Il mito: un personaggio che vive ormai in un immaginario collettivo senza confini.
«Alidoro, attratto all'interno della grotta». Non riuscendo a raggiungere il burattino, i carabinieri gli sguinzagliano contro un feroce cane mastino, Alidoro, che però rischia di annegare in mare dove Pinocchio ha cercato riparo. Quest'ultimo lo trae in salvo e Alidoro, riconoscente, promette di ricambiare il favore alla prima occasione. Pinocchio continua a nuotare e vede da lontano una grotta da cui esce del fumo. Pensando di potersi scaldare e asciugare si dirige verso di essa ma finisce intrappolato, insieme a dei pesci, nella rete di un pescatore dalla pelle verde, con una lunghissima barba verde, i capelli increspati verdi e gli occhi verdi. Il pescatore verde porta Pinocchio e i pesci all'interno di quella che è la sua casa, vale a dire la grotta, e credendo che si tratti di un nuovo tipo di pesce, il pesce burattino, decide di cucinarlo. Pinocchio viene infarinato e sta per essere fritto quando sopraggiunge Alidoro, attratto all'interno della grotta dall'odore di frittura, il quale riesce a trarlo in salvo fuggendo con il burattino in bocca e ricambiando così il favore come aveva promesso di fare. Pinocchio, rimasto senza indumenti, ricava una sorta di camicia da un sacchetto di lupini ricevuto da un vecchio in una capanna poco distante e viene a sapere da questi che Eugenio si è riavuto dallo svenimento.
«Spesso le vicende narrate (oralmente) nel mito hanno luogo in un'epoca che precede la storia scritta. Nel dire che il mito è una narrazione sacra s'intende che esso viene considerato verità di fede e che gli viene attribuito un significato religioso o spirituale. Ciò naturalmente non implica né che la narrazione sia vera, né che sia falsa». Correva l’anno del Signore milleottocentoottantatre e grazie all’editore fiorentino Paggi che dà alle stampe il volume, nonostante abbia ormai superato i cento anni d’età, il mito del personaggio continua a vivere e a tramandarsi di generazione in generazione, assumendo mille maschere.
«L'Europa si compra la Grecia». Il paese ellenico è umiliato, svuotato, punito, derubato. Finisce così (forse) la telenovela «Tsipras». Finisce nel peggiore dei modi per Atene, calpestata e commissariata da Bruxelles (torna la Troika). Uno psicodramma, quello di un popolo che ora subirà in pochi giorni un piano draconiano di riforme e una nuova, selvaggia, tempesta di tasse. Per salvarsi, Tsipras, è stato messo all'angolo ed è stato costretto a cedere. A vendersi. A vendere il Paese (come dimostra in maniera plastica la creazione del fondo in cui confluiranno cinquanta miliardi «di Grecia», in altre parole aziende, monumenti, asset, infrastrutture e chi più ne ha più ne metta). Un futuro infausto: il premier comunista si è andato a schiantare. Si dice che questa prassi ha un precedente. Il nastro si riavvolge fino alla tormentata estate 2011, in cui la speculazione cominciava ad accanirsi sull'Italia a colpi di spread (con la manina interessata di Francia e Germania, che agivano sui mercati per metterci all'angolo). Lo spread schizzò fino ai cinquecento punti base, si parlava di crac, di default, la Borsa rinculava giorno dopo giorno, si agitava lo spauracchio dello stop agli stipendi pubblici.
«Non siamo in vendita» - Accadde che l’allora premier in carica, venne convocato di notte durante un G8. Un summit nel summit: presenti i Capi di Stato di Germani, Francia, Spagna e per gli USA Barack Obama. Il Nostro Rappresentante si trova di fronte a un diktat: se l'Italia non vuole fallire, deve accettare un prestito del Fmi, e in buona sostanza farsi commissariare, come accade oggi alla Grecia. «Vengono offerti prima trenta, poi cinquanta miliardi. Il Nostro rifiuta, spiega che le cose non stanno così, ma questi insistono. La Germania rilancia: settanta miliardi. Il Nostro alza i toni. I miliardi diventano novanta. Lui si indigna, cerca sponde, Obama è imbarazzato - «sembrava dalla nostra parte dice il Presidente - ma non ha il coraggio di sospendere l'asta» Il nostro Presidente si alza e se ne va alzando la voce. «L'Italia non è in vendita». Un "no" salvifico. Come sia andata a finire è arcinoto.
Fonte: https://goo.gl/bo11pK