Voglia di esserci: universo fragile!
Presso la trecentesca ex chiesa San Francesco da Paola a Taormina in Sicilia, una mostra pensata per dare spazio al segno: «DI-SEGNI tutto inizia da un segno sopra un foglio». Sono esposti disegni su carta di artisti storici per avviare un dialogo visivo con dei contemporanei: affermati e non, giovani e meno giovani, siciliani e non, che agiscono nel contemporaneo dell'arte. Si susseguono iniziative encomiabili certamente volute e organizzate dalle autorità amministrative e culturali della città e non solo. Il fine: diffondere il godimento estetico.
Difficile capire quanto incomprensibile possa apparire l’Arte contemporanea: da neofita seguo a distanza la creatività di un’Artista a sua volta generoso nel renderla piacevole e farla amare agevolandone la comprensione. Evidentemente qualunque possa essere il progresso da me perseguito, mai sarà connaturale così com’è la genialità di Ben Ventura, Architetto in Acquedolci. Universo fragile - una delle sue opere recentemente esposta - esprime il mondo nella sua interezza dalla cui composizione si denota un dettaglio di elementi di facile intuizione da far dire: «quanto basta poco per generare il caos e lo squilibrio più totale». Interessi differenti non distolgono l’intesa, né tampoco fiaccano l’amicizia. La differenza di età induce l’uno al concreto agire l’altro a oniriche reminiscenze attinenti il lontano suolo natio.
Io e la mia terra: non si può non sognare sui canditi pensieri che riportano all’adolescenza, i sogni del ragazzo che per acquisire la licenza media, con i sacrifici di famiglia, percorreva a piedi i cinque chilometri che separano l’istituto, allora parificato, e la propria abitazione, situati in due paesi attigui e diversi. Non si può non considerare i sensi di colpa verso il prossimo familiare e la rassegnazione di aver lasciato la terra natia. È l’uomo con le sue contraddizioni che continua a vivere guardandola da lontano: asseconda l’agognata apoteosi del «non con te, non senza di te». Tu con le tue mostre, io alla “ventura” in cerca di vecchi amici d’infanzia. Mi fosti amico in Face book e il tuo nome di famiglia mi riportò subito ai banchi di scuola: chiesi di Ciccio e fu un dispiacere. Restammo amici tesi a manifestare e associare i sentimenti: Tu con la tua Arte, io con qualche riflessione; Tu applicato al piacere per l’onesto guadagno, io alla ricerca di capire nel ludico oziare. «L'uomo può rivolgersi indifferentemente ora all'azione ora alla contemplazione, all'otium appunto – dice Seneca - realizzandosi in entrambi i casi».
E' un artista che non si ferma con il successo di un certo dipinto che potrebbe suggerire il consolidamento di stile e la ripetizione di opere con un certo linguaggio pittorico consolidato. Ventura, con la passione per la ricerca e l'esperimento, va sempre avanti - disse di Te John Picking - prendendo rischi necessari sulla strada delle nuove scoperte, di quella pittura vera e vitale. Indiscussa valutazione che evidenzia anche l'intuizione di una realtà poetica soggettiva, creata dall'emozione dell’artista che trasferisce sulla tela direttamente il suo pensiero, il suo sentire. Stile e ripetizione di opere - una pittura di "maniera" mi verrebbe da dire - com’è presente già nella letteratura artistica quattrocentesca ed era sostanzialmente sinonimo di stile. Con tale accezione fu ripreso dal Vasari, quando inizia ad assumere un significato più specifico e, per certi versi, fondamentale nell'interpretazione dei fenomeni artistici.
Con somigliante forza di osare e di conoscere, in occasione della collettiva la «Luce nell'Arte contemporanea» svoltasi in Acquedolci, complimentandoci a vicenda ci si è trovati di una certa affinità. Io, in cerca di sintesi, riprendo un maldestro modo di “poetare”: «Basso voltaggio, intenso chiarore, reale e deciso, imprime e conversa; pennella veloce, colori vibranti che stagliano, abbagliano e ornan di fregi, minuzie e dettagli. È l’Artista che agisce; si scosta e stupisce!» Entrambi disquisendo sul fenomeno della natura, i suoi effetti, le sensazioni e le conseguenze; la creatività dei “riverberi”, il confronto col buio; per passare dalla luce del sole alla luce artificiale. La luce ha la caratteristica di creare “riverberi”, la luce dà modo di uscire all'esterno e poterci confrontare, il buio ci isola negli anfratti delle caverne e non ci permette di vedere lontano. Ancora semplificando il mito: uscire dalla caverna ed essere esposti alla diretta luce del sole, si rimarrebbe accecati e non si riuscirebbe a vedere alcunché. Ci si troverebbe sicuramente a disagio e ci s'irriterebbe per essere stati trascinati a viva forza in quel luogo.
In fine gli album fotografici sull’inaugurazione della collettiva, illuminanti sia sull’esposizione, sia sulla frequentazione di quelle “sale” certamente accorta e cospicua. E allora non è solo un semplice punto di vista: è un accavallarsi di sequenze fuori tempo che tentano l’impossibile confronto. Una lusinga: un’attrazione che diventa illusione. Una voglia di esserci e sentirti in sintonia: in assenza di frequentazione manca l’intesa. Allora accetti l’adulazione, certamente sincera, che in effetti, ti serve e non puoi farne a meno: continui nell’otium orientato sempre più nella contemplazione anziché all’agire, tanto una qualche realizzazione ormai l’hai ottenuta.
Foto: “Universo fragile” di Ben Ventura