Riflettiamo sull'uso delle piattaforme web 2.0 dentro le aziende
I responsabili di molte aziende nutrono un certo pregiudizio nell’uso dei social network, dei blog, delle wiki e di altre tecnologie di partecipazione tipiche del web 2.0 all’interno delle loro organizzazioni. Le indagini condotte annualmente dal Politecnico di Milano (tra le poche tuttora esistenti in Italia) dimostrano tuttavia che il web 2.0 può essere utile non solo all’esterno delle aziende (comunicazione di marketing e social CRM) ma anche all’interno di queste, per favorire le attività di condivisione della conoscenza e delle informazioni tra le diverse business unit.
Le aziende più grandi – Procter & Gamble, Ibm, Microsoft, Cisco, Vodafone, solo per citarne alcune) hanno iniziato a sviluppare nelle loro intranet piattaforme collaborative e social network che hanno funzioni analoghe a quelle di LinkedIn, Facebook, Twitter o Slideshare, grazie alle quali i dipendenti sparsi tra sedi diverse o in mobilità possono restare sempre connessi e aggiornati sui flussi di informazione operativa della loro “base”. Nella foto pubblicata in questo post c’è una classifica degli strumenti partecipativi più utilizzati dalle imprese 2.0 italiane…
C’è da dire, inoltre, che i giovani che entrano in azienda (la “generazione Y”) sono già abituati ad utilizzare gli strumenti di comunicazione partecipativa nella loro vita privata, e con ogni probabilità si aspettano di poter utilizzare strumenti del genere anche sul lavoro.
Alcune case histories di successo in questo senso non mancano: Fiat, ad esempio, ha sviluppato un social network per formare il top management sui temi della leadership; Banca Intesa gestisce la formazione facendo un largo uso dei social network grazie alla comunicazione diretta tra i collaboratori su specifici temi di loro diretto interesse.
Questo permette di aumentare la flessibilità e la cosiddetta “intelligenza collettiva” delle aziende; d’altra parte, però, l’implementazione di questi processi “social driven” presuppone un profondo cambiamento “a valle” di natura culturale e organizzativa, perché la trasparenza e la collaborazione devono essere gestite con criteri del tutto diversi rispetto alla tradizionale organizzazione piramidale delle aziende. Le aziende che governano efficacemente le implicazioni di queste nuove forme di collaborazione sono ancora poche, ma l’interesse sta crescendo anche nelle piccole e medie imprese. Per chi fosse interessato a questi temi, ne parleremo martedi 13 aprile a Roma, in occasione della presentazione della mia nuova pubblicazione.