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AMBIENTE-Ecoreati: testo ddl approvato dalla Camera

01/12/2014 27018 lettori
5 minuti

Il provvedimento in esame è stato approvato dalla Camera il 26 febbraio 2014 in un testo risultante dall'unificazione dei seguenti disegni di legge di iniziativa parlamentare: A.C. 342 (Realacci), A.C.957 (Micillo) e A.C.1814 (Pellegrino). Trasmesso dal presidente della Camera dei deputati alla Presidenza del Senato il 27 febbraio 2014. Assegnato alle commissioni riunite 2ª (Giustizia) e 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali) in sede referente

L'ultimo esame nelle Commissioni Riunite Giustizia e Ambiente del Senato risale all' 11 settembre. Il termine per gli emendamenti al ddl 1345 (Delitti contro l'ambiente) era previsto per lunedì 24 novembre 2014 h. 18.00.

Nei lavori in sede Referente, sono stati presentati altri disegni di legge, che saranno esaminati congiuntamente a quello approvato dalla Camera.

La normativa attuale:

Attualmente, il quadro normativo dei reati ambientali è prevalentemente contenuto nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006(1) - c.d. Codice dell'ambiente - che individua reati di pericolo astratto, in genere collegati al superamento di valori soglia e aventi per lo più carattere contravvenzionale.

Sintesi del nuovo testo

Il testo in esame aggiunge a tutela dell'ambiente nuove fattispecie delittuose, che vengono inserite in un apposito nuovo titolo del codice penale.

In estrema sintesi, il provvedimento:
inserisce nel codice penale un nuovo titolo, dedicato ai delitti contro l'ambiente;
introduce all'interno di tale titolo i delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo;
stabilisce che le pene previste possano essere diminuite per coloro che collaborano con le autorità (ravvedimento operoso);
obbliga il condannato al recupero e - ove possibile - al ripristino dello stato dei luoghi;
prevede il raddoppio dei termini di prescrizione del reato per i nuovi delitti;
coordina la disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche in caso di reati ambientali;
introduce nel codice dell'ambiente un procedimento per l'estinzione delle contravvenzioni ivi previste, collegato all'adempimento da parte del responsabile della violazione di una serie di prescrizioni nonché al pagamento di una somma di denaro.

L'Approfondimento

Entrando nello specifico, il disegno di legge in esame si compone di 2 articoli:
l'articolo 1, che consta di 8 commi, e l'articolo 2, formato da un unico comma.

L'articolo 1, comma 1, introduce nel libro II del codice penale il Titolo VI-bis, Dei delitti contro l'ambiente, composto da 9 nuovi articoli (dall'art. 452-bis all'Art. 452-decies). Il nuovo titolo comprende i seguenti quattro nuovi delitti:
il delitto di inquinamento ambientale(2) (art. 452-bis), che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 100.000 euro chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sè illecito amministrativo o penale, cagiona una compromissione o un deterioramento rilevante:

1) delle qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;

2) dell'ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna selvatica (primo comma).

Il secondo comma prevede un'ipotesi aggravata con pena aumentata quando il delitto sia commesso in un'area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette;
il delitto di disastro ambientale (art. 452-ter), che punisce con la reclusione da 5 a 15 anni chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sè illecito amministrativo o penale, o comunque abusivamente, cagiona un disastro ambientale (primo comma).

La nozione di disastro ambientale è definita dal secondo comma come:
un'alterazione irreversibile dell'equilibrio dell'ecosistema o, un'alterazione dell'equilibrio dell'ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali, o l'offesa alla pubblica incolumità pubblica in ragione della rilevanza oggettiva del fatto per l'estensione della compromissione ovvero per il numero di persone offese o esposte a pericolo.

Il terzo comma prevede un'aggravante quando il delitto di disastro ambientale sia commesso in un'area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette;

il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-quinquies), che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro chiunque abusivamente o comunque in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene o trasferisce materiale ad alta radioattività ovvero, detenendo tale materiale, lo abbandona o se ne disfa illegittimamente (primo comma).

Si tratta di un reato di pericolo per il quale il secondo ed il terzo comma prevedono aggravanti: ai sensi del secondo comma, la pena è aumentata se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento dell'ambiente; ai sensi del terzo comma, se dal fatto deriva un pericolo per la vita o l'incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà.
il delitto di impedimento del controllo (art. 452-sexies), che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, sempre che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque impedisce, intralcia o elude l'attività di vigilanza e controllo ambientali, ovvero ne compromette gli esiti.

L'impedimento si realizza negando o ostacolando l'accesso ai luoghi, ovvero mutandone artificiosamente lo stato.
Rispetto alle quattro nuove fattispecie, solo due possono essere commesse per colpa:
il delitto di inquinamento ambientale (art. 452-bis) e il delitto di disastro ambientale (art. 452-ter).

In tali casi, in base al nuovo art. 452-quater, le pene per le ipotesi dolose sono diminuite da un terzo alla metà.
E' prevista una nuova circostanza aggravante speciale per la commissione dei nuovi delitti contro l'ambiente in forma associativa (art. 452-septies):

sono aumentate fino a un terzo le pene previste dall'articolo 416 del codice penale, quando l'associazione a delinquere è diretta, in via esclusiva o concorrente, alla commissione di un delitto ambientale (primo comma); sono aumentate fino a un terzo le pene previste dall'articolo 416-bis del codice penale, quando l'associazione mafiosa è finalizzata a commettere un delitto ambientale, ovvero "all'acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o di servizi pubblici in materia ambientale" (secondo comma);
le pene sono ulteriormente aumentate da un terzo alla metà, ai sensi del terzo comma quando l'associazione, tanto comune quanto mafiosa, include pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale.
L'articolo 452-octies disciplina il cosiddetto ravvedimento operoso, prevedendo una diminuzione dalla metà ai due terzi delle pene nei confronti di chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, o aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione dei fatti, nell'individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti ovvero provvede alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi (primo comma).

Se per operare tali attività l'imputato chiede la sospensione del procedimento penale, il giudice può accordare al massimo un anno, durante il quale il corso della prescrizione è sospeso (secondo comma).

