Social media, aziende e iperdialogo
Google Insight è un servizio che consente di mostrare le statistiche di ricerca in relazione a temi che possono essere oggetto di indagine o di semplice interesse.
Oggi ho voluto provare questo servizio in relazione al tema dei social media.
La prima figura ci mostra chiaramente come l’interesse generale nei confronti dei social media è cresciuto esponenzialmente nel corso degli ultimi due anni.

Ancora più in particolare, è curioso notare quali sono i termini più ricercati nel’ambito della categoria di ricerca “social media” in tutto il mondo. Qui emerge chiaramente il ruolo chiave del marketing come attività correlata all’utilizzo del web 2.0 e dei social media.
Se poi isoliamo la nostra ricerca al contesto italiano, Google ci mostra come le ricerche più frequenti siano relative (anche nel nostro Paese) alle attività di marketing legate ai social media, e in particolare ai social network.
Sulla base di queste evidenze è presumibile ritenere che le attività legate all’elaborazione delle strategie di marketing sui social media, alle relazioni pubbliche e alla comunicazione pubblicitaria cresceranno ancora nel corso dei prossimi mesi.
A questo punto è utile capire il ruolo che le aziende assumono in relazione a questo attualissimo tema.
A questo proposito il mediablog del Corriere della Sera riporta una interessante ricerca condotta dall’osservatorio business TV dell’Università Bocconi, che ha valutato la propensione delle aziende all’utilizzo del Web 2.0 stilandone una classificazione basata sulla correlazione di 2 fattori:
- La ricchezza dei contenuti comunicati
- La relazione costruita con il cliente.
Ne emerge una classificazione nella quale prevale ancora oggi un uso molto tradizionale del web (35%) a fronte di un 22% di aziende che utilizzano al massimo le potenzialità offerte dalla comunicazione veicolata attraverso i social media.
In particolare, questa classificazione consente di distinguere 4 diverse categorie:

La prima categoria è legata all’uso tradizionale del web (35%) : le aziende vivono i nuovi media come un canale supplementare per informare il pubblico, in linea con la strategia complessiva di comunicazione. La propensione a utilizzare il web 2.0 è bassa. La comunicazione digitale gestita dall’azienda avviene prevalentemente sul sito istituzionale.
La seconda categoria è legata prevalentemente alle attività di ascolto dei clienti (23%): in questo caso le aziende si sforzano di utilizzare il web per fornire un servizio all’utente, limitandosi ad ascoltare le sue opinioni. I contenuti prodotti dall’azienda sono relativamente pochi e la strategia editoriale seguita privilegia l’uso di contenuti liquidi (facilmente trasferibili da una piattaforma all’altra) attorno al marchio o ai marchi d’impresa.
Nella terza categoria le aziende si sforzano di offrire contenuti e servizi informativi rivolti al mercato (20%): in questo caso le aziende caratterizzano la propria presenza sul web e sui social media per un forte investimento nei contenuti, arrivando a fornire veri e propri servizi informativi ai propri utenti che possono interagire con l’azienda. Queste aziende si caratterizzano per marchi molto forti, e tendono a centralizzare la comunicazione intorno al marchio. video e i social network sono gli strumenti multimediali più utilizzati.
Nella quarta categoria (22%) rientrano le aziende in grado già da oggi di gestire le attività di iperdialogo. In questo caso le aziende pongono in atto atto strategie di comunicazione sul web caratterizzate per alta intensità di relazione e ricchezza di contenuti. Si tratta di imprese che da più tempo investono in rete, con una forte identità di marchio, ma che accettano il rischio di utilizzare i social media come ambito specifico di comunicazione e terreno di sperimentazione. Spesso l’utilizzo del web da parte di queste aziende non riguarda solo l’attività di comunicazione ma coinvolge anche i processi aziendali. Si può parlare, in questo ultimo caso, di vere e proprie social enterprise (impresa 2.0), capaci di rispecchiare quelle caratteristiche di eccellenza che ho descritto anche nel mio libro “social media e comunicazione di marketing”.
Ma per fare questo, è necessario sviluppare una cultura aziendale che sia aperta queste innovazioni, così come afferma anche Gianluigi Zarantonello sul blog di Comunitàzione.
Occorre investire nella formazione del personale, rivedere le policy di accesso alle informazioni e di comunicazione interna, e investire in infrastrutture IT che, ovviamente, garantiscano un livello maggiore di sicurezza rispetto a prima.
Ce la faremo? Io sono fiducioso…
;-)