Nuvole, dati e tanti soldi: cosa sta succedendo in questi mesi online
Non c’è che dire, gli ultimi tempi sono stati decisamente vivaci online, prima e dopo l'attesa della favolosa (e troppo gonfiata) IPO di Facebook.
Proprio il gigante di Zuckenberg si è dato da fare più di tutti, con l’acquisizione di Instagram per il notevole (!) prezzo di 1 miliardo di dollari e, subito a ruota, dall’acquisto di Glancee (una volta tanto, start-up italiana che è riuscita a farsi sentire all’estero). Nello stesso periodo, Google ha lanciato finalmente il suo servizio di storage cloud Google Drive, mentre Linkedin ha acquistato SlideShare per quasi 119 milioni di dollari.
Posto che resto sempre affascianato dai capitali che girano oltre oceano per questo tipo di operazioni, condivido l’analisi fatta da Vincenzo Cosenza per quanto riguarda il fronte Facebook: il gigante dei social network sta acquisendo prima di tutto know how per competere nel campo più significativo e promettente (anche per i venture capital), il mobile.
Non da meno poi è Google, visto che sia la creazione del marketplace Play sia il lancio di Drive fanno parte di una logica di ecosistema digitale in cui Big G vuole legare i suoi utenti attraverso un reticolo di servizi svincolati dal device, fermo restanto che con Android la presenza di Mountain View in questo mercato è enorme.
Cloud e cellulari, con accesso a tutti i dati e i servizi in maniera indifferente rispetto agli strumenti usati: lo avevo abbozzato già 2 anni fa e credo che sia questo il terreno di battaglia del prossimo futuro, in cui infatti sono scesi anche i player “tradizionali” Apple (con iCloud) e, tardivamente, Microsoft (con Skydrive) che stanno offrendo servizi al mercato dei consumatori finali (chegià usufruiscono di certi strumenti senza saperlo).
L’obiettivo vero è però alla fine quello di agganciare al proprio ecosistema digitale le nuovegenerazioni sempre connesse e i “nativi digitali“, forse anche a scapito della redditività immediata, sfruttando al meglio il modello fremium e i costi sempre più bassi dello storage (pensate cosa vuol dire regalare a milioni di utenti 2 o 5 GB e vendere a 800 dollari mese 16 tera come fa Google!).
Rispetto al punto dello storage, è bene anche ricordare che non si tratta di mondi solo virtuali, visto dietro ci sono grandi macchine hardware, il ferro insomma, e questo dà un senso di tangibilità a quello che sembra un universo evanescente di bit.
Questi grandi ecosistemi fatti di software, cloud e dispositivi mobili (non solo cellulari) forse non saranno la fine del web pronosticata da Chris Anderson qualche tempo fa ma sicuramente segneranno un’evoluzione significativa ed essere dentro o fuori potrebbe fare la differenza per sopravvivere al momento in cui i social (e in generale i player web) come li conosciamo ora verranno superati da nuovi paradigmi.
Insomma siamo solo all’inizio…e voi, che pensate di questo nuovo scenario competitivo?