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La Spigolatrice di Sapri

14/01/2014 14047 lettori
4 minuti

Fin da giovinetto, appresa questa poesia, ne fui sedotto sia dalla metafora sia dal componimento lirico: dell’una affascinato e coinvolto, dell’altro estasiato e toccato. Un’impresa patriottica già tragicamente fallita, dai cui versi traspare la speranza di un felice esito della spedizione e, al tempo stesso, nelle strofe finali, il drammatico epilogo dell’avventura. Spesso col passar degli anni si son succeduti confronti e affinità nel quieto vivere; sempre ne è conseguita un’ovvia deduzione: mai questione di generi bensì di opportunità. E lo spigolare mi fu sempre caro.

A ragion veduta ne feci anche oggetto su La mia pagina Web, forse ostentandone l’uso di un modo di agire piuttosto personale e avanti con i tempi; che non voleva assolutamente essere una vanteria, bensì, nel continuo “spigolare” perseguire l’opportunità. «L'imprenditore deve riscoprire lo "spirito d'impresa" attraverso forme di forte motivazione in grado di essere trasferita su tutti quelli che partecipano agli eventi imprenditoriali», scrive Gianfranco Dioguardi. Si appalesavano segni premonitori: nella crisi cultura dal maggio 68, con la crisi ecologica dal 1972 e la crisi sociale dal 1986; mentre a me capitava l’occasione nello svolgimento di gestione di cantieri prevalentemente con una tra le più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.

 Scommettendo sull’opportunità di poter valutare accuratamente l’importanza di valorizzare e organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda, mi è stato consentito l’uso di strumenti di programmazione reticolare: il (Project Evaluation and Review Technique) e il (Critical Path Method); due strumenti di Project Management volti alla schedulazione delle attività che compongono il progetto e, più in generale, alla gestione degli aspetti temporali di quest’ultimo. «Molto spesso questi due strumenti, che da un punto di vista accademico rimangono pur sempre distinti, sono considerati insieme, perché la sola differenza tra i due è la tipologia di durate delle attività considerate: stocastica nel primo caso, deterministica nel secondo». [1]

E lo spigolare mi fu sempre caro.

Derivato dal francese antico e privo di un sostantivo corrispondente nella lingua italiana, il termine anglosassone “governance” negli ultimi venti anni è diventato popolare nel dibattito politico e accademico. La stessa definizione del concetto ha subito cambiamenti e integrazioni, seppure in generale si possa sostenere che economisti, politologi ed esperti di relazioni internazionali, l’hanno usato, innanzitutto, per marcare una distinzione, e una contrapposizione con il “government” inteso quale istituzione, apparato e organizzazione.

Nell’accezione di ‘insieme dei principi, dei modi, delle procedure per la gestione e il governo di società, enti, istituzioni, o fenomeni complessi, dalle rilevanti ricadute sociali’, il sostantivo aziendalistico-imprenditoriale  governance, dritto dritto nell’italiano e nelle altre lingue europee del cosiddetto mondo economicamente più sviluppato, si impone, trasvolando l’oceano Atlantico, dagli inizi degli anni Novanta del Novecento (il GDU, diretto da Tullio De Mauro, certifica il 1988 come data della prima attestazione nell’italiano scritto).  

L’anglicismo, che propriamente vuol dire ‘modo di dirigere, conduzione’, inizialmente ha battuto e ribattuto sulle pagine della stampa italiana le piste del mondo dell’impresa, soprattutto perché abbinato all’aggettivo (anglosassone pure lui) corporate’aziendali’, nella locuzione corporate governance (in italiano dal 1994), che vale, «nel linguaggio aziendale, il metodo e la struttura organizzativa con la quale si distribuisce il comando tra i dirigenti di un’impresa» (Treccani.it).

 

 Immagine: scuoleveronasantalucia

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.