Welfare, la parola del mese di Settembre
Se sostituissimo social card con carta sociale? Non sarebbe esattamente la stessa cosa. Una card è una card. C’è la carta di credito, certo, a contendere il campo a credit card, ma viacard non ha concorrenti (carta viaria, chessò, o carta autostradale), carta intelligente può difficilmente spuntarla su smart card e ci sono ancora la safety card e la family card. Non è insomma così scandaloso il ricorso a social card. Ciò non vuol dire che ci si debba coprire di ridicolo, come certi anglomaniaci, o si debba rinunciare per partito preso a ogni tentativo di traduzione. È bene (e salutare), se c’è un buon equivalente italiano del termine o della locuzione inglese, che ci sforziamo di adoperarlo; chiamare control room una volgare portineria (ancorché universitaria), o usare i pretenziosi customer care e customer service al posto di assistenza clienti e servizio clienti, sono eccessi da evitare.
E welfare? Un tempo la materia sarebbe stata rubricata sotto le politiche sociali, alimentate dal lavoro e dal benessere. Poi è venuto il Ministero del Welfare, e sembrò cambiar tutto. Oggi quel ministero è tornato al lavoro alle politiche sociali, ma non sembra esser cambiato niente.