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Ricerca della verità. La «dotta ignoranza».

03/04/2017 19103 lettori
4 minuti

Negli anni, si è prestata assidua attenzione, allo svolgersi delle «grandi mostre di Villa Olmo» a Como. Anno per anno in una qualche maniera si è cercato di lasciar traccia, nell’intento di conoscere, per quanto possibile, sia l’allestimento, sia la gestione: null’altro, in coscienza, si era in grado di capire per dotta ignoranza[1]. Concetto, «dotta ignoranza» che si riconnette esplicitamente a Socrate che «credette di sapere solo di non sapere». Rappresentazione mentale, «dotta ignoranza» che innanzitutto è il punto di partenza della conoscenza, come «il giusto atteggiamento del saggio di fronte alle forme del sapere, poi il metodo, che solo permette di aprirsi al mondo della conoscenza autentica e, infine, la consapevolezza del valore necessariamente parziale di ogni sapere positivo, che può solo avvicinarsi alla verità delle cose senza mai poterla raggiungere». Dotta ignoranza nell’omonima opera del 1440 precisata e approfondita in seguito: quale attività del Cusano, che si rivolge, oltre che all’ambito filosofico-teologico e matematico, anche a progetti di riforma politica.

In tutte le cose vediamo che sussiste per un dono divino un desiderio naturale di essere nel modo migliore che la condizione della loro natura consente e le vediamo operare a questo fine e disporre degli strumenti adatti. […] Tutti quelli che cercano la verità giudicano ciò che è incerto mettendolo in proporzione con il certo. Ogni ricerca è, dunque, comparativa, in quanto impiega come mezzo la proporzione. Il giudizio conoscitivo è facile, quando ciò che si indaga si può mettere a confronto con ciò che è certo, mediante una riduzione proporzionale approssimata. […] Ogni ricerca consiste, pertanto, in una proporzione comparativa, facile o difficile; perciò l’infinito come infinito, sfuggendo a ogni proporzione, è ignoto. Ma poiché la proporzione stabilisce insieme la convenienza e l’alterità in un’unica cosa, non può intendersi senza il numero. […] Per questo forse Pitagora riteneva che tutte le cose sono costituite e comprese per mezzo dei numeri.

Ma la precisione delle combinazioni nelle cose corporee e il congruo adattamento del noto all’ignoto, supera la ragione umana, sicché Socrate credette di sapere solo di non sapere, mentre il sapientissimo Salomone sosteneva che tutte le cose sono difficili e inesprimibili con il linguaggio. […] Se è così e se, come afferma il profondissimo Aristotele nella filosofia prima, anche nelle cose per natura più evidenti ci imbattiamo in difficoltà come uccelli notturni che tentano di vedere il sole, allora – se il nostro desiderio non è vano – ciò che desideriamo è sapere di non sapere. Se potessimo giungere a tanto, avremmo la dotta ignoranza. Nessun’altra dottrina più perfetta può sopraggiungere all’uomo (anche più diligente) oltre quella di scoprire di essere dottissimo nella sua propria ignoranza: e tanto più uno sarà dotto, quanto più si saprà ignorante. (Niccolò Cusano).

 

Fonte: goo.gl/7ruVnA

 


[1] La cosiddetta dotta ignoranza e la cosiddetta ignoranza invincibile.

  1. Per dotta ignoranza (significativa contraddizione: “dotta”/”ignoranza”) s’intende quella situazione in cui non si è mai ricevuto l’annuncio cristiano, per cui si è in uno stato d’ignoranza incolpevole, ma nello stesso tempo si desidera intimamente (ecco perché si parla d’ignoranza “dotta”) aderire alla Verità che purtroppo non si conosce.
  2. Per ignoranza invincibile s’intende invece quella situazione in cui si è ricevuto l’annuncio cristiano, ma lo stato d’ignoranza è tale (“invincibile” appunto) che non si può superare. Per esempio, un uomo semplice completamente condizionato dal contesto ambientale e culturale e che quindi non ha la possibilità di capire dove sta la verità e dove sta l’errore.

 

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.