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Quando le malattie sociali invadono il web

14/04/2009 09:00:00 20885 lettori
5 minuti

La televisione è lo specchio della società? Non più, oggi abbiamo il web 2.0 che permette ad ognuno di noi di condividere con il resto del mondo (almeno in teoria) contenuti, foto, video e, soprattutto, idee. Ecco, è questo il vero motore che permette alla rete di classificarsi come la vera rivoluzione del XXI secolo: la possibilità di dare voce ad ogni singolo individuo e far viaggiare i contenuti con facilità, senza alcun filtro. E se nel flusso comunicativo di internet finissero anche le morbosità dello spirito umano, le perversioni dell'anima, in una parola le idee cattive dell'uomo? Avrebbero diritto anch'esse ad essere veicolate insieme alle altre o si dovrebbe creare una membrana digitale capace di fermare ogni batterio che già infetta la realtà in cui viviamo?

Questo è l'interrogativo che in molti si pongono negli ultimi tempi, con la nascita di numerosi gruppi Facebook dedicati alla pedofilia, alla mafia e (addirittura!) agli stupri di gruppo. Sorgono in sordina, in pochi si iscrivono per reale passione, in molti lo fanno solo per insultare i legittimi creatori, ma il fatto stesso che a qualcuno venga in mente di creare una piattaforma in cui riunire tutti i fan di un boss malavitoso o di un atto deprecabile può essere considerato un elemento di riflessione sulle motivazioni che spingono il singolo individuo a comportarsi in questo modo.

Facebook, il social network incriminato di aver dato la possibilità di creare tali gruppi, è uno strumento molto semplice da usare. Ci si registra, si compilano pochi campi e si chiamano a raccolta gli amici: a questo punto si è già all'interno di una rete globale di proporzioni smisurate, e ogni nostra azione è sotto l'occhio di un pubblico molto più grande di quello che ci possiamo immaginare. "Condivisione" è la parola d'ordine del social network più popolato della rete e gli utenti (chi più chi meno) si iscrivono e creano gruppi per manifestare le proprie preferenze, per arricchire se stessi su quel palcoscenico digitale che è Facebook. Ma se è vero questo, vuol dire che chi ha creato un fan club di un boss malavitoso o inneggiante al razzismo percepisca come “validi” i valori che sottendono queste pratiche o queste figure, oppure percepiscono il tutto come un gioco.

Si potrebbe, quindi, pensare un modo per filtrare questi contenuti per impedire a tutti coloro che, per gioco o per convinzione, credono in questi valori di ammorbare la rete con le loro parole, con le loro immagini. Ma come? Imponendo a Facebook un controllo più capillare? Istituendo un ufficio per la morale sul web che sovrintenda a tutti i suoi contenuti? La rete è nata come zona libera da sovranità e controlli superiori: imporne uno adesso, anche se a fin di bene, non solo sarebbe estremamente complicato ma rappresenterebbe la fine del web nel suo senso più puro.

Se su Facebook esistono dei gruppi che inneggiano alla violenza e a valori morbosi vuol dire che nel mondo, in Italia, ci sono persone che considerano questi valori come accettabili. Oppure non li considerano affatto come valori, ma solo come parole arroventate con le quali creare un po' di “rumore” in rete, sensazionalismo, scalpore. Magari guadagnarsi qualche gettone presenza in qualche talk show ed essere invitato come ”autore del fan club dello stupro collettivo”.

Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire. Questa frase solitamente viene attribuita a Voltaire: in effetti ci sono dei dubbi rispetto alla sua effettiva paternità ma incarna pienamente il punto su cui sviluppare la questione: è giusto togliere la possibilità di parola in un luogo libero, dove non esiste un pensiero e una morale dominante? Tralasciando il caso dei gruppi Facebook inneggianti ai casi più indecorosi, è possibile creare una vigilanza veramente efficace, capace di sorvegliare sui contenuti? No, non credo. Tale soluzione comporterebbe l'ingresso di un'entità superiore all'interno del web, di una sovrintendenza che automaticamente limiterebbe la natura stessa della rete. E questo non può accadere, altrimenti si perderemmo l'unico canale di comunicazione libero che ci è rimasto.

Piuttosto che limitarlo, dovremmo imparare a usarlo meglio!

