analisi semiotica della pubblicità Kraft
Analisi semiotica della pubblicità
Introduzione
La semiotica si pone come obiettivo lo studio in profondità del testo, andando al di là di una lettura superficiale, per analizzare le strutture di senso, la sintassi, i modelli semantici del testo pubblicitario.
La pubblicità viene definita da Volli come “strumento estetico e ideologico di massa, serbatoio a cui attingiamo il nostro modo di guardare le cose, di scoprire il bello, di divertirci e sognare[1]”.
Oggi il consumo riveste un ruolo sociale fondamentale, genera, infatti, delle identità sociali immediatamente acquistabili e scambiabili sul mercato per creare la complessità sociale, produce in altre parole delle immagini prefabbricate e totalmente pubblicitarie nelle quali potersi immedesimare e interagire con gli altri individui.
Ciò che conta attualmente nel consumo è sempre più il concetto di fruizione. Consumo e comunicazione si sostituiscono addirittura di ruolo, tanto che il vero investimento avviene, prima ancora che nell’atto d’acquisto o nell’uso dei prodotti, nella comunicazione stessa[2].
Analizzando un corpus di pubblicità istituzionali, Landowski rileva la presenza di due logiche discorsive: la logica dell’acquisto, che al pari della comunicazione di marca intende proporre oggetti da acquistare e la logica del contratto, che invece tende a creare relazioni cooperative tra i due soggetti (emittente e destinatario). Se la prima si basa su un fare commerciale (esplicita tecnicamente i bisogni di un cliente e i prodotti da offrirgli), la seconda costruisce un discorso sull’essere. In realtà Landowski nota che nell’annuncio pubblicitario si opera una sorta di conciliazione e di superamento dialettico, nel senso che le due logiche dell’acquisto e del contratto si fondono e si ricompongono.Le due logiche comunicative possono coesistere, o l’istituzione può far prevalere una delle due a seconda dei contesti e delle strategie[3].
Il testo pubblicitario è un messaggio persuasivo che, riprendendo termini e formule sintattiche, li trasforma in funzione dei suoi scopi economici, accentuandone il valore espressivo. Il ricorso alla retorica per analizzare la comunicazione pubblicitaria permette di trattare il testo pubblicitario come una macchina che possiede diversi livelli di senso, interagenti tra loro ma diversi per efficacia comunicativa.
Gli espedienti retorici vengono considerati come tecniche per moltiplicare i significati del testo, ponendo accanto al contenuto denotato che viene fornito dal codice linguistico tanti altri possibili significati connotati che rinviano a universi culturali o sottocodici di tipo ideologico, antropologico ed estetico.
Lo sguardo linguistico e semiologico sulla pubblicità, supportato dalle nozioni della retorica, supera l’idea della comunicazione commerciale come persuasione occulta. Nel messaggio pubblicitario, nulla agisce a livello subliminale su un destinatario consumatore del tutto passivo che, al contrario, viene costantemente sollecitato dalla molteplicità dei livelli semantici del messaggio, ad animare la sfera di esperienze individuali e sociali entro cui si riconosce e costituisce.
Accanto al messaggio prettamente linguistico, la ricerca semiotica inizia a porsi il problema di analizzare quella parte del testo pubblicitario che fa ricorso a sostanze espressive di tipo visivo. Lo studio delle immagini pubblicitarie inaugura una vera e propria semiologia della visualità. Se c’è un’immagine in un annuncio pubblicitario, essa possiede un qualche valore comunicativo e, dunque, un qualche potenziale di significazione. Come la parola anche l’immagine possiede due livelli di lettura: quello propriamente pubblicitario di tipo connotativo e quello visivo di tipo denotativo, legato al fatto che l’immagine sta lì in quanto rappresentazione di qualcos’altro. La comunicazione pubblicitaria risulta efficace perché l’immagine che essa adopera viene messa in relazione con il messaggio verbale e iscrive il piano connotativo in quello denotativo.