La disposizione sul ravvedimento operoso è destinata a trovare applicazione per i nuovi delitti contro l'ambiente, per il delitto di associazione a delinquere (non mafiosa) finalizzata alla commissione di un delitto ambientale, nonché per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, Codice dell'ambiente).

Le ultime due disposizioni del nuovo Titolo VI-bis del codice penale intervengono su confisca obbligatoria e ripristino dello stato dei luoghi.

In particolare:

l'art. 452-novies prevede che, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei nuovi delitti ambientali, nonché per associazione a delinquere (tanto comune quanto mafiosa) finalizzata alla commissione di delitti ambientali, il giudice debba sempre ordinare la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commetterlo (primo comma); se la confisca dei beni non è possibile, il giudice ordina la confisca per equivalente, individuando i beni sui quali procedere dei quali il condannato abbia disponibilità anche per interposta persona (secondo comma);
l'art. 452-decies prevede che, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei nuovi delitti ambientali, il giudice debba ordinare il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendo le spese per tali attività a carico del condannato e delle persone giuridiche obbligate al pagamento delle pene pecuniarie in caso di insolvibilità del primo.

Il comma 1 del nuovo articolo 452-bis del codice penale - introdotto dall'articolo 1 del disegno di legge in commento - sanziona, come già evidenziato, con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 "chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale, cagiona una compromissione o un deterioramento rilevante" dello stato del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria ovvero dell'ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna selvatica.

La previsione in esame risulta pertanto costruita come un reato con evento, dove l'evento è appunto costituito dalla compromissione o dal deterioramento rilevante dei beni ambientali indicati.

Un primo profilo su cui parrebbe doversi richiamare l'attenzione è quello relativo alla distinzione fra "compromissione" e "deterioramento", una distinzione significativa anche in quanto, almeno secondo una delle possibili letture della previsione normativa, soltanto per il secondo sarebbe necessario - affinché risulti integrata l'ipotesi incriminatrice - il carattere "rilevante".

Ad un primo esame la suddetta distinzione non sembrerebbe peraltro agevole, in quanto lessicalmente i due termini hanno un significato se non identico, almeno - nel contesto dato(3) - largamente sovrapponibile, indicando la situazione risultante da una condotta che ha determinato un danno.

In proposito il compito dell'interprete non parrebbe neppure facilitato - sempre ad una prima lettura - dalle indicazioni desumibili dalla normativa recata dal codice dell'ambiente.

In tale corpo normativo il termine "compromissione" non è quasi mai utilizzato e, ove utilizzato (si veda, ad esempio, l'articolo 77 del codice citato con riferimento alle problematiche concernenti la tutela dei corpi idrici), non viene impiegato per indicare una situazione di danno attuale (per la quale si utilizza invece il termine deterioramento(4) ).

Nell'unico altro punto in cui il termine in questione viene utilizzato, lo stesso è invece impiegato sostanzialmente come sinonimo di deterioramento (si veda la Parte BII degli Allegati alla Parte terza del codice).

Si potrebbe allora pensare che la formulazione richiamata abbia carattere endiadico e che cioè, nonostante l'uso della congiunzione "o", il legislatore abbia voluto esprimere un unico concetto, il che consentirebbe anche di ritenere che, in ogni caso, l'evento da cui la legge fa dipendere l'esistenza del reato debba avere carattere rilevante perché risulti integrata la nuova fattispecie. Una simile impostazione interpretativa avrebbe il vantaggio di evitare la distinzione fra una compromissione che sarebbe sanzionata anche se non rilevante e un deterioramento che sarebbe sanzionato solo se rilevante - distinzione questa della cui conformità a ragionevolezza potrebbe dubitarsi visto che, come sopra rilevato, nel contesto dato i due termini non sembrano indicare una diversa intensità della situazione di danno - ma questa seconda soluzione interpretativa appare non univocamente desumibile dal dato testuale.

Considerazioni ulteriori parrebbero poi necessarie in ordine al carattere "rilevante" dell'evento da cui la legge fa dipendere l'esistenza del reato.

Potrebbe infatti ritenersi che la formulazione normativa qui considerata sia di problematica compatibilità con il principio di determinatezza delle norme penali.

Sul punto la Corte costituzionale ha peraltro più volte evidenziato "che la verifica del rispetto del principio di determinatezza va condotta non già valutando isolatamente il singolo elemento descrittivo dell'illecito, ma raccordandolo con gli altri elementi costitutivi della fattispecie e con la disciplina in cui questa si inserisce.

L'inclusione nella formula descrittiva dell'illecito penale di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero...di clausole generali o concetti 'elastici', non comporta un vulnus del parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al giudice — avuto riguardo alle finalità perseguite dall'incriminazione ed al più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca — di stabilire il significato di tale elemento, mediante un'operazione interpretativa non esorbitante dall'ordinario compito a lui affidato:

quando cioè quella descrizione consenta di esprimere un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, sorretto da un fondamento ermeneutico controllabile; e, correlativamente, permetta al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo" (cfr. Corte costituzionale n. 5 del 2004).

La Corte in proposito ha altresì precisato che "in tal modo, risultano soddisfatti i due obiettivi fondamentali sottesi al principio di determinatezza:

obiettivi consistenti ... per un verso, nell'evitare che, in contrasto con il principio della divisione dei poteri e con la riserva assoluta di legge in materia penale, il giudice assuma un ruolo creativo, individuando, in luogo del legislatore, i confini tra il lecito e l'illecito; e, per un altro verso, nel garantire la libera autodeterminazione individuale, permettendo al destinatario della norma penale di apprezzare a priori le conseguenze giuridico-penali della propria condotta (cfr. Corte costituzionale n. 327 del 2008).

Con specifico riferimento alla fattispecie qui considerata è quindi necessario chiedersi se la nuova previsione incriminatrice - laddove prevede per l'integrazione della nuova fattispecie penale introdotta che l'evento conseguenza della condotta dell'agente abbia carattere "rilevante" - consenta al destinatario della norma di avere una "percezione sufficientemente chiara ed immediata" della linea di confine oltrepassata la quale si determina l'applicazione delle sanzioni penali comminate dal nuovo articolo 452-bis del codice penale.

