le donne.
In Polonia avvenne un episodio che segnò profondamente Casanova: il duello con il conte Branicki. Questi, durante un litigio a causa della ballerina veneziana Anna Binetti lo aveva apostrofato chiamandolo poltrone veneziano.
Il conte era un personaggio di rilievo alla corte del re Stanislao II Poniatowski e per uno straniero privo di qualsiasi copertura politica, non era consigliabile contrastarlo. Quindi, anche se offeso dal conte, qualsiasi uomo prudente si sarebbe ritirato in buon ordine.Casanova, invece, che non era solo un amabile conversatore ed un abile seduttore, ma anche un uomo di coraggio, lo sfidò in un duello alla pistola.
Faccenda assai pericolosa, sia in caso di sconfitta che in caso di vittoria, in quanto era facile attendersi che gli amici del conte ne avrebbero vendicato la morte.
Il conte ne uscì ferito in modo gravissimo, ma non abbastanza da impedirgli di pregare i suoi di lasciare andare indenne l'avversario, che si era comportato secondo le regole.
Seppur ferito seriamente ad un braccio. Casanova riuscì a lasciare l'inospitale paese.
La buona stella sembrava avergli voltato le spalle.
Si diresse a Vienna, da cui fu espulso.
Tornò a Parigi, dove fu colpito da una lettre de cachet del re Luigi XV, con la quale gli veniva intimato di lasciare il paese.
Il provvedimento era stato richiesto dai parenti della marchesa d'Urfé, i quali intendevano mettere al riparo da ulteriori rischi le cospicue sostanze di famiglia.
Si recò in Spagna alla ricerca di una qualche occupazione, ma anche qui non andò meglio: fu gettato in prigione con motivi pretestuosi e la faccenda durò più di un mese. Lasciò la Spagna ed approdò in Provenza dove però cadde gravemente malato..
Fu assistito grazie all'intervento della sua amata Henriette che, nel frattempo sposatasi e rimasta vedova, aveva conservato di lui un ottimo ricordo.
Riprese il suo peregrinare, recandosi a Roma, Napoli, Bologna, Trieste.In questo periodo aumentarono i contatti con gli Inquisitori veneziani per ottenere la grazia che finalmente giunse
Dal ritorno a Venezia alla morte
Ritornato a Venezia dopo diciott'anni, Casanova riannodò le vecchie amicizie mai sopite grazie ad un'intensissima attività epistolare.Per vivere, si propose agli Inquisitori come spia, proprio in favore di coloro che erano stati tanto decisi prima a condannarlo alla reclusione e poi a costringerlo a un lungo esilio.
La sua collaborazione si trascinò fino ad interrompersi per "scarso rendimento". Rimasto senza fonti di sostentamento, si dedicò all'attività di scrittore, utilizzando le sue relazioni per procurare sottoscrittori alle sue opere. All'epoca si usava far sottoscrivere un ordinativo di libri prima ancora di aver dato alle stampe o addirittura terminato l'opera in modo da esser certi di poter sostenere gli elevati costi di stampa. Infatti la composizione avveniva manualmente e le tirature erano bassissime.
Pubblicò il primo tomo della traduzione dell'Iliade
La lista di sottoscrittori, cioè dei finanziatori dell'opera comprendeva oltre duecentotrenta nomi più in vista a Venezia, comprese le alte autorità dello stato, sei Procuratori di S. Marco in carica ,due figli del doge Mocenigo, professori dell'università di Padova. Certo, per essere un ex carcerato evaso, poi graziato, aveva belle frequentazioni.
Il fatto di far parte della lista non era tenuto segreto, ma in una città piccola, in cui le persone che contavano si conoscevano tutte, era di pubblico dominio, dunque le adesioni dimostravano che, malgrado tutto, Casanova non era un emarginato.
Eterno il suo oscillare tra la classe reietta e quella privilegiata.
In questo stesso periodo iniziò una relazione con Francesca Buschini, una ragazza molto semplice e incolta che per anni scrisse a Casanova, dopo il suo secondo esilio da Venezia, delle lettere (ritrovate a Dux) di un'ingenuità e tenerezza commoventi, utilizzando un lessico molto influenzato dal dialetto veneziano con evidenti tentativi di italianizzare il più possibile il testo.
Questa fu l'ultima relazione importante di Casanova e lui rimase molto attaccato alla donna: anche quando ne fu lontano, rattristato dal crepuscolo della sua vita, teneva una fitta corrispondenza con Francesca, oltre a continuare a pagare, per anni, l'affitto della casa in Barbaria delle Tole in cui avevano convissuto, inviandole, quando ne aveva la possibilità, lettere di cambio con discrete somme di denaro.
Negli anni successivi pubblicò altre opere e cercò di arrabattarsi come meglio poté. Ma il suo carattere impetuoso gli giocò un brutto scherzo: offeso in casa Grimani da un certo Carletti col quale aveva questionato per motivi di denaro, si risentì perché il padrone di casa aveva preso le parti del Carletti.
Decise a questo punto di vendicarsi componendo un libello, Né amori né donne, ovvero la stalla ripulita in cui , sostenne di essere lui stesso il vero figlio di Michele Grimani, mentre Zuan Carlo Grimani sarebbe stato frutto del tradimento della madre con un altro nobile veneziano.
Probabilmente era tutto vero, anche perché in una città in cui le distanze tra le case si misuravano a spanne, si circolava in gondola e c'erano servitori che spettegolavano, era impensabile poter tenere segreta qualunque cosa.
Comunque l'aristocrazia costrinse Casanova all'ultimo esilio.
La questione non passò inosservata se si ritenne di far circolare un libello anonimo, con cui si replicava allo scritto di Casanova, intitolato "Contrapposto o sia il riffiutto mentito, e vendicato al libercolo intitolato Ne amori ne donne ovvero La stalla ripulita, di Giacomo Casanova".
Lasciò Venezia e si diresse verso Vienna
Per un po' fece da segretario all'ambasciatore veneziano Sebastiano Foscarini poi, alla morte di questi, accettò un posto di bibliotecario nel castello del conte di Waldstein a Dux in Boemia.
Lì trascorse gli ultimi tristissimi anni della sua vita, sbeffeggiato dalla servitù e considerato il relitto di un'epoca tramontata per sempre.
Da Dux, Casanova dovette assistere alla Rivoluzione francese, alla caduta della Repubblica di Venezia, al crollare del suo mondo a cui aveva sognato di appartenere stabilmente.
L'ultimo conforto, oltre alle lettere degli amici veneziani che lo tenevano al corrente di quanto accadeva nella sua città, fu la composizione della Histoire de ma vie, l'opera autobiografica che assorbì tutte le sue energie, compiuta con furore quasi per non farsi precedere da una morte che ormai sentiva vicina
Scrivendola, Casanova riviveva una vita irripetibile, tanto da entrare nel mito, nell'immaginario collettivo.
Sicuramente si rendeva conto, raccontandola, di quanto mondo avesse visto e di quante esperienze fosse stato interprete.
Morì il 4 giugno del 1798.