Lo studio semiotico dell’immagine permette una comparazione tra visivo e verbale, sul piano delle forme adoperate da entrambi i linguaggi in questione. Il discorso pubblicitario non è tanto una forma retorica di persuasione del consumatore a comprare determinati prodotti, quanto una procedura di valorizzazione dei prodotti e una costruzione dell’immagine di marca che li sostiene. Il consumatore non si limita a scegliere un prodotto soltanto per ragioni di calcolo economico ma attribuisce ad esso determinati valori. Emerge così la questione centrale della costruzione dell’identità, nella sua duplice funzione del fare (le azioni compiute dai soggetti per dotare di valore gli oggetti) e dell’essere (le passioni vissute nelle relazioni intersoggettive).
Un racconto, secondo l’ipotesi semiotica è sempre la storia di un Soggetto che va in cerca di un Oggetto, cerca di congiungersi con esso.
Quest’ultimo però non è importante di per sé ma per il fatto di essere desiderato, per i valori che il Soggetto proietta al suo interno. In ogni caso qualunque sia il contenuto semantico di tale valore, esso non è quasi mai una caratteristica intrinseca dell’Oggetto cercato; è piuttosto un valore per il Soggetto, dunque un qualcosa che serve alla realizzazione di quest’ultimo, alla costruzione e al riconoscimento della sua identità. Per questo motivo, esso viene chiamato valore dibase o in termini più generali esistenziale. Una storia però non è soltanto il resoconto del modo in cui il Soggetto si ricongiunge con l’Oggetto, quanto quella del modo in cui quel Soggetto si procura i mezzi per potersi poi ricongiungere a esso. Prima di ricongiungersi con il suo valore di base, l’eroe deve entrare in possesso di altri Oggetti che gli permettono di poter agire efficacemente nel momento in cui incontrerà l’Anti-soggetto. Anche questi sono oggetti dotati di valore ma di un valore di tipo diverso rispetto al primo: sono infatti strumenti di lotta e di affermazione, non oggetti del desiderio.
Questo secondo tipo di valore si definisce pertanto valore d’uso o in termini più generali pratico.
Dopo questa breve introduzione sul concetto di pubblicità e semiotica viene proposto di seguito un tentativo di analisi semiotica di uno spot degli anni novanta realizzato per il marchio mayonnaise kraft in onda su Rai 2.
SPOT TELEVISIVO MAYONNAISE KRAFT
Le tecniche di comunicazione pubblicitaria mostrano qui tutta la loro capacità nell’offrire, in un tempo assai ridotto, una notevole quantità di informazione e di emozione attraverso l’integrazione di due forme espressive, quella verbale (musica e parole) e quella visiva.
Lo spot fu mandato in onda su Rai 2 a partire dal Marzo del 1991, con una durata di 30 secondi.
Sinossi e segmentazione del testo in sequenze
Prima sequenza (durata 10 secondi).
Lo spot si apre con un campo totale dall’alto su una famiglia (composta da cinque persone: quattro signori e un bambino) seduta a tavola nell’intento di pranzare. Vista la composizione del nucleo familiare, riunito ad ora di pranzo, ci viene automatico fare un’inferenza e supporre che si stia trattando di una tradizionale famiglia composta da: padre, madre, figlio e due nonni. Per comprendere la composizione del nucleo familiare siamo chiamati a cooperare con il testo e intessere una serie di relazioni. Tipici sono i tratti, gli stilemi delle pubblicità di questi anni: bambini, belle donne e soprattutto famiglie felici. Il soggetto (S1) ovvero il protagonista è rappresentato dal nonno (prima inferenza), seduto a capo tavola, il quale chiede alla moglie (seconda inferenza): La mayonnaise kraft? Il tutto con un veloce primissimo piano e con altri due successivi, di cui uno sulla moglie e l’altro sul figlio intenti a rispondere: E’ finita... Con un breve campo totale ci viene mostrata l’intera famiglia che scoraggiata ripete: E’ finita… Il nonnino demoralizzato (con Greimas diremmo in uno stato di disforia) casca all’indietro in terra; segue un nuovo primo piano sul nipote che sorride nell’osservare la reazione con successivo capitombolo del nonno.