Al riguardo può forse essere utile rammentare quanto evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 1989. Chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con il principio di determinatezza di cui al secondo comma dell'articolo 25 della Costituzione della previsione di cui all'articolo 4, comma 1, n. 7)(5) , del decreto legge n. 429 del 1982, la Corte ritenne non fondata la questione di legittimità costituzionale prospettata con riferimento all'impiego nella predetta fattispecie della nozione "misura rilevante", sulla base del rilievo che, nella fattispecie di cui al citato n. 7), la misura rilevante non integrava uno degli elementi costitutivi del reato ma soltanto un "filtro selettivo, che non incide sulla dimensione intrinsecamente offensiva del fatto, ma ne connota solo la gravità, contrassegnando il limite a partire dal quale l'intervento punitivo è ritenuto opportuno", dovendosi pertanto la predetta misura rilevante piuttosto assimilare alla figura della condizione obiettiva di punibilità.

A conferma di ciò la Corte osservò, tra l'altro, che nella fattispecie di cui al citato n. 7) " la 'misura rilevante' non può ragionevolmente far parte dell'oggetto del dolo(6) ".
Di converso la Corte ebbe invece a precisare che, qualora "...il legislatore avesse fatto ruotare l'intero o gran parte del disvalore offensivo del fatto sulla 'misura rilevante' dell'alterazione si sarebbero violati gli artt. 3, primo comma e 25, secondo comma, Cost.:

solo in tal caso, infatti, il legislatore, sottraendosi alla 'scelta' individuativa e determinativa del tipo d'illecito e rimettendo al giudice la stessa scelta (il giudice non sarebbe, peraltro, neppure minimamente vincolato), avrebbe reso lo stesso giudice veramente arbitro del lecito e dell'illecito.".

Le indicazioni desumibili dalla richiamata giurisprudenza costituzionale contribuiscono a definire il quadro di riferimento alla luce del quale valutare la compatibilità, con il principio di determinatezza delle norme penali, della formulazione della previsione incriminatrice di cui al nuovo articolo 452-bis del codice penale, costituendo l'esame parlamentare la sede naturale per un simile approfondimento. Sarà quindi in tale sede che si dovrà verificare quale funzione svolga all'interno della nuova fattispecie la misura rilevante del deterioramento e, a seconda dell'esito di tale prima valutazione, la compatibilità con il principio di determinatezza della soluzione normativa adottata.

Passando al nuovo articolo 452-ter del codice penale - anch'esso introdotto dall'articolo 1 del testo in esame - si è visto come lo stesso sanzioni, al primo comma, con la reclusione da cinque a quindici anni chiunque, "in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale, o comunque abusivamente, cagiona un disastro ambientale".

Il secondo comma dell'articolo stabilisce che costituisce disastro ambientale "l'alterazione irreversibile dell'equilibrio dell'ecosistema o l'alterazione la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali, ovvero l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza oggettiva del fatto per l'estensione della compromissione ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.".

La previsione di cui al citato secondo comma è volta a tipizzare, nella maniera più specifica possibile, la fattispecie incriminatrice qui considerata e una particolare attenzione a questo proposito appare opportuna anche alla luce dei rilievi contenuti nella già citata sentenza della Corte costituzionale n. 327 del 2008.

Chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con il principio di determinatezza della formulazione dell'articolo 434 del codice penale nella parte in cui punisce il cosiddetto disastro innominato, la Corte con la predetta pronuncia, nel ritenere infondata la prospettata questione di legittimità, ebbe a svolgere alcune considerazioni che sembrerebbero utili anche ai fini della valutazione della nuova fattispecie qui proposta. In particolare la Corte costituzionale osservò che " l'art. 434 cod. pen ... mira ...a colmare ogni eventuale lacuna, che di fronte alla multiforme varietà dei fatti possa presentarsi nelle norme ...concernenti la tutela della pubblica incolumità...

D'altra parte..., allorché il legislatore - nel descrivere una certa fattispecie criminosa - fa seguire alla elencazione di una serie di casi specifici una formula di chiusura, recante un concetto di genere qualificato dall'aggettivo 'altro' (nella specie: 'altro disastro'), deve presumersi che il senso di detto concetto - spesso in sé alquanto indeterminato - sia destinato a ricevere luce dalle species preliminarmente enumerate, le cui connotazioni di fondo debbono potersi rinvenire anche come tratti distintivi del genus..., dunque...l''altro disastro', cui fa riferimento l'art. 434 cod. pen., è un accadimento sì diverso, ma comunque omogeneo, sul piano delle caratteristiche strutturali, rispetto ai 'disastri' contemplati negli altri articoli compresi nel capo relativo ai 'delitti di comune pericolo mediante violenza'...

La conclusione ora prospettata (necessaria omogeneità tra disastro innominato e disastri tipici) non basterebbe peraltro ancora a consentire il superamento del dubbio di costituzionalità. Rimane infatti da acclarare se, dal complesso delle norme che incriminano i 'disastri' tipici, sia concretamente possibile ricavare dei tratti distintivi comuni che illuminino e circoscrivano la valenza del concetto di genere 'disastro' ...

Al riguardo, si è evidenziato in dottrina come - al di là delle caratteristiche particolari delle singole figure (inondazione, frana, valanga, disastro aviatorio, disastro ferroviario, ecc.) - l'analisi d'insieme dei delitti compresi nel capo I del titolo VI consenta, in effetti, di delineare una nozione unitaria di 'disastro', i cui tratti qualificanti si apprezzano sotto un duplice e concorrente profilo.

Da un lato, sul piano dimensionale, si deve essere al cospetto di un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi.

Dall'altro lato, sul piano della proiezione offensiva, l'evento deve provocare - in accordo con l'oggettività giuridica delle fattispecie criminose in questione (la 'pubblica incolumità') - un pericolo per la vita o per l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone; senza che peraltro sia richiesta anche l'effettiva verificazione della morte o delle lesioni di uno o più soggetti.

Tale nozione...corrisponde sostanzialmente alla nozione di disastro accolta dalla giurisprudenza di legittimità... che fa perno, per l'appunto, sui due tratti distintivi (dimensionale e offensivo) in precedenza indicati...(7) ".

