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Chiude la grande mostra di Villa Olmo.

15/07/2013 9114 lettori
4 minuti

Si è chiusa la mostra «La Città Nuova oltre Sant’Elia», passata in rassegna quale grande mostra di Villa Olmo: «cento anni di visioni urbane» promossa dal Comune di Como in discontinuità con il passato. Lo scenario dell'omaggio a Sant'Elia usato come «trampolino di lancio» per la conoscenza del futurista lariano sul mercato delle mostre nazionali radicandolo nella cultura lariana: è stata, in verità, un’intuizione di costanza culturale. Evidentemente è un punto di vista prettamente personale e per certi versi arbitrario rispetto ai deputati dispensatori di cultura.

La mostra di Villa Olmo «La città nuova. Oltre Sant’Elia», ha ospitato Vittorio Gregotti - uno dei più autorevoli protagonisti della cultura architettonica italiana - che ha discusso con il curatore dell’esposizione Marco De Michelis delle utopie urbanistiche del ’900 e delle prospettive scaturite da questa rassegna. Gregotti sulla mostra dedicata a Sant'Elia e all'idea di città ha detto: « è interessante perché propone una tesi. È tendenziosa, ha una tesi abbastanza precisa, anche se non molto confortante nel finale, perché pone un problema invece di dare la soddisfazione estetica». 

Chiude la grande mostra di Villa Olmo «La città nuova. Oltre Sant’Elia», la prima esposizione della giunta guidata dalla nuova amministrazione comunale, aperta lo scorso 24 marzo. Si puntava a cinquantamila presenze, chiuderà forse a diciassettemila. Risultato molto inferiore rispetto alle attese. «Nonostante i numeri sono molto soddisfatto perché si tratta di una proposta valida che è stata apprezzata da chi è venuto a Villa Olmo - dichiara però l’assessore alla Cultura, Luigi Cavadini - L’esposizione dedicata a Sant’Elia è stata la prima di un progetto concepito in tre tappe che dovrebbe svilupparsi nel prossimo triennio. Nelle ultime ore ha visitato l’esposizione il professor Giulio Giorello che, lasciando Villa Olmo, mi ha detto di tenerlo aggiornato sulla mostra del prossimo anno».

L’estenuante ricerca di un buon risultato - svolta con una metodologia empirica che vuole spiegare grandezze il cui valore e le cui relazioni non può essere valutate altrimenti che con l’esperienza - stenta a soddisfare: non sarà l’alternanza degli incarichi a demotivarci. Il saper essere si connette al tema dell’identità professionale e del ruolo: è importante recuperare il senso della propria identità, una volta lasciata la professione e smesso ogni ruolo. Alla preoccupazione di come mettersi in relazione con gli altri, di cosa possa succedere nei momenti rilevanti per nuovi fatti sopravvenuti, subentra l’esperienza del doppio ascolto: l‘ascolto dell’altro l’ascolto di sé. Convinti di queste buone pratiche, in permanente sollecitazione, seguitiamo sul «tema della condivisione intrecciato ai temi delle problematiche economiche e sociali». In ogni occasione ci si preoccupa dell’attinenza dopo di che isoliamo e proponiamo concetti e convincimenti pertinenti. Per finire alcune astrazioni desunte da «La città nuova».

«La stagione creativa della Città Nuova, che sarebbe quindi nata per germinazione spontanea, per improvvisa folgorazione. Un metodo che conduce, a prescindere da qualunque altra considerazione di merito, ad un’esplicazione più completa del progetto di Sant’Elia su un agglomerato urbano in sé omogeneo, anche se costituito in modo parcellare, sorretto da un’articolazione comunicativa che ne costituisce il motivo ispiratore, il perno sul quale ruota la gran macchina della megalopoli: la rete distributiva dell’elettricità, che fa muovere i trasporti su rotaia e gli ascensori esterni delle case. L’elettricità è il cuore pulsante dell’organismo urbano, che questa ricerca esplorativa penetra, rovesciandone le cavità nascoste. Possiamo ancora oggi ritrovare quella tradizione di pensiero radicata nell’idea di un’urbanistica visionaria con la città futura come protagonista. Il punto di partenza di queste sperimentazioni è una riflessione acuta sui prototipi moderni, sulle loro formulazioni più assolute, risalenti a quegli eroici anni venti durante i quali la nuova architettura aveva dato una forma al mondo che sembrava realizzarsi, alle città e al territorio».

 

 Foto: sculture di Nicola Salvatore

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.