Seconda sequenza (durata: 5 secondi).
La seconda sequenza si apre con un primo piano dal basso verso l’alto ad un lampadario ondeggiante. Ci troviamo sempre all’interno di un appartamento, questa volta della famiglia del piano sottostante. Il loro lampadario barcolla a causa del capitombolo del nonno al piano superiore, con un primo piano viene inquadrato un uomo intento a pranzare e con gli occhi rivolti verso il lampadario esclama: L’hanno finita di nuovo, portagliela su…rivolgendosi al figlio - mostrato con un mezzo primo piano – e subito seguito da un campo totale sull’intera famiglia.
Primo breve inserto (durata 2 secondi).
Segue in un contesto a parte un’inserzione (mayonnaise kraft), con un carattere fortemente isotopico viene mostrato il barattolo del prodotto con scritto sull’etichetta: “mayonnaise kraft ... una vera poesia”… il tutto fortemente amplificato da una voce fuori campo che ne evidenzia il prodotto in modo prettamente persuasivo.
Terza sequenza (durata 6 secondi).
Si ritorna nel primo appartamento, inquadratura orizzontale con un campo totale sulla famiglia accanto al nonno nell’intento di rialzarlo, da questa inquadratura fissa si vede comparire il figlio dei vicini che porta un barattolo di mayonnaise Kraft e tutta la famiglia gioisce insieme al nonno. In questa fase assistiamo al passaggio del nonno (S1) da una fase disforica a una euforica.
Secondo inserto (durata 7 secondi).
Nella fase finale dello spot un nuovo inserto, con una voce fuoricampo, informa lo spettatore sulla possibilità di raccolta punti e successivi premi. Dopo questa breve segmentazione del testo pubblicitario - in modo abbastanza schematico - mi accingo ad analizzare il testo in questione con i dovuti accorgimenti propri del campo semiotico.
Innanzitutto com’è stato già ribadito la struttura pubblicitaria mostra due classiche famiglie a pranzo (ognuna nel proprio appartamento) cercando di porre l’accento su come la mayonnaise Kraft sia utilizzata e richiesta a gran voce da tutti, grandi e piccini accomunando i piaceri di ogni età, quasi non potendone fare a meno; prodotto basilare su ogni tavola.
Ancor di più il ruolo di protagonista principale viene attribuito al nonno, colui che quasi sviene al sol pensiero di dover pranzare senza “l’indispensabile” mayonnaise kraft.
Nella seconda sequenza, quando il vicino dell’appartamento sottostante (percependo la delusione del nonno nell’aver finito la mayonnaise Kraft) esclama alla sua famiglia: “l’hanno finita di nuovo”… Questo “nuovo” tende a marcare l’utilizzo quotidiano di tale prodotto, la sua importanza, la sua rilevanza ad ogni pasto.
A evidenziarne tale importanza e bontà rintracciamo anche la voce fuori campo che afferma: “perché solo mayonnaise Kraft ha un sapore che è una vera poesia”! Ne viene evidenziata “l’unicità”, “l’esclusività” del prodotto; Il medesimo procedimento viene rimarcato nella prima sequenza quando la voce fuori campo afferma: “quando manca mayonnaise Kraft manca tutto”!
Anche in questo caso ne viene ancora evidenziata la sua importanza, il tutto accentuato dalla sincronicità delle azioni, ovvero tra la caduta del nonno e la conseguente esclamazione.
Lo spot gioca su questa figura in controcorrente proprio perché come ben si può supporre i nonni sono maggiormente ostili verso tali prodotti che, viceversa, risultano maggiormente apprezzati dal palato dei più giovani.