Riccardo Esposito
Riccardo Esposito

Durate gli anni accademici 2003/04 e 2004/05 ha collaborato con la cattedra di Comunicazione mediata dal computer del prof. Arturo di Corinto (facoltà di Scienze della Comunicazione, La Sapienza, Roma) e ha partecipato, sempre in seno alla suddetta cattedra, alla realizzazione della prima edizione (2006) del seminario ’Introduzione a GNU/Linux e al Software Open Source”.

Nel 2006 ha partecipato al gruppo ’MediaDiet.com”, coordinato dalla cattedra del prof. Mario Morcellini (facoltà di Scienze della Comunicazione, La Sapienza, Roma). L’attività di ricerca ha avuto come scopo quello di individuare, tramite una metodologia di tipo quantitativo, il mutamento del rapporto tra gli studenti di Scienze della Comunicazione e i media nel corso dei cinque anni di studio. I risultati di questo lavoro, derivati dall’analisi dei 500 questionari somministrati, sono stati presentati al COM - PA 2006 (Salone Europeo della Comunicazione Pubblica, dei Servizi al Cittadino e alle Imprese) che si è svolto a Bologna.

Nel 2007 è stato selezionato, insieme ad altri nove studenti, dalla cattedra di Antropologia Culturale del prof. Massimo Canevacci (facoltà di Scienze della Comunicazione, La Sapienza, Roma) per partecipare ad una esperienza etnografica presso la popolazione indigena Bororo, Mato Grosso, Brasile. Nel dicembre del dello stesso anno, dopo un breve soggiorno preparativo a San Paolo, insieme al gruppo di ricerca ha trascorso cinque giorni presso l’aldeia di Garças, raccogliendo dati e sperimentando le tecniche dell’etero e auto rappresentazione.

Il 5 marzo 2008 ha presentato, insieme agli altri componenti del gruppo di ricerca, nell’aula magna della sede di Scienze della Comunicazione, il seminario ’Frammenti Etnografici. Esperienze mix – mediali di un gruppo di studenti in un villaggio bororo”, proposta didattica della cattedra di Antropologia Culturale (facoltà di Scienze della Comunicazione, La Sapienza Università di Roma) sorta grazie all’iniziativa del prof. Massimo Canevacci e gestita, sia a livello istituzionale che didattico, dai componenti del gruppo di ricerca. Nel corso del seminario (tenutosi tra maggio e giugno del 2008) ha compiuto la prima esperienza didattica, preparando e presentando due lezioni, una su l’antropologo francese Lévi – Strauss e l’altra sul rapporto tra emotività ed etnografia.

Il 6 maggio 2008, insieme ad altri 5 studenti, si è recato a Tokyo per collaborare ad alcune lezioni del prof. Massimo Canevacci presso l’università Musashino, e ha curato le riprese video del seminario - performance ’Sandmann”, sempre del prof. Canevacci e di sua moglie Sheila Ribeiro, tenutosi il 10 maggio al teatro Super Deluxe di Tokyo.

Attualmente collabora con la cattedra di Antropologia Culturale della facoltà di Scienze della Comunicazione, La Sapienza, con ZON/A, rivista e punto di discussione on line di antropologia, Mediazone, la rivista scientifica della facoltà di Scienze della Comunicazione, Comunitàzione, community dedicata alla comunicazione e al marketing, Anthropos, portale di approfondimento delle materie antropologiche, Comunicatori Pubblici, portale di news e idee sulla comunicazione legato al COM-PA (Salone Europeo della Comunicazione Pubblica dei Servizi al Cittadino e alle Imprese), Capri Art Film Festival 2009 (referente Giuseppe La Femina). Ha partecipato, inoltre, alla rielaborazione della ricerca ’Professioni e professionisti dell’audiovisivo. Passaggio al futuro” insieme al gruppo di ricerca che fa capo alla cattedra di Media e linguaggi digitali della prof.ssa Mihaela Gavrila, sempre presso la facoltà di Scienze della Comunicazione.

Nel marzo 2008 il Crisc-Cmcs (Centre for Media and Cultural Studies) pubblica la sua tesi di laurea specialistica dal titolo ’Simboli apparenti. Ricerca qualitativa sull’estetica dell’iPod” e nel Giugno 2008 il portale di approfondimento delle materie antropologiche Anthropos pubblica la sua tesi di laurea triennale ’Sincretismi musicali. Il berimbau attraverso i suoi itinerari diasporici”.