Una consuetudine contemplata dalla buona pratica.
Ogni qualvolta che s’intraprende un nuovo progetto o a seguito di nuove disposizioni per mutare strategia, inizia la fase di studio con l’impegno di apprendere la concezione, conoscere il complesso di elementi e assimilare i contenuti: una propedeutica atta a fissarne lo scopo, definire le discipline e formare i gruppi per svolgere le rispettive competenze. Una consuetudine contemplata dalla buona pratica: insieme con altri attraverso la pratica del lavoro, ho potuto permeare la mia esperienza operativa. In una situazione del tutto informale si è sempre cercata l’influenza reciproca nel condividere ruoli, interessi, esperienze e motivazioni: una pratica consistente nell’applicazione della conoscenza e la dinamicità del processo di apprendimento per ognuno. Una partecipazione non del tutto convenzionale, ma sollecitata da una ormai, ineluttabile necessità di sperimentazione: squadre di lavoro, con orientamento a un compito specifico, uniti dall’azione e dal significato che tale azione riveste, ci rendeva intenti a facilitare il trasferimento della conoscenza tacita e l’applicazione dei più dotati, per puntare a migliorare l’efficacia dell’apprendimento complessivo lavorando.
Il raggiungimento dello scopo ci faceva persistere con caparbia tenacia in atteggiamenti di fermezza, spesso nonostante l’evidenza contraria per le talune contingenze. Non solo sfumature, ma intensi dissidi la cui compensazione ci portava a progredire. Reminiscenze gratificanti allora. Soddisfazione ora virtuale, che in ogni caso consente di passare il tempo, ormai da pensionato, a guardare con attenzione e meditare il contingente: rendersi conto qual è l’evoluzione e costatare una notevole produzione letteraria messa a disposizione dalle nuove tecnologie, ma al tempo stesso una notevole ritrosia piuttosto generalizzata ad adeguarne i comportamenti. Rattristano le notizie catastrofiche che si susseguono e che ci lasciano ovviamente allibiti, in una situazione di crisi economica prima che politica, per l’incapacità di intraprendere quel processo di creazione di conoscenza organizzativa utile per trovare il rimedio. Mentre la politica latita prolifera la produzione di testi per i processi di conoscenza di conversione per lo sviluppo organizzativo.
L’origine della conoscenza (talento) organizzativa risiede nell’intuizione e nel talento individuale. Le persone di talento possono intraprendere performance migliori quando “lavorano insieme”, poiché attraverso l’interazione sociale e la condivisione delle personali esperienze e conoscenze tipiche delle pratiche di on the job training, è possibile che la talentuosità individuale unita alla capacità di lavorare in gruppo, attivino delle learning community. Le persone appartenenti alla comunità possono accedere alle informazioni e alle competenze dei singoli individui e le collaborazioni informali facilitano il trasferimento della conoscenza tacita e l’applicazione dei talenti, migliorando così l’efficacia dell’apprendimento complessivo. La creazione della conoscenza d’impresa è pertanto un processo interattivo e iterativo “a spirale” che, muovendo da un livello individuale, si amplifica progressivamente, coinvolgendo comunità d’interazione sempre più ampia (dal talento individuale, con un processo a spirale si passa a un team di talenti, e da esso a un’organizzazione di talento).
La “teoria della creazione della conoscenza organizzativa” sviluppata da Nonaka e Takeuchi apporta un contributo significativo all’interpretazione del processo di sviluppo di nuova conoscenza, inteso come un “processo continuo e dinamico d’interazione tra conoscenza “tacita” e conoscenza “esplicita”. Gli autori si sono rifatti al lavoro di Michael Polanyi (1966), che teorizza una “Dimensione Epistemologica” della conoscenza articolata nelle sue dimensioni “tacita” ed “esplicita”. La conoscenza Esplicita, è quella che può essere formalizzata, trascritta, trasmessa, comunicata e quindi trasferita e utilizzabile (a costi limitati) anche da parte di soggetti diversi rispetto a coloro che l’hanno creata.
La conoscenza Tacita invece, non è codificabile e si manifesta unicamente attraverso la sua applicazione, per questo motivo non è possibile trasferirla ad altri soggetti se non trasferendo gli stessi soggetti che l’hanno generata. Esemplificando la “Conoscenza Esperienziale” è difficile da insegnare e da trasmettere, poiché è qualcosa di intangibile; la sua acquisizione dipende unicamente da noi stessi, dalla nostra capacità di riflettere sulle esperienze passate per ricavarne un significato, degli schemi, delle connessioni. Essa pertanto può essere trasferita solo “spostando” nello spazio coloro che la possiedono. In questo modo, attraverso l’interazione sociale, il “lavorare insieme” e la condivisione delle personali esperienze e conoscenze, è possibile che la talentuosità individuale unita alla capacità di lavorare in gruppo, attivino i “campi di interazione”, delle “comunità della pratica” o (learning community).[1]
[1]I PROCESSI DI KNOWLEDGE CONVERSION PER LO SVILUPPO ORGANIZZATIVO (Paolo Pellegrini, Elisa Pellegrini)