Gli ambienti mostrati riguardano i soli appartamenti, lo spazio topico corrisponde alla sala da pranzo. Richiamando Vladimir Propp diremo che gli stessi attanti intrattengono delle relazioni specifiche con gli spazi dai quali dipendono[4]. Spesso la funzione Proppiana detta partenza coincide non solo con un generico spostamento da uno spazio ordinario in un altro straordinario, ma con un viaggio. Il viaggio è infatti la struttura narrativa che meglio di ogni altra è in grado di costruirsi come vero e proprio passaggio: passaggio non solo da un luogo a un altro, ma da uno stato dell’essere a un altro. Il viaggio è trasformazione in senso qualitativo.
Molta attenzione va riservata al sonoro che non è semplicemente sovrapposto alle immagini, ma diventa quasi un principio regolatoredell'organizzazione sincretica. La musica di sottofondo segna il percorso dei soggetti rappresentati; ad amplificare ciò una voce fuori campo che richiama e accresce la marca del prodotto cercando d’inserirsi nella nostra mente, il tutto passando gradevolmente, nel modo più affettuoso possibile. E’ proprio quest’ultima che nella parte finale, nel punch-line - come viene definito dall’analisi della conversazione – ci invita alla raccolta punti cercando un rapporto di “fidelizzazione” quanto più possibile.
L’aiuto della Pragmatica
E’ opportuno chiedersi, come la pubblicità costruisce il suo spettatore, il suo target? Come ne dà conto, ne fa seguire un percorso, un tragitto?
Chiedersi in che maniera il film, la pubblicità ecc. disegna il proprio spettatore, ne fonda la presenza, ne organizza l’azione, significa mettere a fuoco proprio quanto alla pragmatica[5] interessa e cioè i rapporti tra testo e contesto: scoprire in quale quadro si iscrive, per quale destino si pensa, quali condizioni al proprio uso pone ecc. E’ tenendo conto di essa che tenteremo qualche esplorazione; è con la sua guida che ci chiederemo “chi vede”?, “chi intende”[6]?.
Ponendo l’attenzione sul nostro testo evidenziamo ben tre primissimi piani che presentano un’analogia non priva di significato; le tre inquadrature considerate si trovano concentrate nella prima sequenza. L’analogia presa in questione è caratterizzata dal fatto che in tutti e tre le inquadrature, gli attori nel loro annunciare sbalorditi la fine della mayonnaise kraft, si rivolgono direttamente a quel che dovrebbe essere il loro spettatore, gurdandolo e parlandogli dallo schermo, quasi a volerlo invitare a prendere parte alla vicenda. In altre parole in tutte e tre le inquadrature i personaggi tentano un gesto d’interpellazione, chiamano in causa qualcuno affermando di riconoscerlo. Lo fanno attraverso uno sguardo e delle parole in macchina, così come si è fatto per ben due volte ricorso all’inserto anch’esso destinato a chi segue il racconto e non certo a chi vi agisce. L’interpellazione è il chiamar in causa qualcuno, un coinvolgimento all’ennesima potenza, lo sguardo in macchina e più in generale l’interpellazione può apparire come un caso di enunciazione enunciata.
Essi sanno ciò che conta e lo vogliono far notare, quasi a dire: “è a te che mi dirigo”.
Sintassi enunciazionale e livello profondo
Mi chiedo: cosa s’intende per enunciazione? A cosa vogliamo far riferimento?
Ebbene con questo termine si indica il passaggio da un insieme di virtualità a un oggetto concreto e situato: oggetto concreto, in quanto realtà percettibile; oggetto situato, in quanto cosa che appare nel mondo[7]. In altre parole, l’enunciazione è l’impadronirsi delle modalità espressive offerte dal cinema, pubblicità ecc. per dar corpo a un filmato. Questo gesto fissa le coordinate del discorso filmico commisurandole direttamente a sé stesso. L’enunciazione costituisce la base a partire dalla quale si articolano le persone, luoghi e tempi del film.
