L’altermondialismo: la parola del mese
L’altermondialismo, più che l’antagonismo di no-global e anti-globale, evoca la possibilità di scelta di alternativa. E, con alternativa, evoca dialogo. Se lo riconosciamo, se ci convinciamo che anche il rapporto con noi stessi non è un rapporto uno a uno, un percorso lungo un vicolo cieco (o una strada a senso unico), ma una “trafficata” relazione uno a molti, un continuo viavai, iniziamo a dialogare già dentro di noi.
C’è chi, al termine identità, preferisce quello di identificazione. I rispettivi concetti, com’è evidente, non sono perfettamente sovrapponibili. Tuttavia identificazione, se si potesse sostituire tutte le volte a identità, lo sostituirei volentieri. Perché l’identità è una proiezione del proprio sé, l’identificazione è una proiezione del modo in cui gli altri guardano a quello che sappiamo di noi. La prima appartiene a me, l’altra al mondo che si è fatto un’immagine di quel che sono e di come io stesso mi percepisco. Non è poco in tempi dominati dall’autoreferenzialità disperata di chi, per paura di avventurarsi nel mondo, o anche solo di accostarvisi, ha ancorato la sua vita al fondo di esistenze centripete o ombelicali. O in tempi avvelenati, per l’opposto, dall’antagonismo esasperato della strenua difesa dell’alteritudine; anche il sacrificio totale di sé a esclusivo vantaggio dell’altro, mito ossessivo nel “secolo breve”, non porta a nulla. Alla dimensione statica ed essenzialista dell’io sono io, e a quella speculare dell’io è un altro, è preferibile la dimensione dinamica e probabilistica dell’io è anche un altro, in cui l’identità cessa di essere ídion senza però annullarsi nel koinón. Dando l’impressione di muoversi, scivolosa e incerta, tra il sé e l’esterno da sé.
L’identificazione è una corda lanciata al mio prossimo, al mio interlocutore, della quale tengo in mano una cima. L’altra spero la prenda lui, aiutandomi a riconoscermi; così, riconoscendomi in lui, riconosco anche lui. L’identificazione, in questo senso, può essere un ponte fra le diverse culture e le diverse civiltà. Contro la rivendicazione superba dell’io, e la difesa agonistica dell’altro, l’identificazione è di viatico all’interazione e al dialogo, all’intersezione e alla trasfusione, e forse, un bel giorno, aprirà al trascendimento di ogni sé e di ogni altro.