Caro Onorevole
Carissimo Onorevole
ho molto apprezzato la sua attenzione ed il concreto interessamento per le esigenze di legalità e trasparenza che toccano i rapporti tra i partiti, le istituzioni ed i gruppi d’affari.
Il movimento lobbistico italiano oggi sente questi requisiti come impellenti, essenziali necessità.
Oltre ad aver esaminato la sua nota proposta di legge in questi giorni ho avuto occasione di leggere anche le sue rinnovate dichiarazioni riguardo all'esigenza di disciplinare con una normativa aggiornata le attività di lobbying.
Porto tuttavia alla sua attenzione un paio di modeste considerazioni, oserei dire politically incorrect, spero non me ne vorrà, forse le potrebbero essere utili per una futura riflessione sulla mancanza di attenzione da parte del Governo, del Parlamento ed alla fine dell’opinione pubblica per le sue ed altre proposte di legge sul tema.
Vorrei iniziare con una constatazione, se vogliamo di storia della legislazione pubblica, rilevando che, salvo non sia il Governo stesso (in condizioni non precarie) a volerlo, fino ad oggi nessun partito ha dimostrato di essere in grado di far approvare una legge "vera", non di facciata sul lobbying; e, anche nel caso fosse il Governo a proporre, non sempre le cose potrebbero finire secondo le "sue" intenzioni.
Credo lei possa ricordare la fine del “DDL Santagata”, un testo ancora impreciso, ma ben più articolato e “centrato” di molti altri, che fu niente di più che un semplice lampo mediatico nel panorama istituzionale italiano.
C’è da osservare, sempre con tutto il rispetto per i suoi sforzi interpretativi e compilativi, che le proposte che molti in un recente passato hanno prodotto e le ulteriori che oggi, sull’onda, verranno presentate, risultano quasi tutte realizzate a fotocopia, salvo qualche minima variazione o strana invenzione; e malgrado le migliori intenzioni dei proponenti, purtroppo, erano e resteranno esercizi poco utili di retorica parlamentare.
Aggiungo: oggi anche piuttosto fuori linea con i risultati della ricerca (costituzionalistica e politologica) e con le tendenze disciplinari e di riassetto di alcune "pesanti" relazioni istituzionali che vengono seguite a livello internazionale.
Per lo specifico di queste proposte di legge mi limito ad osservare che il lobbista deve prima di tutto essere ben definito e che questa figura non ha nulla (sottolineo nulla) a che fare con l’esperto di relazioni pubbliche; se ne vuole una conferma provi a qualificare un lobbista americano, canadese o se preferisce inglese come p.r., poi sentirà che le risponde.
Nemmeno, come molti pensano, si può trattare di un giornalista parlamentare che ogni tanto si presti a fare da mediatore di interessi, tanto meno di un politico in carica o peggio di un “trombato” (scusi il temine) che improvvisa altro contiguo mestiere.
Sotto quest’ultimo aspetto, e quello di alcune vicinanze personali, c’è da dire che l’eventuale normazione italiana, dato il travisamento cronico dei rapporti istituzionali laddove vi siano ed operino gruppi di interesse e corporazioni dotate di rilevanti risorse, se possibile, dovrebbe essere più sofisticata, articolata e garantista di quella canadese e americana che, vale la pena ricordarlo, poggiano essenzialmente su due pilastri etici di autoregolamentazione e non soltanto su di uno schema legislativo.
Nel nostro Paese una disciplina imperativa pubblica a nulla in ogni caso varrebbe se non toccasse in modo concreto, energico, il problema del conflitto dinamico di interessi, delle collateralità, infine delle “porte girevoli”; così pure poco efficace resterebbe se non fossero previste pesanti e non virtuali sanzioni per le violazioni compiute, soluzione questa completamente fuori dallo stile legislativo nazionale.
Nella governance multilivello, che lei con la sua esperienza ha sicuramente avuto modo di toccare, si rende ben più interessante l’intervento delle regioni e persino degli enti territoriali minori, i quali, volendolo (ma sembra non lo vogliano) avrebbero fin d’ora, nel quadro della loro autonomia, facoltà di procedere con l’articolato di una vera e propria integrata politica ad hoc; questo lo può far presente ai suoi colleghi in regione e nella sua municipalità.
Infine vorrei farle notare che sussiste un legame diretto (e poco distinguibile) tra i molto improbabili atti normativi di regolamentazione organizzativa dei soggetti politici, delle modalità del loro finanziamento e quella delle diverse espressioni del lobbying, e sarebbe davvero interessante che un partito (come il suo), scostandosi dall’ipocrisia generale, trovasse il “coraggio” di mostrare almeno una parte di verità ed avanzare proposte di riforma che avessero la capacità di superare il livello formale, non affidate all’inventiva di un parlamentare, ma come parte rilevante di un programma, detto e fatto.
Certo che Lei avrà compreso …
M.B.