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Essere comunicatori pubblici europei

25/04/2005 11394 lettori
3 minuti

Con la firma della Carta di Bologna, il protocollo di cooperazione tra le Associazioni nazionali di Comunicazione Pubblica, nasce la Federazione Europea delle Associazioni di Comunicazione Pubblica (www.feacp.org) con l’intento di promuovere la cultura della comunicazione all’interno della pubblica amministrazione e valorizzarne le professioni a livello internazionale. È il 5 novembre 2004, in occasione dell'undicesima edizione di Com-PA.

Da allora, la Feacp ha stabilito un intenso programma di iniziative per il 2005 in diversi stati dell'Unione, che culmineranno nell'incontro di tutti i comunicatori pubblici europei il 3, 4 e 5 novembre a Bologna durante la prossima edizione di Com-PA.
Il primo appuntamento ufficiale si è tenuto a Roma, presso la sede della Commissione Europea, il 25 e il 26 febbraio scorsi. Nel corso della due giorni romana, è stata ribadita la necessità di una politica integrata di comunicazione a cui la Federazione intende dare un contributo effettivo. Per cominciare ogni Associazione aderente alla Feacp preparerà, nei prossimi mesi, un rapporto sullo stato della comunicazione pubblica nel proprio Paese.

In attesa dei dati relativi a Francia, Spagna e Belgio, primi firmatari della Carta di Bologna, esaminiamo intanto come è nata e si è sviluppata la comunicazione pubblica in questi paesi europei.

 

In Spagna la costituzione sancisce il diritto di informazione, educazione e formazione, ma manca una normativa specifica in materia di comunicazione. Lì è nata Dircom, un’associazione che riunisce tutti i professionisti della comunicazione, pubblici e privati.

“La comunicazione all’interno della pubblica amministrazione spagnola è ancora molto legata all’improvvisazione – spiega Rose Marie Losier, delegato generale dell’Associazione. “I responsabili della comunicazione non accedono alla funzione per concorso pubblico ma vengono designati dai politici”. Ciò accade anche perché non esiste un percorso di studi universitari adeguato che insegni la professione del comunicatore, né è previsto l’obbligo o la facoltà di fare formazione continua per chi già svolge l’attività.

Dircom si è dotata di un codice di pratica professionale che, lungi dall’essere un codice deontologico, è riconosciuto e rispettato solamente dagli associati.

L’associazione spagnola, che offre anche un servizio di assistenza giuridica nelle controversie tra i propri iscritti e i loro committenti, è attualmente impegnata sul fronte del riconoscimento della figura professionale e, in ultimo stadio, nella creazione di un albo dei comunicatori.

 

Anche in Belgio manca un quadro giuridico normativo per la comunicazione pubblica; esiste però una legge sulle spese elettorali e una sulla pubblicità e la trasparenza.

Già a partire dagli anni ’80, sono sorti all’interno delle università corsi di studio in comunicazione, al termine dei quali è possibile ottenere la laurea di primo livello in grafica o in tecniche della comunicazione. Manca ancora tuttavia un riconoscimento formale della professione del comunicatore.

In questo Paese, dove la partnership tra pubblico e privato è molto forte per motivi di riduzione della spesa pubblica, l’accesso alle attività di comunicazione all’interno delle strutture pubbliche segue percorsi differenti. “Alle amministrazioni centrali dello Stato – spiega Jacques Moisse, ispettore generale per la Comunicazione della Region Wallonne – si accede tramite concorso per titoli o professionalità valutati da una organismo esterno indipendente. Negli enti locali, invece, i comunicatori vengono assunti direttamente dai politici con un contratto a termine; il ché non garantisce naturalmente una adeguata formazione”.

Così come in Italia, anche in Belgio si è da poco avviata la pianificazione delle attività di comunicazione a livello ministeriale.

 

Altra situazione ancora in Francia, dove un quarto della popolazione attiva è costituita da funzionari pubblici entrati in ruolo per concorso. Accanto a questi, si aggiungono circa 650.000 dipendenti a contratto che rimangono in attività per tre anni. La maggior parte di questi ultimi è fatta proprio da comunicatori.

In ogni istituzione pubblica francese esiste un responsabile della comunicazione ed esiste un istituto per la formazione continua dei dipendenti pubblici. Non esiste però una normativa specifica in materia né viene riconosciuta formalmente la professione del comunicatore. “Malgrado ciò – commenta Pierre Alain Douay, amministratore delegato dell’Association Communication Publique – il numero di comunicatori è in continua crescita”.

Nella patria di Richelieu, l’associazione dei comunicatori pubblici è nata 15 anni fa. “Si tratta di un club in cui possono entrare solo i dirigenti versando un contributo libero” precisa Douay. “Nel 1998 ci siamo dotati di un codice deontologico o, meglio, abbiamo stilato una serie di regole da condividere tra noi comunicatori ma anche da diffondere più ampiamente tra i corridoi della pubblica amministrazione. Perché la comunicazione pubblica deve diventare una conditio sine qua non. Non è cosmetica, magica o futile ma è e deve essere utile, parte stessa dell’attività pubblica”.

In un documento, l’Association Communication Publique chiarisce: la comunicazione pubblica non è comunicazione politica o elettorale, non è propaganda né pubblicità commerciale. La comunicazione pubblica è informazione di pubblica utilità, è informazione sulla salute, è dialogo con i cittadini per favorire la partecipazione e per indicare cambiamenti di comportamento. Deve quindi essere obiettiva ed utilizzare metodi chiari, insegnabili e riproducibili, oltre che produrre risultati trasparenti e quantificabili. “Per fare comunicazione pubblica non servono guru – ammonisce Douay – bastano professionisti adeguatamente pagati” che, secondo l’Association Communiation Publique, dovrebbero distinguersi in sei profili professionali. Il direttore della comunicazione, con funzioni manageriali e strategiche; il responsabile della comunicazione, figura operativa chiave; il responsabile delle pubblicazioni, che non deve essere un giornalista; il creatore di grafica e audiovisivi; il fotografo o videoasta; il responsabile di progetti multimediali.

 

I prossimi appuntamenti della Federazione Europea delle Associazioni di Comunicazione Pubblica sono a Praga e Liverpool per confrontarsi sulle questioni relative alla formazione e alle professioni, alle relazioni tra la comunicazione e la riforma della pubblica amministrazione, alle diverse strategie comunicative delle Regioni in Europa. A Pisa intanto si è chiuso, il 22 e 23 aprile scorsi, un dibattito patrocinato dalla Federazione sul ruolo dei giovani comunicatori in Europa.

 

L'articolo è pubblicato su Punto.exe, numero 5/2005 - Editrice SEPEL di Minerbio (Bo) www.sepel.it