L'uomo nell'età della tecnica
In principio si racconta: esistevano solo gli dei. Poi gli esseri viventi vengono fatti nascere dalla terra, e occorre distribuire loro le facoltà naturali che ne assicurino la sopravvivenza. Purtroppo, la distribuzione viene fatta dall'imprevidente Epimeteo, il quale, come dice il suo nome, è dotato solo del senno del poi: egli, infatti, quando giunge agli uomini, si rende conto di aver già distribuito tutte le doti naturali - denti, artigli, vista acuta, velocità nella corsa e così via - agli animali. Gli uomini, così, sono lasciati indifesi e naturalmente indeterminati. Il fratello di Epimeteo, Prometeo cerca di soccorrere gli uomini donando loro il fuoco e il sapere tecnico. Gli uomini, così, sviluppano linguaggio, cultura e religione: doti, quindi, non «naturali» ma «culturali». Ma vivono ancora isolati, perché sono privi dell'arte politica, e dunque della capacità di mediare e di coordinare le esigenze individuali. Deve intervenire Zeus in persona, per dare a tutti gli uomini aidos e dike, cioè pudore (come capacità di vergognarsi) e giustizia.
Mentre Epimeteo distribuisce cose già pronte per l'uso, e utilizzabili solo in un modo, Prometeo - il dio dell’arte - dona all'uomo consapevolezza e possibilità di uno sviluppo autonomo. Le cognizioni tecniche possono essere distribuite secondo i criteri della divisione del lavoro; ma pudore e giustizia fanno dell'uomo un essere politico, cioè una creatura capace di vivere in uno spazio convenzionale e comune, e dunque devono essere assegnati a tutti. Evidentemente qui è il «sofista» che usa la retorica intesa come «ars retorica: arte del dire bene che produce discorsi persuasivi nel rispettivo ambito di competenza e che hanno ad oggetto il giusto e l'ingiusto». Protagora illustra la convenzionalità dello spazio politico con un mito, della cui artificialità é consapevole: in seguito, infatti, egli cerca di argomentare, utilizzando la tesi del carattere culturale della politica con un ragionamento, che significativamente si fonda sulla funzionalità delle virtù «politiche». Fra Protagora il sofista e Solone il moralista non c'è grande differenza: la giustizia politica è una tecnica artificiale di mediazione che, però deve essere pensata come qualcosa di più - universale, comune, di origine «eccelsa».
Stralcio dal mio primo contributo con cui mi è stato permesso di esordire: era il 30 Aprile 2006. Comunitàzione. It: la comunicazione e il marketing scritti dai protagonisti, diretta da Luca era già avviata e questuava proseliti, evidentemente giovane tra i giovani. L’entusiasmo era al massimo. Bisogna avere fantasia e determinazione: saper sognare. « Perché non si ha la sfera di cristallo e non possiamo sapere dove ci condurranno i nostri sogni, ma possiamo immaginare abbastanza chiaramente dove saremmo senza di essi». Io per tanti versi intruso, con curiosità ed interesse, mi accingo, a proporre l’ennesimo contributo un po’ da vanesio stante lo stralcio anzidetto.
Oggi nei confronti della tecnica l’uomo è diventato un funzionario. E la politica non è ormai più il luogo delle decisioni. Inoltre la tecnica mette ogni giorno in circolazione una quantità di problemi sui quali tutti noi possiamo avere come non avere competenza. «Ed ancora di questo passo la tecnica rischia di sostituire la democrazia con la retorica. Anche dal punto di vista morale la tecnica pone dei problemi enormi». In poco più di un’ora, tramite uno strumento libero creato per diffondere cultura e democratizzare l'accesso al sapere, si può ascoltare la completa conferenza: Festival della filosofia Instabilità L'uomo nell'età della tecnica di Umberto Galimberti.
Immagine: https://goo.gl/iaqnlC