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Un uomo positivamente buono”, un Cristo del XXI secolo.

30/03/2014 8767 lettori
5 minuti

«Siamo un popolo di frenetici e informatissimi idioti, non intendete questo termine come insulto, ma sta a significare uno che gira su stesso e non è convinto del fatto che si possa raggiungere una qualità di vita migliore per tutti solo se prevale il noi sull’io». È un’espressione di Sua Eccellenza reverendissima il vescovo Coletti, quale relatore d’eccezione, mercoledì 27marzo u.s. a Palazzo Cernezzi all’incontro organizzato sul tema della crisi sociale a Como. Prosegue il vescovo, mentre cerca di far capire dove poter trovare il rimedio. «credo che un uomo pensante debba andare più alle radici perché è là che si troverà il rimedio. Le radici possono essere tante e nascono dal degrado umanitario che è evidente oggi». Una considerazione ferrea che fa riflettere: anche se frenetici ma informati. Manchiamo di una guida che ci indirizzi che si identifichi in un personaggio realmente superiore.

            Un uomo positivamente buono”, un Cristo del XIX secolo.

 In una lettera del 1867 indirizzata allo scrittore Apollon Nikolaevic Majkov, Dostoevskij descrisse il nucleo poetico del romanzo cui stava lavorando: «Da qualche tempo mi tormentava un’idea, ma avevo paura di farne un romanzo, perché è un’idea troppo difficile e non ci sono preparato, anche se è veramente seducente e la amo. Quest’idea è raffigurare un uomo assolutamente buono. Niente, secondo me, può essere più difficile di questo, nel presente soprattutto». È importante porre l’accento come l'aggettivo buono usato nella lettera fosse nell'originale russo prekrasnyi, che indica lo splendore della bellezza. Il protagonista del secondo grande romanzo di Dostoevskij, "L'idiota", pubblicato nel 1869, è il principe Myskin, ultimo erede di una grande famiglia decaduta. Il personaggio è una creatura spiritualmente superiore, in cui la generosità d'animo e la candida fede nel prossimo si accompagnano ad una totale inesperienza di vita e ad una sorta di paralisi della volontà.

 

  

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.