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La progettazione di percorsi formativi efficaci.

02/03/2015 9281 lettori
4 minuti

Nella situazione di chi è attratto da coloro i quali perseguono la risposta, per una giusta scelta di processi di cambiamento e a sua volta immedesimato nelle politiche aggregative, tale e tanta è l’inquietudine per la situazione di grande difficoltà nella quale si trovano le istituzioni, le imprese, le organizzazioni sociali, in sostanza il sistema paese nel suo insieme. L’occasione dell’invito alla cerimonia di premiazione - Sabato 7 marzo 2015 ore 18,00 che si svolgerà nel Teatro Sociale Di Fasano BR – consiglia quel minimo di coinvolgimento al tema: cerco di farlo con un certo esercizio del leggere in maniera speculativa taluni spunti pertinenti. E’ già capitato di assistere a dei convegni dove si sono trattati argomenti importanti, che indicano strategie che si riconoscono in una visione culturale libera da pregiudizi. Dagli interventi che si sono succeduti, infatti, si poteva desumere la politica più responsabile, cioè quella che è chiamata a prendere decisioni attinenti il bene comune delle città che amministrano.

Con l'imprenditoria più sa­na e professionalmente avanzata, conviene sollecitare altresì l’impegno a promuovere realizzazioni a misura di cittadino. Interessanti e introduttivi sono da ritenere quei convegni tesi ad approfondire il legame tra Responsabilità Sociale delle Imprese[1] e Pari Opportunità, di conseguenza promuovere momenti di scambio e confronto con altre realtà territoriali, per la progettazione di percorsi formativi efficaci. Occasioni per sottoporre all'attenzione del pubblico alcuni «argomenti all'interno dei quali è importante cogliere e approfondire la dimensione di genere per dare nuovo respiro alle politiche come tema trasversale forte». Su questi temi si può aprire il confronto e la riflessione, ampliando alcuni casi concreti di buone pratiche attuati sia nel settore pubblico sia nel privato, con il contributo d’istituzioni locali, regionali, nazionali ed internazionali.

Torna, ulteriormente rinnovato, il Premio letterario Donna, promosso dal Centro Femminile Italiano, sezione di Fasano (BR). La nuova edizione, che è ormai la 27esima, ha aperto ufficialmente le danze promulgando il nuovo bando, che svela da subito la novità: il concorso si apre alle partecipazioni dall’estero, diventando a sua volta internazionale. «Si tratta di una scelta sulla quale abbiamo a lungo riflettuto - ha spiegato la presidente del CIF fasenese, Mina Corelli – e che abbiamo sentito di dover fare nostra per offrire a quanti più possibile l’opportunità di mettersi alla prova». La partecipazione al concorso, cui per la scorsa edizione è stata assegnata da parte del Presidente della Repubblica una medaglia di bronzo, è gratuita e prevede tre sezioni: prosa adulti, poesia adulti, prosa e poesia giovani (fino a venti anni). Nelle intenzioni della presidente Corelli, il premio punterà alla valorizzazione della scrittura come momento costruttivo dell’interiorità, senza perdere di vista gli obiettivi che il Centro si propone: «la donna e la sua valorizzazione». Il premio letterario Donna, ora svincolato dalla centralità della tematica femminile, intende scoprire nuovi o già affermati talenti, sempre mantenendo un occhio di riguardo verso il mondo giovanile, che negli ultimi anni ha riservato qualche piacevole sorpresa. E si andrà anche alla ricerca di nuove sensibilità, proseguendo un viaggio cominciato più di un quarto di secolo addietro, e che guarda ancora avanti.[2] Apprezzabile l’attenzione della nuova presidente del Cif, Mina Corelli, che ha voluto partecipare i ringraziamenti, in particolare, alla presidente uscente Maria Martellotta «per aver insegnato l’importanza dell’impegno gratuito». 

Oggigiorno l'attività creativa delle donne non sorprende nessuno. Londa Schiebinger, docente di storia della scienza all’Università di Stanford, una vita dedicata ad analizzare il contributo delle donne nella costruzione del pensiero. «Un’attività sempre stimolante e mai deludente. La ricerca non può essere miope – confessa - non può non tenere conto della dimensione di genere. È una questione di efficacia, di risparmio, di maggiore innovazione». A seguire da uno scritto di Stefano Zuffi storico dell'arte: «Superare la sessualità dell'arte. L'evoluzione del ruolo della donna nei confronti con l'arte si misura anche nell’intensissima ed estremamente variata proposta bibliografica degli ultimi anni. L'inizio di questo processo si colloca giusto venticinque anni fa, con la mostra «L'altra metà dell'avanguardia» curata da Lea Vergine a Milano nel 1980. Si trattò, allora, di una vera e propria rivelazione: per la prima volta appariva chiaro, attraverso capolavori decisivi, il ruolo delle artiste nello sviluppo dei movimenti con i primi decenni del secolo, con particolare evidenza nella Germania espressionista e nella Russia cubo-futurista e raggista». (…) «L'antologia dell'eccellenza è drastica, pur se doverosa; dal Rinascimento all'Impressionismo, quando le cose cominciano davvero a cambiare le donne artiste veramente grandi, quelle insomma che possono essere considerate a tutti gli effetti vere professioniste dell'arte, su cui si concentra l'attenzione della critica, si possono enumerare sulle dita di due mani: Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Artemisia Gentileschi, la simpatica olandese Judith Leyster, Rosalba Carriera, Elizabeth Vigée Lebrun, Angelika Kauffmann, Mary Cassatt e Berthe Morisot. Come si vede, una componente molto significativa è italiana, e in effetti tale si conferma anche allargando l'orizzonte a una sorta di irriverente e forse ingiusta "seconda scelta": fra le pittrici dal tardo Rinascimento fino alla fine dell'Ottocento (…) la presenza italiana resta nettamente maggioritaria per quantità e qualità».

 

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.