Jovanotti, il lavoro gratis e periscope
Ieri in una lezione al Polo di Scienze Sociali di Firenze, Lorenzo Cherubini Jovanotti ha raccontato che, quando aveva tra i tredici e i 16 anni, ha fatto una serie di lavoretti e alcuni di questi anche senza esser retribuito.
Crede nel valore positivo dell'applicazione del sapere, della pratica e dell'esperienza.
I giornali riportano questa sua frase "incriminata" «Ultimamente ho partecipato a diversi festival in America e vedevo tantissimi ragazzi che lavoravano. Ad un certo punto ho chiesto: scusate, ma questi chi li paga? Mi hanno risposto: sono volontari, lavorano gratis, ma si portano a casa un'esperienza. Così mi sono ricordato che quanto ero ragazzo anche io lavoravo gratis alle sagre e mi divertivo come un pazzo. Imparavo ad essere gentile con le persone, se mi avessero detto non lo fare, vai in colonia, sarebbe stato peggio. Ma per me quel volontariato lì era una festa, anche se lavoravo alla sagra della ranocchia».
Piccola premessa doverosa: anche io ho fatto tanti piccoli lavoretti e gratis; è un modo per mettersi alla prova, scoprire cosa ci piace nella vita ma sopratutto un modo sano di stare insieme agli altri, crescere, discutere, osservare, da vicino, persone che si stimano... Prima di andare all'università e mentre la frequentavo, sarei andato volentieri a lavorare gratis in agenzie blasonate — e difatti ho lavorato gratis in agenzie, anche se per nulla blasonate.
Perché?
a) non era un lavoro; ma era uno dei possibili modi per apprendere qualcosa;
b) me lo potevo permettere: potevo studiare, giocare in aziende diverse e arrotondare le mie entrate con lavoretti saltuari: il cameriere, il barman eccetera...
Ma perché mi piaceva?
Perché osservare gli altri lavorare mi ha dato l'opportunità di apprendere tutto ciò che in università non avrei mai appreso e mi ha dato la possibilità di condividere uno spazio di lavoro con tantissime altre persone e quindi di crescere in un ambiente "lavorativo", impararne le dinamiche ma ancora vivendola come un gioco e non come un lavoro vero e proprio. Ciò, negli anni, mi ha consentito, per esempio, di curare la grafica di un quotidiano e frequentare una redazione giornalistica già a soli 13 anni.
E' chiaro che quando il mio impegno era lavorativo pretendevo di esser pagato: il cameriere, il barman o più tardi la consulenza informatica, una volta imparato il mestiere, ho preteso che venissero retribuiti.
(per chi volesse ascoltare tutta la lezione di Jovanotti... andate però al minuto 40 circa...)
Chiuso questa premessa, mi interessa tornare sul tema di un artista, in questo caso Jovanotti che dice qualcosa e nasce il tam tam in rete.
Alcuni media e alcune persone online si sono scatenate contro la frase che riportavo sopra; è chiaro che il lavoro deve esser retribuito. E' il mio punto di vista ed è anche quello di Jovanotti. Perché consoco il suo punto di vista?
Perché stamattina presto, Lorenzo Jovanotti Cherubini ha avviato una chat su Periscope e, dalla sua auto, dal posto affianco al guidatore, è riuscito a precisare le sue dichiarazioni, commentando con il suo stile l'accaduto, intervenendo in prima persona.
E' ovvio che tutto ciò lo raccontiamo per sottolineare l'importanza che, in questo contesto, assume l'uso di strumenti quali Periscope: un artista può fare una precisazione per mezzo stampa, sperare che le agenzie la trovino interessante e quindi che i giornalisti abbiano voglia di tornare sul tema, rischiando però di aggiungere soffiare altra polvere sulla polemica. Con Periscope invece, l'artista prende in mano il telefono, racconta al suo pubblico, il suo punto di vista, fa le dovute precisazioni, magari anche scherzando e interloquendo con il pubblico e lo fa, sopratutto, direttamente con i propri fan, che sono le persone di cui, solitamente, un artista ha la più alta considerazione.
Ora che Periscope è arrivato anche su Android, stiamo, giorno dopo giorno scoprendo il modo migliore per usarlo.
Tu quali usi vuoi segnalarmi?