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E lo spigolare mi fu sempre caro

01/02/2014 10008 lettori
5 minuti

Pare che la saggezza sia determinata dalla nostra capacità di accumulare un’ampia gamma di modelli mentali generata dalle nostre esperienze; più ampia è questa gamma, maggiore è la possibilità di adottare scelte sagge. Forte di quest’assunto, ho avuto la presunzione di voler dedicare il mio tempo libero alla ricerca del coinvolgimento possibile per supportare un’iniziativa di una certa originalità: riuscire ad avvicinare la cultura verso chi avendo competenza potesse riuscire a comunicare tutta o in parte l’esperienza tacita. Un’intuizione, se si vuole utile: raccogliere qua e là, seppur per mero svago, quegli indizi e particolarità d’ausilio, per inquadrare di volta in volta, la situazione creandone il senso.

E lo spigolare mi fu sempre caro: «l’intuito è esperienza tradotta in azione». [1]

L’intuito è sicuramente basato sull’apprendimento: sull’aprirsi a nuove esperienze cercando di comprenderle e assimilarle. L’apprendimento a sua volta è alimentato dall’intuito che ci può indirizzare ad approfondire aspetti o particolarità che altrimenti avremmo trascurato. «L’esperienza in questi frangenti è sicuramente un fattore fondamentale, ma non è sufficiente. La cosa interessante - sottolinea Gary Klein - è che professionisti abituati a utilizzare l’intuito nel loro lavoro quotidiano spesso non si danno nemmeno conto di farlo e per questo motivo nemmeno riescono a identificare cosa li abbia portati a fare determinate scelte. L’esperienza è fondamentale perché consente di accumulare, e in seguito riconoscere, questi indizi; al tempo stesso l’esperienza non è sufficiente perché questi indizi devono essere interpretati allo scopo che siano veramente utili e ci permettano di agire al meglio». (sapereperfare)

Uno dei primi aspetti che Klein ha identificato nei suoi progetti di osservazione e ricerca è che chi prende decisioni d’intuito spesso non si rende nemmeno conto di aver deciso qualcosa, l’azione è immediata e senza esitazione. Evidentemente non si può prescindere da una continua ricerca di coinvolgimento per riuscire a praticare l’approssimare la cultura verso chi avendo pratica ne possa fare buon uso o quantomeno essere influenzato da un significativo rapporto di reciprocità fra intuito e apprendimento. L’intuito è sicuramente basato sull’apprendimento: sull’aprirsi a nuove esperienze nella ricerca di comprenderle e assimilarle. L’apprendere a sua volta è alimentato dall’intuito che può indirizzare ad approfondire aspetti o particolarità che altrimenti avremmo trascurato. 

E lo spigolare mi fu sempre caro: «Sviluppo umanistico nel Quattrocento».

La società del Quattrocento è fortemente caratterizzata dal fare ed è stimolata dal conoscere: la conoscenza dell'era nuova non è interessata tanto a leggende e tradizioni, cioè a verità acquisite e tramandate, ma è occupata a scoprire – e quindi a conquistare – verità nuove. Perciò si preoccupa di conoscere la natura (che è il luogo in cui nasce e si sviluppa la vita e da cui si trae la materia che consente il lavoro); la storia (che rende possibile la comprensione delle cause e degli effetti delle azioni, cioè del perché si fa e della conseguenza di ciò che si fa); l'uomo (come soggetto che conosce ed agisce)  Quale mezzo più idoneo per arrivare alla conquista di queste verità, la nuova società usa l'arte, dal momento che essa compendia i due aspetti della gnosis (cioè del sapere) e della prassi (cioè del fare): infatti l'arte consente di conoscere facendo; si arriva alla conoscenza attraverso il fare e si fa conoscendo. Ciò è tanto vero che la scienza, in questo periodo, è una disciplina subordinata all'arte ed anzi molte scoperte scientifiche costituiscono proprio il frutto di ricerche in campo artistico: si pensi a Leonardo, il genio universale, che alla fine del secolo e agli inizi di quello successivo, giunge a ritrovamenti di verità scientifiche attraverso investigazioni inerenti all'arte. 

 

Immagine dalla rete: «Lhermitte Leon Augustin a la fontaine»

 

[1]Gary Klein è uno psicologo che studia la cognizione: il modo il cui noi percepiamo, agiamo e reagiamo rispetto alla realtà con cui ci confrontiamo.

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.