La lettura del testo, dal punto di vista enunciazionale, ci porta a tradurre l’immagine come un enunciato di trasferimento in cui (il nonno) soggetto di stato (D2) si trova disgiunto dall’oggetto di valore (mayonnaise).
La congiunzione di (D2) con l’oggetto di valore implica la contemporanea disgiunzione dall’oggetto di valore da parte di (D1).
In tale testo assistiamo alla congiunzione del nonno, soggetto (D2), con l’oggetto di valore per mezzo di un dono da parte del vicino (D1); Il donoconsiste nella rinuncia dell’oggetto di valore da parte di un Soggetto in favore di un altro. Nel momento in cui il soggetto si trova in congiunzione con l’oggetto di valorepassa da una fase disforica a una fase euforica. Ciò che spinge il soggetto verso la congiunzione con l’oggetto è l’attrazione. Il desiderio viene attivato a livello profondo. Si tratta del timismo del soggetto e consiste in un sistema di attrazioni in base al quale l’oggetto appare desiderabile.
Il timismo si articola nella categoria timica, ovvero, nell’opposizione tra euforia e disforia. Questa categoria proiettata sul quadrato logico darà vita alle seguenti articolazioni:
Euforia Vs Disforia
Foria
euforia disforia
Deissi positiva Deissi negativa
non disforia non euforia
Il meta-termine foria indica situazioni di orientamento timico.
Il meta-termine a-foria indica invece situazioni come l’indifferenza o l’apatia.
Le deissi segnalano il passaggio tra i complementari e sono dette negative e/o positive in base all’ordine posizionale.
La strategia comunicativa messa in atto disforizza lo stato di un soggetto presentato come “devalorizzato” per far sì che la scelta contraria,positiva, sia operata in virtù di una sorta di “emulazione” dell’esempio positivo e “conveniente”.
Emulazione che dovrà sancire e gratificare il destinatario nell’affermazione a livello sociale della propria identità personale.
Il manipolare si appoggia alla modalità, proponendo al manipolato un oggetto positivo, è una forma di tentazione.
E’ opportuno evidenziare come a un’analisi che si concentrava sui segni e sui loro effetti retorici (Barthes, Eco) si sostituisca ora un rinnovato sguardo semiotico, uno sguardo sulle strutture narrative e discorsive che sono “al di sotto” dei segni e che ne rendono possibile il funzionamento. Si tratta di quella prospettiva immanente che caratterizza la semiotica di Greimas, intorno alla quale soprattutto negli anni Settanta e Ottanta si costruisce una metodologia di analisi strutturale e generativa. Si passa dunque da una metodologia retorica a una metodologia logico-narrativa, al centro della quale si pone il Percorso Generativo.
Indifferentemente alle molteplici realizzazioni espressive di superficie (come film, romanzo, pubblicità ecc.), Greimas ammette un’organizzazione narrativa soggiacente alla manifestazione e la considera una sorta di competenza che dota qualsiasi locutore della capacità sia di riconoscere che di produrre testi. La narratività si configura come una sorta d’intelligenza sintagmatica che articola ogni forma di significazione ai livelli più astratti del senso. Lo schema narrativo Greimasiano, sulla base delle funzioni Proppiane, risulta così formato:
1. Manipolazione “far fare”
2. Competenza “essere del fare” (volere, dovere, potere, sapere)
3. Performanza “far essere”
4. Sanzione “essere dell’essere”
La modalizzazione è la produzione di un enunciato modale che surdetermina un enunciato descrittivo.