Dalle considerazioni sopra riportate emerge che, seppur ai diversi fini di ritenere sussistente la compatibilità con il principio di determinatezza del disposto del vigente articolo 434 del codice penale, la Corte costituzionale ha ritenuto necessaria la compresenza di due elementi distinti, il primo dei quali attinente alla natura straordinaria dell'evento disastro e, il secondo, al pericolo per la pubblica incolumità che da esso deve derivare.

Va evidenziato invece come, nella formulazione del nuovo articolo 452-ter del codice penale, l'elemento "dimensionale" e quello "offensivo" dell'evento siano richiesti non congiuntamente ma disgiuntamente (come emerge dall'uso della congiunzione "ovvero") e, se tale soluzione può essere forse coerente con la diversa offensività dell'ipotesi delittuosa qui considerata (e cioè per l'appunto la lesione al bene protetto dell'ambiente piuttosto che alla pubblica incolumità), la stessa potrebbe però ritenersi tale da rendere opportuno un ulteriore approfondimento circa la compatibilità della formulazione proposta con il principio di determinatezza di cui all'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, alla luce della diversa impostazione normativa qui adottata rispetto a quella su cui si è già pronunciata la Corte costituzionale.
Per quanto concerne il nuovo articolo 452-quinquies del codice penale, si è illustrato in precedenza come lo stesso preveda - "salvo che il fatto costituisca più grave reato" - la reclusione da due a sei anni e la multa da euro 10.000 a euro 50.000 nei confronti di "chiunque, abusivamente o comunque in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene o trasferisce materiale ad alta radioattività.

Alla stessa pena soggiace il detentore che abbandona materiale ad alta radioattività o che se ne disfa illegittimamente".

In ordine a tale nuova previsione incriminatrice si segnala in primo luogo l'opportunità di valutare se, in riferimento alla stessa, la clausola "salvo che il fatto costituisca più grave reato" sia idonea a garantire un adeguato coordinamento con la previsione di cui al comma 2 dell'articolo 260 del Codice dell'ambiente, che prevede la pena della reclusione da tre a otto anni nei confronti di chiunque al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti ad alta radioattività. In secondo luogo si rileva come la nozione di materiale ad alta radioattività - quantomeno ad un primo esame - non riceva ulteriori specificazioni nell'attuale quadro normativo.

Ciò non viene meno per il fatto che la normativa vigente già contempla la nozione di rifiuti ad alta radioattività (si veda in proposito l'articolo 260 del Codice dell'ambiente che, a sua volta, riprende l'articolo 53-bis del decreto legislativo n. 22 del 1997), in quanto analoghe considerazioni valgono anche per queste previsioni. In tale prospettiva la formulazione qui considerata potrebbe ritenersi anch'essa suscettibile di porre un problema di compatibilità con il principio di determinatezza delle norme penali.

Al riguardo, richiamandosi anche alle considerazioni contenute in Corte costituzionale n. 333 del 1991(8) , l'esigenza garantista sottesa alla riserva di legge in materia penale - e cioè l'esigenza che sia il legislatore a effettuare la 'scelta' individuativa e determinativa del tipo d'illecito con modalità tali da consentire ai consociati di distinguere chiaramente tra la sfera del lecito e quella dell'illecito - potrebbe forse essere più adeguatamente soddisfatta se l'indicazione di fondo del legislatore, per cui la norma in esame ha ad oggetto condotte indebite relative a "materiale ad alta radioattività", venisse maggiormente specificata mediante, ad esempio, le ulteriori determinazioni di carattere tecnico che potrebbero essere rimesse ad un atto normativo secondario.

Ancora con riferimento alle tre nuove disposizioni incriminatrici sopra separatamente considerate, si osserva inoltre che, nel nuovo articolo 452-bis, la condotta incriminata deve essere posta in essere "in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale".

Nel nuovo articolo 452-ter la condotta deve invece essere posta in essere "in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale, o comunque abusivamente", mentre nel nuovo articolo 452-quinquies la condotta deve essere posta in essere "abusivamente o comunque in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative,".

Quindi solo nelle ipotesi di cui ai nuovi articoli 452-ter e 452-quinquies del codice penale le condotte rilevano anche se poste in essere "abusivamente".

Fermo restando che spetta all'esame di merito valutare la fondatezza di una simile differenziazione nella formulazione delle previsioni normative considerate, si rammenta come la giurisprudenza di legittimità - con riferimento alla fattispecie ora contenuta nell'articolo 260 del Codice dell'ambiente - abbia precisato che "sussiste il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione dei rifiuti ... qualora essa si svolga continuativamente nell'inosservanza delle prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorché tali autorizzazioni manchino del tutto (cosiddetta attività clandestina), ma anche quando esse siano scadute o palesemente illegittime e comunque non commisurate al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli autorizzati." (cfr. Cass. pen. Sez. III, Sent. n. 358 del 20-11-2007).
In ordine al nuovo articolo 452-septies del codice penale si osserva che, mentre il primo comma di tale disposizione prevede che, quando "l'associazione di cui all'articolo 416 è diretta, in via esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo, le pene previste dal medesimo articolo 416 sono aumentate", il successivo secondo comma dispone che, quando "l'associazione di cui all'articolo 416-bis è finalizzata a commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo ovvero all'acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o di servizi pubblici in materia ambientale, le pene previste dal medesimo articolo 416-bis sono aumentate".

Quindi la specificazione " in via esclusiva o concorrente," è rinvenibile solo nel primo comma ed è invece assente nel secondo. Da ciò dovrebbe (o potrebbe) discendere che l'aggravante di cui al secondo comma si applicherebbe solo se l'associazione di stampo mafioso fosse diretta in via esclusiva alla commissione dei delitti contro l'ambiente.

Sul punto potrebbe considerarsi utile un'ulteriore riflessione, anche in considerazione del fatto che non sembrerebbero agevolmente individuabili le ragioni di una simile differenza di impostazione normativa fra le due ipotesi qui considerate.

Il nuovo articolo 452- octies del codice penale prevede un'ipotesi speciale di ravvedimento operoso e dispone che l e pene previste per i nuovi delitti contro l'ambiente introdotti nel codice penale, per il delitto di associazione per delinquere di cui all'articolo 416 del codice penale aggravato ai sensi dell'articolo 452- septies, nonché per il delitto di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell'individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti, ovvero provvede alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi.

