Bunga bunga - La parola del mese di novembre
Un recente sondaggio promosso dall’edizione on-line del quotidiano “la Repubblica” chiedeva agli utenti di votare per la parola più rappresentativa dei 150 anni di storia unitaria italiana fra le 25 selezionate. Ad aggiudicarsi il titolo la nostra Costituzione, seguita a distanza dalla Resistenza e dal tricolore. Tre parole “serie”, che si sono aggiudicate quasi la metà delle oltre centomila preferenze complessive. Uno spaccato del paese al cui interno, coscienti e responsabili, tanti piccoli grandi elettori si sono coagulati attorno ai valori assoluti di un’italianità fiera e diritta, di quella dirittura morale a prova di falsità e ambiguità di cui s’avverte un gran bisogno.
Relegate in fondo alla lista delle magnifiche 25, neanche a farlo apposta, i telequiz e i festival. Il rovescio della medaglia: l’Italia televisiva che rispecchia il peggio del paese. Indigesta per la pancia brontolante dei milioni di cittadini – qui m’illudo forse un po’ – infastiditi dall’odierna telequizzaioleria terra-terra. Indignati dai sei e più interminabili minuti trascorsi sulla faccia che piange (quella di Francesco Nuti) dell’altra che ride (i garbage show) di un’erma grottesca. Arcistufi di feste e festini, bunga bunga e casini quotidianamente trasmessi e ritrasmessi. Annoiati mortalmente dai signori e signorini del gossip-spettacolo..
Meglio la pop politica extralight dell’Alfonso smorfioso, comunque, della politica poppaiola, indecorosamente persa nelle accoglienti insenature di dame bianche ed escort di scorta. Comic strip di se stesso (più che in fuga da se stesso, come ha detto Bersani), il campione è ancora lui: la costituzione la preferisce procace e formosa, la resistenza è quella che gli oppongono le più ritrose, al tricolore preferisce il tricologo.
Massimo Arcangeli