Partendo dalla constatazione che un predicato è modale quando precede un altro predicato modificandone il valore, gli enunciati del fare e gli enunciati di stato possono essere enunciati modali (es. “far essere”, “voler essere”, “far prendere” ecc.). I valori modali di volere, dovere, sapere, potere, modalizzano indifferentemente l’essere e il fare. Queste modalità, inoltre, se concernono il soggetto del fare vanno a costituirne la competenza modale (l’essere del fare), se concernono l’oggetto, determinano l’esistenza modale del soggetto. Per questo dovere e volere sono modalità virtualizzanti, sapere e potere sono modalità attualizzanti. Il soggetto può passare alla performanza solo se in possesso della catena sequenziale delle modalità necessarie a svolgere l’atto (come performanza pragmatica “far-essere”); l’azione, inoltre, è una manipolazione quando si esercita su di un altro soggetto (performanza cognitiva “far fare”) e può essere volta a modificare la competenza del soggetto secondo il volere o il dovere (nella forma di una seduzione o una provocazione quando l’oggetto manipolante è un oggetto “sapere”, nella forma di una tentazione o intimidazione quando l’oggetto manipolante è un oggetto “potere”).
Valorizzazioni dell'oggetto-prodotto e patemizzazioni del soggetto-consumatore.
In conclusione è bene chiedersi: qual è lo scopo del testo pubblicitario?, o meglio, come anticipa i tratti del suo spettatore e come gli fa da guida?
Lo scopo del testo pubblicitario, come è stato più volte ribadito, consiste nel riuscire a far valere il prodotto. È altrettanto vero che dal punto di vista semiotico è rilevante notare come il far valere, cioè la costruzione di un valore dell'oggetto, sia inevitabilmente legato alla modalità del far volere, cioè alla presa in carico modale di un soggetto desiderante, per il quale il dato oggetto (prodotto pubblicizzato) ha (o deve arrivare ad avere) un valore.
Il valore dell'oggetto è dunque sempre e solo soggettivo; la creazione del valore (componente oggettiva) porta con sé la problematica della creazione del desiderio (componente soggettiva) questo perché, prima ancora di essere direzionata all'acquisto, prima cioè di essere un vero far fare, la pubblicità è volta a un far volere.
Il testo deve seguire una costruzione tale per non esser soltanto ricevuto, ma assunto: l'efficacia non può essere ridotta a un problema di vera comprensione delle informazioni passate, né può essere demandata a soluzioni esclusivamente psicologizzanti sul rapporto tra nuova conoscenza, atteggiamenti e comportamenti d'acquisto; un'analisi semiotica mostra quanto questa problematica si giochi anche sull'adesione alla proposta contrattuale iscritta nel testo, sull'aderenza del consumatore empirico alla sua immagine-simulacro implicitata. Lo spot è una proposta contrattuale in cui viene mostrata l'identità di marca e di prodotto e si chiede al consumatore di sottoscriverla. Viene mostrata al contempo anche un'immagine simulacrale dello stesso consumatore nella quale il ricevente empirico deve potere, sapere e volere riconoscersi.
Conoscendo la bontà di tale prodotto e il suo largo consumo quotidiano accertarsi di averne sempre un barattolo di riserva…
Per un buon pasto non fare mai a meno di Mayonnaise Kraft.
[1]Volli U., Semiotica della pubblicità, Laterza, Bari-Roma, 2005.
[2] CODELUPPI V., Consumo e comunicazione. Merci, messaggi e pubblicità nelle società contemporanee, Franco Angeli, Milano, 1989.
[3] Landowski, E., La società riflessa (1989), Meltemi, Roma, 1999.
[4] Magli P., Semiotica. Teoria, metodo, analisi, Marsilio, Venezia, 2004.
[5] Ambito disciplinare che si è venuto a delineare a partire dalla semiotica e dalla linguistica, ma anche dalla sociologia e che va ormai sotto il nome di pragmatica.
[6] Casetti F., Dentro lo sguardo, Bompiani, Milano, 1986.
[7] Casetti F., Dentro lo sguardo, Bompiani, Milano, 1986.
[8] Dove = congiunzione e u = disgiunzione