La formulazione utilizzata nel richiamato articolo 452- octies riprende, in linea di massima, quella di altre attenuanti per collaborazione previste dalle disposizioni attualmente vigenti (si vedano, a titolo esemplificativo, l'articolo 8 del decreto legge n. 152 del 1991, per i delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, ovvero l'articolo 4 del decreto legge n. 625 del 1979 per i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, ovvero ancora l'articolo 600-septies.1 del codice penale in materia di delitti contro la personalità individuale e l'articolo 630 del codice penale in materia di sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione ).

Al riguardo deve peraltro tenersi conto del fatto che - in ordine alla quasi totalità delle attenuanti per collaborazione e, comunque, in riferimento alle ipotesi di maggior rilievo - è prevista l'applicabilità di alcune disposizioni speciali che sono contenute nel decreto legge n. 8 del 1991, come modificato dalla legge n. 45 del 2001 (si vedano, in particolare, gli articoli 16-quinquies, 16-sexies e 16-septies del predetto decreto legge, nonché per correlati profili di ordinamento penitenziario il successivo articolo 16-nonies).

L'ambito materiale di applicazione di tali disposizioni è individuato dall'articolo 9, comma 2, del medesimo decreto legge ed è costituito dai delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale ovvero ricompresi fra quelli di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, nonché dai delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, e 600-quinquies del codice penale.

A sua volta il citato comma 3-bis dell'articolo 51 del codice di procedura penale fa riferimento ai procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416 , sesto e settimo comma, 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474, 600, 601, 602, 416-bis e 630 del codice penale , per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 , dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 , e dall' articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 .

Come emerge dalla sintetica ricostruzione del quadro normativo in questione, le richiamate disposizioni del decreto legge n. 8 del 1991 verranno conseguentemente a trovare applicazione in riferimento alla nuova attenuante per collaborazione ove la stessa sia stata concessa in ordine al delitto di cui all'articolo 260 del codice dell'ambiente, in quanto tale delitto è richiamato dal comma 3-bis dell'articolo 51 del codice di procedura penale che, a sua volta, è richiamato dall'articolo 9, comma 2, del citato decreto legge n. 8 del 1991, mentre tali disposizioni non troveranno applicazione ove la nuova attenuante per collaborazione sia concessa in relazione alla commissione dei nuovi delitti contro l'ambiente introdotti nel codice penale, in quanto questi delitti non sono richiamati dal predetto comma 3-bis, né direttamente dal comma 2 dell'articolo 9 del citato decreto legge n. 8.

Inoltre la nuova attenuante per collaborazione non si applicherebbe qualora i predetti delitti contro l'ambiente fossero stati commessi avvalendosi delle condizioni previste dall' articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, in quanto per tali ipotesi troverebbe applicazione l'attenuante per collaborazione di cui all'articolo 8 del decreto legge n. 152 del 1991.

Da ciò conseguirebbe che, anche in questo caso specifico, le richiamate disposizioni del decreto legge n. 8 del 1991 troverebbero applicazione poiché, come già ricordato, i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo sono inclusi fra quelli cui fa riferimento il comma 3-bis dell'articolo 51 del codice di procedura penale al quale, a sua volta, fa rinvio l'articolo 9, comma 2, del citato decreto legge n. 8 del 1991.

Le conseguenze di tale disallineamento normativo sono, ad esempio, che se l'attenuante per collaborazione di cui al nuovo articolo 452-octies verrà concessa in relazione al delitto di cui all'articolo 260 del codice dell'ambiente - ove la stessa risultasse applicata per effetto di dichiarazioni false o reticenti, ovvero qualora chi ha beneficiato della circostanza attenuante predetta commettesse, entro dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza, un delitto per il quale l'arresto in flagranza è obbligatorio - sarebbe possibile applicare le disposizioni speciali in tema di revisione della sentenza e di restituzione nel termine per l'impugnazione, nonché eventualmente l'aggravante per le ipotesi di calunnia, di cui all'articolo 16-septies del decreto legge n. 8 del 1991.

Lo stesso articolo 16-septies non sarebbe invece applicabile ove la predetta attenuante per collaborazione fosse concessa per i delitti contro l'ambiente di cui ai nuovi articoli 452-bis e seguenti del codice penale.

Sulle evidenziate diversità di trattamento normativo delle ipotesi sopra richiamate potrebbe essere ritenuto opportuno un ulteriore approfondimento nel corso dell'esame, al fine di valutare se non sia preferibile assicurare un maggiore grado di omogeneità fra la disciplina delle attenuanti per collaborazione già previste dall'ordinamento e quella della nuova attenuante per collaborazione che si intende introdurre con il disegno di legge in commento.

Da ultimo, ancora con riferimento al sopra citato articolo 452-octies, si rileva che - laddove lo stesso stabilisce che la diminuzione di pena ivi prevista può conseguire anche a condotte riparatorie diverse dalle condotte di collaborazione strettamente intese, e cioè in particolare nei casi in cui l'interessato provvede alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi - potrebbe considerarsi preferibile che tale effetto sia altresì subordinato al fatto che le predette condotte intervengano prima di un momento processuale specificamente indicato (9) (ad esempio, la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado), ferma restando la possibilità che sia disposta la sospensione del procedimento ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 452-octies.
Sempre in tema di confisca, l'articolo 1, comma 2, del provvedimento in esame, inserisce una disposizione analoga a quella di cui all'articolo 452-novies nell'art. 260 del Codice dell'ambiente, aggiungendovi il comma 4-bis, in relazione alla commissione del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti; il successivo comma 3 inserisce tale delitto previsto dal Codice dell'ambiente, nonché quello di cui al nuovo articolo 452-ter del codice penale e quelli aggravati ai sensi del primo comma del successivo articolo 452-septies, nel catalogo di delitti per i quali è consentita la confisca di valori ingiustificati (art. 12-sexies, comma 1, del D.L. 306/1992(10) ).
Il successivo comma 4 novella l'articolo 32-quater del codice penale, relativo ai casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione(11) .

