IL SESSISMO NEL NOSTRO LINGUAGGIO
Il sessismo nel nostro linguaggio
“L'uso che facciamo del linguaggio, verbale e scritto, riflette e influenza il nostro modo di pensare, di agire e viceversa”
Questa la presentazione di un blog dedicato allo studio del sessismo nel nostro linguaggio.
“Il linguaggio è principale mezzo di espressione del pregiudizio e della discriminazione.
L'utilizzo di un linguaggio sessista tiene in vita idee erronee e stereotipi di genere.
Secondo la studiosa del linguaggio Alma Sabatini
"...l'uso di un termine anzichè di un altro comporta una modificazione nel pensiero e nell'atteggiamento di chi lo pronuncia e di chi lo ascolta.
La parola è una materializzazione, un'azione vera e propria...."
Le parole sono pietre.
E le pietre possono costruire come far male.
Le parole non si limitano a descrivere il mondo, ma ne generano la sua stessa sostanza.
Nell’uso delle parole si riflette il pensiero dell’uomo.
Il nostro linguaggio evidenzia la dominanza del maschile
Per noi che scriviamo, che educhiamo, che discutiamo o che semplicemente parliamo, ecco
una piccola guida per un uso non sessista del linguaggio pubblicato da questo gruppo di studio:
Piccolo prontuario per l’uso del femminile nel linguaggio
• usare la doppia desinenza e non il neutro-maschile
es: le bambine e i bambini, le scrittrici e gli scrittori, oppure usare l'asterisco finale se cambia solo l'ultima lettera altr*, tutt*
• cercare forme alternative invece del neutro-maschile
es: chi legge invece di il lettore;
l’umanità invece di l’uomo
• desinenza in –a (anche più corretta grammaticalmente) invece che in –essa (peggiorativa) o inalterata al maschile
sì:
sindaca, avvocata, ministra, magistrata, recensora, assessora, architetta, tecnica, ingegnera, critica, medica, chirurga, filosofa, cancelliera, ferroviera, segretaria (nel senso di segretaria di partito), pretora, deputata
no:
sindachessa, avvocatessa, ministro, donna ministro, ministro donna
sì:
professoressa, dottoressa che ormai sono entrate nell’uso e non hanno più senso peggiorativo
• desinenza in –ice accettabile perché non ha solitamente senso peggiorativo
sì:
direttrice, scrittrice, ricercatrice, operatrice, rettrice, programmatrice, autrici
no:
direttore, direttore donna, ricercatore, autori vari
sì/no:
direttora e le altre forme in –a che in questo caso risultano un po’ forzate
• desinenza invariata (parole epicene= femminile e maschile uguali) evidenziare l’articolo femminile
sì:
la vigile, la presidente, la giudice, la poeta, la soprano, la studente, le studenti, la manager, la leader, la capoufficio, la caposezione, la capoclasse, la sacerdote (sacerdotessa se ci si riferisce all’antichità)
no:
la vigilessa, il vigile, il giudice, il soprano
sì/no:
la poetessa, la studentessa (si possono usare perché poetessa non sempre ha mantenuto l’originario significato negativo e studentessa è entrato nell’uso comune)
• attenzione ai plurali che limitano
es:
“la più grande scrittrice” non fa capire che è “la più grande tra le scrittrici e gli scrittori” e non solo tra le scrittrici
● concordanza al plurale
usare la doppia desinenza tutte/i
oppure usare l'asterisco tutt*
oppure concordare con la maggioranza femminile se sono più donne
oppure concordare con l’ultimo termine dell’elenco
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Sono stata informata via mail di questo curioso studio di rettifca del linguaggio che sarebbe per alcuni espressione della discriminazione. Vedi blog succitato.
Trovo la cosa un tantino forzata,ma da osservatrice attenta e scrupolosa non scarto mai a priori ciò che mi viene presentato per dare maggior impulso alla nobile causa dell'emancipazione femminile e della sua soggezione da secoli al dominio del maschio.
Mi limito pertanto ad informare, come dovere di ogni lettore non indifferente a qualsiasi tendenza che possa influenzare il nostro pensiero ed il nostro agire nel mondo ed appassionato nel perseguire giuste cause,ma anche contrario ad una certa esasperazione nelle campagna di sensibilizzazione che non dovrebbe andar oltre certi limiti di comprensione dell'utilità di certe modifiche del linguaggio in uso da sempre,a cui oggi si vogliono attribuire valenze di significato diverse secondo il cambiamento di una desinenza o un articolo per evidenziare che trattasi di donna o di uomo.
Ritengo che tale identificazione la fornisca chiaramente la persona che si qualifica dottore o dottoressa che sia però, qualunque il sesso a cui appartenga, degna di questo nome.
Col problema si divertano i linguisti o giocolieri del linguaggio che dalla Accademia della Crusca in poi hanno influenzato scrittori, poeti, giornalisti ed altri studiosi della lingua in naturale evoluzione nel tempo, come è giusto che sia.