Farsi pubblicità in Rete con il search-advertising
Articolo tratto dal sito Connecting-Managers© | ![]() |
Lo scenario
I motori di ricerca sono da sempre la seconda applicazione di Internet per uso, preceduti solo dalla posta elettronica.
Il loro valore come mezzi di promozione del proprio sito e della propria attività è stato sottovalutato a lungo, a favore delle forme classiche di pubblicità on-line, come i banner e l'e-mailing, oggi invece gli investimenti nel settore cominciano a farsi considerevoli ed il Wall Street Journal prevede che nel 2007 gli attuali 1,9 miliardi di dollari del mercato Usa diventeranno 5 miliardi.
In effetti il cambiamento di prospettiva è forte, si passa da una logica push (messaggio "spinto" verso il target) ad una pull (target "attirato" verso la fonte), cosa che, oltre che efficace, è anche molto meno fastidiosa da vivere per il possibile cliente.
Che cos'è?
In che cosa consistono queste procedure di search advertising?
Possiamo avere un paid listing, un paid inclusion e una search optimization (fonte: Studio "Search Marketing, l'advertising che tira e non spinge", Prof.ssa Mandelli).
Nel primo caso abbiamo piccoli testi con link abbinato che vengono richiamati da certe parole chiave (avrete visto qualche volte i collegamenti sponsorizzati di Google, evidenziati in verde) e compaiono tra i risultati della ricerca.
Il secondo (paid inclusion) invece prevede l'inclusione a pagamento nel data base del motore, senza però stabilire una posizione precisa.
Il terzo mezzo (seach optimization) prevede infine modifiche al proprio sito (testi, parole chiave e altro) per migliorare il proprio posizionamento all'interno dei risultati di una certa ricerca.
Ricordo anche che i motori di ricerca moderni valutano molto quantità e qualità dei link riportati su altri siti, per cui se il nostro sarà citato su pagine web ritenute attendibili e di argomento attinente a quello per cui vogliamo essere trovati guadagneremo posizioni nel rating (di solito gratis).
Anche sul web insomma esistono le PR.
I costi
Per il paid listing si procede per asta per gli spazi, partendo da 5 cents fino ad arrivare anche a 100 dollari a click di un utente sul collegamento sponsorizzato.
Il paid inclusion costa tra i 20 e i 40 dollari a pagina per l' inclusione, oppure i clienti possono scegliere l' opzione "pay-per-click", con prezzi fra 15 cents a 40 cents al click.
Infine per il search optimization i costi variano. In genere è necessario pagare una tariffa di ingresso nel servizio (anche di 7500 dollari), seguita da un abbonamento mensile per gli aggiornamenti (tipicamente intorno ai 100 dollari). E' anche possibile, con costi attorno ai 2000 dollari, richiedere una site analysis (diagnosi del sito) per poi sistemarsi da soli le proprie pagine (fonte: Studio "Search Marketing, l'advertising che tira e non spinge", Prof.ssa Mandelli).
Pro e contro
I Pro sono sicuramente dati dall'efficacia di questi mezzi, che senza disturbare l'utente con pop-up e banner lenti da scaricare lo portano al sito basandosi sui suoi interessi, espressi tramite le parole immesse per la richiesta, in modo tale che mediamente le persone attirate sono motivate alla visione.
I contro non sono tanto nei costi quanto nel problema che ha tenuto per lungo tempo tabù il search advertising: la possibilità di compromettere l'efficacia delle ricerche dei motori.
Come in tutte le cose non bisogna esagerare e occorre limitarsi a parole chiave realmente rilevanti, infatti se i motori trovassero tanti siti sponsorizzati non pertinenti perderebbero lo scopo stesso del loro funzionamento (e non verrebbero più visitati), le società che li gestiscono lo sanno e sanzionano duramente i "furbi", che peraltro rischiano anche un effetto boomerang per l'irritazione degli utenti "sviati".
Insomma, il search advertising è una strada da seguire ma con intelligenza, per evitare che anche questa strategia faccia la fine del e-mailing, annientato nella sua efficacia dallo spamming.