La novella determina l'inserimento - nel catalogo dei delitti ivi previsti - dei nuovi delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale e traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (resta dunque fuori il delitto di impedimento del controllo).

Il comma 5 novella invece l'articolo 157 del codice penale, prevedendo il raddoppio dei termini di prescrizione per tutti e quattro i nuovi delitti introdotti dal disegno di legge in esame.

Il comma 6 introduce nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale(12) l'articolo 118-ter. In base ad esso, il pubblico ministero deve dare comunicazione al Procuratore nazionale antimafia dell'avvio delle indagini su ipotesi di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, nonché di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (di cui al citato art. 260 del Codice dell'ambiente).
Il comma 7 novella il Decreto Legislativo n. 231 del 2001(13) in tema di responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, prevedendo all'articolo 25-undecies, comma 1, specifiche sanzioni pecuniarie per la commissione del delitto di inquinamento ambientale (da 250 a 600 quote), di disastro ambientale (da 400 a 800 quote) e di associazione a delinquere (comune e mafiosa) aggravata (da 300 a 1.000 quote), per il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (da 250 a 600 quote).

Inoltre, con l'inserimento del comma 1-bis nel menzionato articolo 25-undecies, si specifica, in caso di condanna per il delitto di inquinamento ambientale e di disastro ambientale, l'applicazione delle sanzioni interdittive per l'ente previste dall'art. 9 del D. Lgs. n. 231 del 2001 (interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni; divieto di contrattare con la PA; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi).

La disposizione specifica che per il delitto di inquinamento ambientale, la durata di tali misure non può essere superiore a un anno.

Per le ipotesi colpose (previste esclusivamente per i delitti di inquinamento e di disastro ambientale), in base all'introducendo comma 1-ter, le sanzioni pecuniarie e interdittive sono ridotte di un terzo.

Infine, il comma 8 introduce nel Codice dell'ambiente la Parte settima, recante la disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale, costituita da 7 nuovi articoli (artt. da 318-bis a 318-octies).

Le disposizioni introdotte con il predetto comma 8 sono modellate sulle previsioni contenute negli articoli 19 e seguenti del decreto legislativo n. 758 del 1994 recante modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro(14) .

L'articolo 318-bis indica l'ambito applicativo della disciplina.
Più specificamente le disposizioni della nuova Parte settima si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

Al riguardo, si osserva che in tale ambito di applicazione non sono quindi inclusi gli illeciti amministrativi, il che rende non agevolmente comprensibile il riferimento agli stessi contenuto nella rubrica della medesima Parte settima.

L'articolo 318-ter riguarda le prescrizioni da impartire al contravventore.

Si prevede che spetti all'organo di vigilanza (o alla polizia giudiziaria) impartire al contravventore le prescrizioni necessarie all'eliminazione della contravvenzione, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario.

Tale termine è prorogabile, a richiesta del contravventore, per la particolare complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento, per un periodo comunque non superiore a sei mesi.

Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili al contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine di sei mesi può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a ulteriori sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero.

Si osserva che la formulazione del comma 1 del nuovo articolo 318-ter del Codice dell'ambiente presenta alcune differenze rispetto a quella del comma 1 dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 758 del 1994. Sul punto potrebbe essere opportuna un'ulteriore riflessione.

Nell'ipotesi in cui l'interessato operi al servizio di un ente, si prevede un obbligo di notifica-comunicazione delle prescrizioni anche al rappresentante legale dell'ente stesso. Resta fermo, in ogni caso, l'obbligo per l'organo che accerta la contravvenzione di riferire al pubblico ministero la notizia di reato.

L'articolo 318-quater concerne la verifica dell'adempimento e l'irrogazione della sanzione, entro termini specificamente determinati, attraverso le seguenti fasi:
verifica dell'adempimento della prescrizione da parte dell'organo accertatore;
in caso positivo, ammissione del contravventore al pagamento in misura ridotta (1/4 del massimo dell'ammenda) e comunicazione dell'avvenuto pagamento al pubblico ministero;
in caso negativo, l'accertatore ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore.

L'articolo 318-quinquies prevede obblighi di comunicazione da parte del pubblico ministero che abbia in qualsiasi modo notizia della contravvenzione all'organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria per consentire di imporre le prescrizioni ed effettuare le relative verifiche (in tal caso il procedimento è sospeso).
L'articolo 318-sexies stabilisce che i termini di sospensione del procedimento penale relativo alla contravvenzione decorrono dall'iscrizione nella notizia di reato nel relativo registro fino al momento del ricevimento da parte dell'autorità requirente della comunicazione dell'avvenuto adempimento della prescrizione.

Si prevede, tuttavia, che la sospensione del procedimento, oltre a non impedire l'eventuale archiviazione, non preclude l'assunzione delle prove con incidente probatorio, l'adozione di atti d'indagine e il sequestro preventivo.

L'articolo 318-septies prevede l'estinzione della contravvenzione a seguito sia del buon esito della prescrizione che del pagamento della sanzione amministrativa. All'estinzione consegue l'archiviazione del procedimento da parte del pubblico ministero.

La disposizione configura, infine, l'ipotesi di adempimento tardivo o con modalità diverse della prescrizione. Si stabilisce in particolare che l'adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'articolo 318-quater, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza sono valutati ai fini dell'applicazione dell'articolo 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare è ridotta a un quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa (15) .

L'articolo 318-octies reca infine norme di coordinamento e transitorie della nuova disciplina, stabilendo in particolare che le disposizioni della nuova Parte settima del Codice dell'ambiente non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima parte.

L'articolo 2 del disegno di legge in esame dispone infine in ordine all'entrata in vigore delle disposizioni in esso contenute nel giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, escludendo la consueta vacatio legis di quindici giorni.

NOTE

1) D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale.

2) Si rammenta, per completezza, che l'articolo 5 del codice dell'ambiente definisce l'inquinamento ambientale come "l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi;".

