E lo spigolare mi fu sempre caro
Pare che la saggezza sia determinata dalla nostra capacità di accumulare un’ampia gamma di modelli mentali generata dalle nostre esperienze; più ampia è questa gamma, maggiore è la possibilità di adottare scelte sagge. Forte di quest’assunto, ho avuto la presunzione di voler dedicare il mio tempo libero alla ricerca del coinvolgimento possibile per supportare un’iniziativa di una certa originalità: riuscire ad avvicinare la cultura verso chi avendo competenza potesse riuscire a comunicare tutta o in parte l’esperienza tacita. Un’intuizione, se si vuole utile: raccogliere qua e là, seppur per mero svago, quegli indizi e particolarità d’ausilio, per inquadrare di volta in volta, la situazione creandone il senso.
E lo spigolare mi fu sempre caro: «l’intuito è esperienza tradotta in azione». [1]
L’intuito è sicuramente basato sull’apprendimento: sull’aprirsi a nuove esperienze cercando di comprenderle e assimilarle. L’apprendimento a sua volta è alimentato dall’intuito che ci può indirizzare ad approfondire aspetti o particolarità che altrimenti avremmo trascurato. «L’esperienza in questi frangenti è sicuramente un fattore fondamentale, ma non è sufficiente. La cosa interessante - sottolinea Gary Klein - è che professionisti abituati a utilizzare l’intuito nel loro lavoro quotidiano spesso non si danno nemmeno conto di farlo e per questo motivo nemmeno riescono a identificare cosa li abbia portati a fare determinate scelte. L’esperienza è fondamentale perché consente di accumulare, e in seguito riconoscere, questi indizi; al tempo stesso l’esperienza non è sufficiente perché questi indizi devono essere interpretati allo scopo che siano veramente utili e ci permettano di agire al meglio». (sapereperfare)
Uno dei primi aspetti che Klein ha identificato nei suoi progetti di osservazione e ricerca è che chi prende decisioni d’intuito spesso non si rende nemmeno conto di aver deciso qualcosa, l’azione è immediata e senza esitazione. Evidentemente non si può prescindere da una continua ricerca di coinvolgimento per riuscire a praticare l’approssimare la cultura verso chi avendo pratica ne possa fare buon uso o quantomeno essere influenzato da un significativo rapporto di reciprocità fra intuito e apprendimento. L’intuito è sicuramente basato sull’apprendimento: sull’aprirsi a nuove esperienze nella ricerca di comprenderle e assimilarle. L’apprendere a sua volta è alimentato dall’intuito che può indirizzare ad approfondire aspetti o particolarità che altrimenti avremmo trascurato.
E lo spigolare mi fu sempre caro: «Sviluppo umanistico nel Quattrocento».
La società del Quattrocento è fortemente caratterizzata dal fare ed è stimolata dal conoscere: la conoscenza dell'era nuova non è interessata tanto a leggende e tradizioni, cioè a verità acquisite e tramandate, ma è occupata a scoprire – e quindi a conquistare – verità nuove. Perciò si preoccupa di conoscere la natura (che è il luogo in cui nasce e si sviluppa la vita e da cui si trae la materia che consente il lavoro); la storia (che rende possibile la comprensione delle cause e degli effetti delle azioni, cioè del perché si fa e della conseguenza di ciò che si fa); l'uomo (come soggetto che conosce ed agisce) Quale mezzo più idoneo per arrivare alla conquista di queste verità, la nuova società usa l'arte, dal momento che essa compendia i due aspetti della gnosis (cioè del sapere) e della prassi (cioè del fare): infatti l'arte consente di conoscere facendo; si arriva alla conoscenza attraverso il fare e si fa conoscendo. Ciò è tanto vero che la scienza, in questo periodo, è una disciplina subordinata all'arte ed anzi molte scoperte scientifiche costituiscono proprio il frutto di ricerche in campo artistico: si pensi a Leonardo, il genio universale, che alla fine del secolo e agli inizi di quello successivo, giunge a ritrovamenti di verità scientifiche attraverso investigazioni inerenti all'arte.
Immagine dalla rete: «Lhermitte Leon Augustin a la fontaine»
[1]Gary Klein è uno psicologo che studia la cognizione: il modo il cui noi percepiamo, agiamo e reagiamo rispetto alla realtà con cui ci confrontiamo.