Raiz: io, italiano al 100%, cittadino del mondo
Dagli esordi con gli Almamegretta nel 1992 fino alla decisione di intraprendere la carriera solista con l’album "Wop": Raiz (vero nome, Gennaro Della Volpe) ne ha fatta di strada. Lo abbiamo intervistato, e dalla nostra chiacchierata sono uscite fuori tante cose interessanti. Compreso il fatto che Raiz potrebbe presto riunirsi agli Almamegretta...
Ti esibisci spesso nell’ambito di serate universitarie: qual è il tuo rapporto con i ragazzi universitari?
«Ottimo, direi, anche perché già con gli Almamegretta ci rivolgevamo a loro. Non si è trattato di una cosa intenzionale, ma semplicemente ci è capitato più volte di suonare davanti a questo tipo di pubblico. Noi stessi, del resto, quando abbiamo cominciato avevamo l’età dei ragazzi universitari: poi siamo cresciuti, e con noi è cresciuto anche il nostro pubblico».
Questo è il tuo primo tour da solista. Quanto ti rappresenta?
«Al 100%. Il titolo del mio primo cd da solista, "Wop", significa "without passport", ed era il soprannome con cui erano chiamati negli Stati Uniti gli emigrati italiani che lavoravano senza documenti. Io mi sento italiano, ma anche cittadino del mondo. Considero "Wop" come qualcosa che mi calza davvero a pennello: è un diario di viaggio, è come se io avessi lasciato una casa solida per immettermi in un sentiero impervio. Sicuramente, mi rappresenta del tutto, non come certi pezzi degli Almamegretta in cui mi rispecchiavo al 25%».
Come mai? Cosa accadeva in quei casi?
«Accadeva che a volte l’idea di un pezzo partiva da un campione di D.Rad o dalla ritmica di Gennaro T: le cose erano sempre diverse, e anche se tutti i dischi che abbiamo fatto li sento comunque miei, non c’è dubbio che senta di più i pezzi che sono partiti da me. Infatti, sono quelle le canzoni degli Almamegretta che propongo ancora oggi dal vivo nei miei concerti».
Molti hanno visto, tra le influenze di "Wop", una forte somiglianza con Mango...
«Sì, è vero. È stata una cosa naturale. Mango ha un modo di cantare molto mediterraneo, nel quale io mi identifico appieno. Personalmente ho sempre fatto canzone mediterranea, ma in dialetto: in italiano è diverso. Se sono riuscito nel mio intento lo devo a Mango: lo apprezzo, ha fatto delle belle cose. E poi naturalmente c’è anche Pino Daniele».
Già... con Daniele hai duettato nel 1999 per il brano "Ladro d’amore". Collaborerete ancora insieme? E con quale altro artista ti piacerebbe collaborare?
«Beh, se Pino vuole, io sono sempre contento. Ho anche una mezza idea da proporgli. Il problema è che lui è sempre impegnatissimo. Quest’estate mi ha voluto per aprire il suo concerto in piazza Plebiscito, a Napoli. Per quanto riguarda altre collaborazioni, me ne piacerebbe qualcuna che sia dall’altra sponda del Mediterraneo».
Nel tuo percorso artistico hai vissuto diversi cambiamenti, non solo musicali: sei passato dalle etichette indipendenti alle major, hai suonato nei centri sociali e ora ti esibisci anche nelle discoteche. Non è un po’ anacronistico tutto ciò?
«Dipende da come viene considerata la cosa. Io non sono mai stato un militante. Con gli Almamegretta abbiamo suonato nei centri sociali perché ci era stato richiesto, per solidarietà, e invece siamo stati identificati come un gruppo da centro sociale. Nel ’94 ci esibimmo al concerto del Primo Maggio in piazza San Giovanni, e ci dissero di tutto: che ci eravamo venduti, che eravamo al servizio dei sindacalisti, ecc... Invece noi eravamo andati a suonare lì semplicemente perché ci avevano chiamato, tant’è che con l’occasione parlammo anche della minaccia di sgombero del Centro Sociale Officina 99».
A proposito degli Almamegretta, ti rivedremo mai con loro?
«Sì, molto presto. Il 29 dicembre ci sarà una reunion all’Auditorium di Roma, e non è detto che a breve non esca qualcosa di nuovo. Ci siamo rivisti poco tempo fa, abbiamo un po’ di idee».
In ultimo, una domanda sulla crisi della discografia: cosa ne pensi? Secondo te il supporto è destinato a scomparire?
«Se scarico dalla rete, è normale che i supporti intermedi siano tagliati. Un prodotto come iTunes sta sicuramente regolamentando una situazione un po’ anomala, ed è una buona cosa: infatti, se io musicista devo percepire reddito in modo da poter continuare a lavorare con la mia arte, ma c’è qualcuno che "ruba" la mia musica, come faccio ad andare avanti? Già ora stiamo assistendo ad una restrizione del mercato discografico: vendere 30.000 copie, come accadde agli Almamegretta con "Anima migrante" (il loro primo cd del 1993, n.d.r.), ora non è più semplice come prima. Anche a livello di concerti, si fanno meno date di prima. Tutto questo perché la gente compra meno dischi e il music business subisce una flessione. Solo persone come Vasco Rossi, che vendono comunque tanti album, non sono toccate da questo problema».