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Riflettiamo sull'uso delle piattaforme web 2.0 dentro le aziende

12/04/2010 13:00:00 34724 lettori
4 minuti

I responsabili di molte aziende nutrono un certo pregiudizio nell’uso dei social network, dei blog, delle wiki e di altre tecnologie di partecipazione tipiche del web 2.0 all’interno delle loro organizzazioni. Le indagini condotte annualmente dal Politecnico di Milano (tra le poche tuttora esistenti in Italia) dimostrano tuttavia che il web 2.0 può essere utile non solo all’esterno delle aziende (comunicazione di marketing e social CRM) ma anche all’interno di queste, per favorire le attività di condivisione della conoscenza e delle informazioni tra le diverse business unit.

Le aziende più grandi – Procter & Gamble, Ibm, Microsoft, Cisco, Vodafone, solo per citarne alcune) hanno iniziato a sviluppare nelle loro intranet piattaforme collaborative e social network che hanno funzioni analoghe a quelle di LinkedIn, Facebook, Twitter o Slideshare, grazie alle quali i dipendenti sparsi tra sedi diverse o in mobilità possono restare sempre connessi e aggiornati sui flussi di informazione operativa della loro “base”.  Nella foto pubblicata in questo post c’è una classifica degli strumenti partecipativi più utilizzati dalle imprese 2.0 italiane…

C’è da dire, inoltre, che i giovani che entrano in azienda (la “generazione Y”) sono già abituati ad utilizzare gli strumenti di comunicazione partecipativa nella loro vita privata, e con ogni probabilità si aspettano di poter utilizzare strumenti del genere anche sul lavoro.

Alcune case histories di successo in questo senso non mancano: Fiat, ad esempio, ha sviluppato un social network per formare il top management sui temi della leadership; Banca Intesa gestisce la formazione facendo un largo uso dei social network grazie alla comunicazione diretta tra i collaboratori su specifici temi di loro diretto interesse.

Questo permette di aumentare la flessibilità e la cosiddetta “intelligenza collettiva” delle aziende; d’altra parte, però, l’implementazione di questi processi “social driven” presuppone un profondo cambiamento “a valle” di natura culturale e organizzativa, perché la trasparenza e la collaborazione devono essere gestite con criteri del tutto diversi rispetto alla tradizionale organizzazione piramidale delle aziende. Le aziende che governano efficacemente le implicazioni di queste nuove forme di collaborazione sono ancora  poche, ma l’interesse sta crescendo anche nelle piccole e medie imprese. Per chi fosse interessato a questi temi, ne parleremo martedi 13 aprile a Roma, in occasione della presentazione della mia nuova pubblicazione.

Alessandro Prunesti
Alessandro Prunesti

Sono nato a Roma il 30 maggio 1979, città nella quale vivo e lavoro. Nel 2004 ho conseguito la Laurea in Scienze della Comunicazione Istituzionale e d’impresa e nel 2005 mi sono specializzato con un Master Universitario in Economia e Gestione dello Sport presso la facoltà di Economia dell’università di Tor Vergata.

Sin dai tempi dell’università svolgo attività di consulenza e di ricerca nel campo della comunicazione d’impresa e del marketing, con particolare attenzione al mondo delle nuove tecnologie digitali,dello sport business e dei social media.

Ho incarichi nel settore della docenza e della formazione all’università La Sapienza e presso l’Università Europea di Roma.

Sono inoltre membro del Comitato Operativo del Geographic Research and Application Laboratory, dove mi impegno nello studio del rapporto tra comunicazione e geografia.

Partecipo all’organizzazione di eventi, oltre che a seminari e corsi di formazione in qualità di relatore o docente.

Mi piacciono la Formula Uno, l'astronomia e le uscite con gli amici :-)