3) Dal punto di vista strettamente letterale il termine "compromissione" parrebbe far riferimento ad una situazione di danno più potenziale che attuale, mentre il termine "deterioramento" parrebbe implicare l'effettiva attualità di una situazione di danno. Peraltro non sembrerebbe praticabile una ricostruzione in questo senso della portata dei due termini in questione nel contesto qui specificamente considerato e ciò in quanto potrebbe ritenersi di dubbia ragionevolezza una soluzione interpretativa per effetto della quale la "compromissione" - cioè il danno potenziale - sarebbe sanzionato sempre e comunque, mentre il "deterioramento" - cioè il danno attuale - sarebbe sanzionato solo se rilevante.

4) Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 300 del Codice dell'ambiente, costituisce danno ambientale "il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato: a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione; b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva; c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali; d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente.".

5) La richiamata previsione sanzionava con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da cinque a dieci milioni di lire chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l'imposta sul valore aggiunto o di conseguire un indebito rimborso ovvero di consentire l'evasione o un indebito rimborso a terzi, essendo titolare di redditi di lavoro autonomo o di impresa, redigeva le scritture contabili obbligatorie, la dichiarazione annuale dei redditi ovvero il bilancio o rendiconto ad essa allegato, dissimulando componenti positivi o simulando componenti negativi del reddito tali da alterare in misura rilevante il risultato della dichiarazione.

6) Sul punto, più specificamente la Corte rilevò che "nessuno vorrà, infatti, sostenere, che sol perché il reo per errore ritiene assente dalla fattispecie in senso ampio da lui realizzata la misura rilevante dell'alterazione del risultato della dichiarazione, debba andare impunito, benché agisca con il dolo specifico d'evadere le imposte o di farle evadere da terzi e pur essendo pienamente consapevole di realizzare una condotta idonea ad alterare il risultato della dichiarazione."

7) Nella richiamata pronuncia la Corte costituzionale ha altresì rilevato, in ordine al punto in questione, che "Al riguardo, è opportuno rilevare come l'esistenza di interpretazioni giurisprudenziali costanti non valga, di per sé, a colmare l'eventuale originaria carenza di precisione del precetto penale. Sostenere il contrario significherebbe, difatti, "tradire" entrambe le funzioni del principio di determinatezza. La prima funzione - cioè quella di garantire la concentrazione nel potere legislativo della produzione della regula iuris - verrebbe meno giacché, nell'ipotesi considerata, la regula verrebbe creata, in misura più o meno ampia, dai giudici. La seconda funzione - cioè quella di assicurare al destinatario del precetto penale la conoscenza preventiva di ciò che è lecito e di ciò che è vietato - non sarebbe rispettata perché tale garanzia deve sussistere sin dalla prima fase di applicazione della norma, e non già solo nel momento (che può essere anche di molto successivo) in cui si è consolidata in giurisprudenza una certa interpretazione, peraltro sempre suscettibile di mutamenti. Ciò non esclude, tuttavia, che l'esistenza di un indirizzo giurisprudenziale costante possa assurgere ad elemento di conferma della possibilità di identificare, sulla scorta d'un ordinario percorso ermeneutico, la più puntuale valenza di un'espressione normativa in sé ambigua, generica o polisensa. Ed è in questa prospettiva che va letto, per l'appunto, il precedente richiamo alla corrente nozione giurisprudenziale di «disastro».".

8) Si riporta qui di seguito un passaggio della citata sentenza che appare particolarmente indicativo in riferimento alla prospettiva qui considerata: "...la giurisprudenza di questa Corte che ... ha ritenuto costituzionalmente legittima la integrazione della fattispecie penale ad opera di atti amministrativi in numerose altre ipotesi non dissimili da quella in esame.

Può richiamarsi innanzi tutto la ... sentenza n. 36 del 1964 (confermata dalla ... sent. n. 9 del 1972) che non ha ravvisato la illegittimità costituzionale, in riferimento all'art. 25 Cost., dell'art. 6 della legge n. 1041 del 1954 cit. perché, nel sanzionare tra l'altro l'illecita detenzione di sostanze stupefacenti, rimetteva all'autorità amministrativa l'elencazione di queste ultime.
Anzi la Corte rilevava la maggiore puntualità della fattispecie criminosa introdotta dall'art. 6, rispetto a quella dei precedenti artt. 446 e 447 cod. pen. che invece facevano genericamente riferimento alla nozione di "stupefacenti" con la conseguenza che "nell'applicazione delle norme del codice gli accertamenti subivano le incertezze, le insufficienze, le difformità di valutazioni disposte di volta in volta dal giudice" (rilievo questo che, può valere anche nel passaggio da un sistema fondato sulla nozione generale di "modica quantità", la cui determinazione era rimessa di volta in volta al giudice penale, ad un sistema fondato sulla dose media giornaliera che è preventivamente determinata in modo oggettivo e fornisce "la garanzia di una qualificazione unitaria" valevole per tutti).

Con riferimento poi ad altre fattispecie la Corte ha ribadito che "il principio di legalità in materia penale è soddisfatto sotto il profilo della riserva di legge (art. 25, secondo comma, Cost.) allorquando la legge determina con sufficiente specificazione il fatto cui è riferita la sanzione penale. In corrispondenza della ratio garantista della riserva, è infatti necessario che la legge consenta di distinguere tra la sfera del lecito e quella dell'illecito, fornendo a tal fine un'indicazione normativa sufficiente ad orientare la condotta dei consociati" (sent. n. 282 del 1990, che richiama proprio i suddetti elenchi di sostanze stupefacenti).

Rispettosa di tale principio è stata ritenuta la normativa in materia di sanzioni penali per violazione di provvedimenti della p.a. - quali quelli del C.I.P. in materia di prezzi ovvero quelli emessi per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico o d'igiene ex art. 650 cod. pen. (ord. n. 659 del 1988; sent. n. 58 del 1975; n. 21 del 1973; n. 168 del 1971) -, fattispecie queste in cui l'integrazione ad opera del provvedimento amministrativo della condotta sanzionata penalmente appare di maggior momento rispetto a quella operata dall'art. 78 in esame.

Gli stessi principi si ritrovano ribaditi in varie ulteriori ipotesi di integrazione della fattispecie penale (cfr. ord. n. 492 del 1987; sent. n. 108 del 1982 e n. 113 del 1972).

