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WE, NOT ME - in diretta dal futuro di Venice Sessions

15/05/2009 11:10:00 26183 lettori
6 minuti

Per una che ha sempre immaginato quegli incontri sulle frontiere dell’innovazione come una specie di luogo noioso popolato da scienziati che scrutano e valutano i misteri dell’umanità, fa un certo effetto sapere che esistono esperienze rare, speciali, che rimangono incise nel tempo e nella coscienza in modo magico. Sto parlando della Venice Sessions, di quando la tecnologia ha tutto un altro sapore. Venice Sessions significa, capacità di convogliare nel Centro San Salvador a Venezia cinquanta persone, formate da guru internazionali e italiani della tecnologia, della creatività, della cultura (menti sorprendenti da Tim Berners Lee, Reed, al nostro Baricco) seguiti da speaker, in un convento per un giorno, impegnandole in conversazioni ogni volta differenti. Una boccata d’ossigeno offerta da Telecom Italia e Nova24, per chi nella vita cerca un’opportunità di confronto e ricerca, da cui si esce appassionati, forieri di spunti interessanti su quel multiforme e sfuggente argomento che è l’innovazione. Che fortuna che ha avuto chi è stato lì, ad ascoltare le idee del gruppo Media Lab del MIT di Boston che ha discusso su come si intreccino tra loro tecnologia e arte e che frontiere offrano mai al nostro domani. Nascosto in un tema del genere c’è un uomo dal dono straordinario, quello di  fare ricerca come se fosse “arte”: un modo di essere che non tutte le vite possono permettersi. Vale davvero la pena raccontare l’intervento di Andrew Lippman, geniale scienziato del Massachussets Institute of Technology. Profilatosi il moderno crollo di tutte le certezze causate dalla globalizzazione, è sempre più sentita l’esigenza di comprendere cosa sta accadendo e cosa ci accadrà e Lippman sembra qui per questo. La sua visione del futuro, nella ricca epoca della digitalizzazione, dell’advertising on line, della disintermediazione nel business è spietata ma precisa. La sua attenzione è rivolta in particolare a come le strutture di tipo istituzionale, ad esempio l’educazione e la sanità, stiano andando a pezzi per quattro innegabili motivi, e cioè il sovradimensionamento, la monocultura, la scarsa trasparenza, la perdita della loro missione sociale, e a riguardo propone una sorta di mantra per risolvere questa cupa catastrofe: WE, NOT ME. Giacchè è in una nuova socializzazione, e non più personalizzazione, che ha sbocco il nostro nuovo itinerario per uscire dalla tormentosa rovina delle istituzioni, la carta vincente appare per lo scienziato una “socializzazione” delle applicazioni, del commercio, delle istituzioni. We, not me, appunto. Lippman sogna un mondo “utile” in cui il cellulare non ci ricorderà passando vicino al supermercato che nel frigo manca il latte, ma che la nostra famiglia ha bisogno di una serie di cose e che, magari, oggi abbiamo ospiti a cena. Si va spegnendo così al MediaLab, ormai, quel tempo in cui le tecnologie erano distanti dagli utenti: oggi il medium è aperto alla partecipazione dei clienti e le tecnologie sono accessibili e modificabili da loro stessi. Senza dubbio Venice Sessions è un progetto che fa riflettere, che riempe il cervello e il cuore di belle idee anche quando si è tornati a casa. Resta con te, e la realtà appare all’improvviso “diversa”. Scatta allora automatica la simpatia e la stima verso le splendide parole finali di Lippman: “Tutta la nostra ricerca è condotta dalla stessa passione degli artisti. Rendere il mondo migliore”. Soluzione possibile o solo sognata? Difficile dirlo. Il futuro, intanto, con Venice Session è affascinante, ed è già qui.

 


 

Federica Farinelli
Federica Farinelli

"Se nella tua vita non l'hai incontrata né conosciuta, ti sei davvero perso qualcosa."
1970, Richard Burton a Liz Taylor

La capacità di comunicare, la passione, la precisione e l'empatia: queste da sempre le frecce nel mio arco. 

Laureata in Comunicazione, appassionata di scrittura, social media e customer care.