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L'agenda setting dei nostri pensieri

15/02/2009 29209 lettori
3 minuti

Caro Lettore,

ho deciso di lasciarmi andare ad uno sfogo privato...che poco ha a che fare con la professionalità e molto ha a che fare con il bisogno di essere letta.

Il Cielo mi ha permesso di insegnare teorie e tecniche della comunicazione interpersonale all'università. Un mese fa mi ritrovavo a parlare ai miei studenti degli effetti sociali dei media e, soprattutto, del fenomeno dell'agenda setting. L'esempio che ho riportato era la serie di stupri ai danni delle donne italiane da parte degli extra-comunitari o dei connazionali. Mi sono trovata a spiegare che non si doveva sottovalutare il potere dei media nella costruzione delle nostre paure e dei pregiudizi. Eppure, mi sono trovata di fronte a studenti che si dichiaravano immuni a questo tipo di potere. Lì per lì mi sono sentita un'aliena, portatrice di un pensiero altro...diverso...impossibilmente condivisibile.

In queste ore i tg nazionali riportano la notizia della violenza del San Valentino, dell'andamento di Guidonia, del ricordo di Capodanno. Ripetutamente, ritmicamente e puntualmente è lì la notizia: uscire di casa, anche in pieno giorno, potrebbe essere un pericolo per le donne. Non siamo protette, non c'è la certezza della pena...

Con un sorriso amaro sono andata con la mente alla mia tesi sul movimento femminista e la sua rappresentazione ne "il Corriere della Sera" dal 1969 al 1976. Ho ricordato fotografie in prima pagina scattate di notte..quando le femministe urlavano "la notte è mia", "ritorno a prendermi la vita"...

Gentile Lettore,

sono spaventata perchè proprio io che vivo di, studio e insegno Comunicazione, mi ritrovo nel corridoio buio della "trappola". Non so se avere paura di uscire o se avere paura di crederci...ho i miei dubbi, legati alla fragilità del mio genere ma ho il coraggio di dubitare se sia il caso di persevarare o riallocare l'agenda setting nel suo giusto posto, tra gli scaffali delle teorie comunicative.

Grazie.