E anche nella delicata materia alimentare è stata ritenuta la legittimità della integrazione della fattispecie incriminatrice mediante rinvio a fonti secondarie dalla sentenza n. 96/1964 relativamente alla individuazione degli additivi chimici vietati, nonché dalla sentenza n. 61/1969.

In particolare quest'ultima ha ritenuto compatibile con la riserva di legge il rinvio al decreto del Ministro della sanità non soltanto della formazione degli elenchi dei coloranti consentiti delle sostanze alimentari, ma anche delle "modalità d'uso"; la Corte ha ritenuto che tale termine contenesse un'indicazione sufficientemente vincolata per la p.a. e non consentisse "arbitrarie dilatazioni".

Infine, anche la "pregressa elaborazione giurisprudenziale" - quale nella specie è quella formatasi riguardo alla nozione della "modica quantità" - è stata ritenuta adeguato criterio di integrazione della fattispecie penalmente rilevante (sent. n. 49/1980).
In conclusione pertanto può dirsi che, anche nel caso del rinvio operato dall'art. 78 al decreto del Ministro della sanità, i parametri indicati nella lett. c) del primo comma, integrati da quelli contemplati nelle precedenti lett. a) e b), rappresentano - in correlazione con la richiamata esperienza giurisprudenziale maturata circa la individuazione del dato di base (consumo giornaliero di un assuntore medio) già utilizzato per la quantificazione della "modica quantità" di cui alla legge del 1975 - vincoli sufficienti a restringere la discrezionalità della p.a. nell'ambito di una valutazione strettamente tecnica - e come tale giudicata ripetutamente idonea a concorrere, nel pieno rispetto dell'art. 25, secondo comma, Cost. a precisare il contenuto della norma incriminatrice con l'ausilio dei "suggerimenti che la scienza specialistica può dare in un determinato momento storico" (sent. n. 475/1988 con riferimento ad elementi normativi della fattispecie affidati alla individuazione del giudice) - ed in conseguenza può affermarsi che la condotta penalmente sanzionata risulta sufficientemente descritta dalla norma primaria dettata con il citato art. 78.".

9) Per alcuni precedenti normativi in questo senso si vedano, a titolo esemplificativo, gli articoli 13 e 14 del decreto legislativo n. 74 del 2000, l'articolo 35 del decreto legislativo n. 274 del 2000, gli articoli 12 e 17 del decreto legislativo n. 231 del 2001, nonché, almeno in parte, gli articoli 162 e 162-bis del codice penale.

10) D.L. 8 giugno 1992, n. 306, recante Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa.

11) Il citato art. 32-quater c.p., relativo ai Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, così recita: Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 501, 501-bis, 640, numero 1) del secondo comma, 640-bis, 644, commessi in danno o in vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione ad essa, importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

12) Di cui al D. Lgs. 28 luglio 1989, n. 271.

13) D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, recante Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.

14) Si veda anche l'articolo 301 del decreto legislativo n. 81 del 2008 recante attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

15) Il citato art. 162-bis c.p. disciplina l'Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative e così recita: 'Nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento.

Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda.

L'oblazione non è ammessa quando ricorrono i casi previsti dal terzo capoverso dell'articolo 99, dall'articolo 104 o dall'articolo 105, né quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore.

In ogni altro caso il giudice può respingere con ordinanza la domanda di oblazione, avuto riguardo alla gravità del fatto.

La domanda può essere riproposta sino all'inizio della discussione finale del dibattimento di primo grado.

Il pagamento delle somme indicate nella prima parte del presente articolo estingue il reato'.

Fabio Fiori
Fabio Fiori

Operare nel mondo della comunicazione e del marketing usando passione, intuito fantasia e competenza. Responsabile Ufficio Studi e cordinatore editoriale del quotidiano IM-ImpresaMia- www.impresamia.com

Comunicazione Aziendale Integrata Il successo o il fallimento di un’impresa dipendono dal modo con il quale si raccolgono e si gestiscono le informazioni al suo interno. Si devono tenere sotto controllo sempre più aspetti in tempi sempre più ridotti, perchè la tempestività nelle azioni-reazioni è la chiave del successo.

L’importanza della comunicazione richiede a tutte le imprese una rivalutazione del modo di comunicare, sia verso l’esterno (marketing, pubbliche relazioni, servizi ai clienti), sia verso l’interno (organizzazione, supporto produttivo, supporto decisionale).

La comunicazione è cambiata con internet, e con essa cambiano le imprese, che diventano centri di organizzazione, elaborazione e distribuzione di contenuti informativi a valore, sempre più complessi e nuovi da gestire, nelle forme, nelle modalità e nei canali di distribuzione.

Fabio Fiori Consulente in Comunicazione aziendale

Ha collaborato alle riviste Etiquette e Smoking,Ha svolto la propria attività per British American Tobacco Italia in particolare per la comunicazione e l’immagine del prodotto sigaro TOSCANO anche tramite il sito www.amici della Toscana e l’area Club Amici del TOSCANO ( ideazione di eventi, stesura testi e in qualità di Esperto nel Forum riservato ai soci).E’ stato consulente di Società operanti nei settori: petrolifero (KTI), spettacolo (Accademia Filarmonica Romana); cinema ( Emmepi Comunicazioni); editoria (Lupetti- Editori di Comunicazione, Giunti, Alinari); ristorazione ( Gruppo Autogrill) e comunicazione ( EFFEBI Eventi e Make Tailor ) Nel 2003 è stato co-autore del libro "Accendi i sogni" edito da Lupetti.Consulente Mkt , PR e Ufficio stampa, ha organizzato su mandato dello Stato Irlandese numerose iniziative per l’immagine dei prodotti tipici tra cui viaggi culturali con visita guidata alle fabbriche di birra e il lancio, con successiva gestione Mkt, del primo Irisch Pub in Italia,Ha curato la realizzazione di corsi Mkt per conto delle società Martini e Ramazzotti, Proprietario, con attività di Mkt e Comunicazione, della società Le Coquelicot Srl, specializzata in eventi, meeting aziendali, partecipazioni a fiere per clienti operanti nei settori moda, arredamento, enogastronomia, editoria e turismo.

E’ stato stagista presso la società Hill and Knowlton a seguito di un corso di Mkt e Comunicazione di prodotto organizzato da Procter and Gamble.


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