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La sicurezza basata sui comportamenti.

12/01/2009 13526 lettori
5 minuti

 

Nell’ambito della Campagna Europea sulla valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro per il biennio 2008-2009, il Collegio e l’Associazione dei Periti Industriali e Periti Industriali Laureati della Provincia di Varese, d’intesa con il Dipartimento “Ambiente-Salute-Sicurezza” dell’Università degli Studi dell’Insubria, il 12 dicembre, ultimo scorso, hanno organizzato un seminario con lo scopo di promuovere un processo culturale – gestionale, che diffonda la cultura della valutazione dei rischi e delle loro cause, nonché il rapporto sicurezza – diritto d’impresa. Nell’aula magna dell’Università dell’Insubria con la nutrita partecipazione di periti associati e cointeressati ho potuto partecipare da uditore allo svolgimento dei contenuti della mattinata: ne riassumo le annotazioni della parte preminente assimilata. 

Con il benvenuto ai partecipanti ha aperto i lavori, il Prof. Giordano Urbini, Direttore del Dipartimento Ambiente Salute e Sicurezza. Temi di forte attualità nonché sinonimi di qualità di vita e di benessere sociale, li ha definiti; argomenti la cui importanza si spiega dall’inserimento tra gli elementi centrali della politica sociale dell’Unione Europea. Un excursus, poi, su storia e missione del DASS con l'obiettivo di continuare a promuovere l'attività di ricerca su temi legati al contesto interdisciplinare dell'Ambiente, Salute e Sicurezza: un campo di ricerca vasto, di grande attualità, strettamente connesso alle esigenze di tutela e di armonico sviluppo sociale ed economico del territorio e di grande interesse per gli Enti Pubblici e per l'Industria privata. Nella conclusione, il Direttore del DASS, ha voluto e saputo partecipare l’orgoglio per l'operato del Dipartimento stesso, con piena e totale apertura verso gli interscambi culturali, considerandoli strumento indispensabile di crescita scientifica, professionale e di arricchimento sociale

A seguire gli altri interventi, tutti interessanti: degni di nota e di approfondimento - a me più pertinenti - sia la relazione del presidente del collegio dei Periti Industriali Giorgio Tilli, sia l’esposizione del Consigliere Mario Banfi. Il primo sul tema progettare e gestire la sicurezza: dal fattore umano all’organizzazione e gestione migliorativa della stessa.«La cultura della sicurezza va vissuta come una scelta individuale di vita esportata all'esterno dell'impresa per avvantaggiare tutti e per contribuire a diminuire il rischio di incidenti - ha commentato Giorgio Tilli presidente del collegio -. Possedere una cultura della sicurezza significa avere un atteggiamento attivo, partecipativo nei confronti della prevenzione degli infortuni e della tutela della salute, significa applicare con attenzione le regole comprendendone il valore e assumere in prima persona la responsabilità e condividerla». Il secondo sul tema: informazione e formazione per una sicurezza comportamentale. «Cambiare la "cultura" non basta. Il 76 per cento degli incidenti è causato da comportamenti imprudenti - ha aggiunto Banfi -. Il comportamento è ciò che una persona fa per essere sicura o esporre se stesso a rischio. Per questo occorre integrare i programmi di prevenzione con un lavoro psicologico di sicurezza comportamentale. È il nostro modo di pensare che deve cambiare».
 
È emersa abbastanza chiaramente la tendenza a promuovere la sicurezza basata sui comportamenti, che rappresenta allo stato attuale la più efficace metodologia esistente per ridurre gli infortuni sul lavoro, attraverso la riduzione o l’azzeramento dei comportamenti e delle azioni insicure. Implicita la sollecitazione ad utilizzare il metodo Behavior Based Safety: disciplina rigorosamente fondata su leggi scientifiche del comportamento umano. Solidale e compartecipe all’iniziativa, concorde con i relatori, al pensare ed al sentire, sollecitato dai loro stimoli, faccio seguire alcune considerazioni sull’agire. Una riflessione sull’influenza esercitata dal gruppo sul comportamento individuale. Assunto il gruppo stesso in quanto operoso e pratico, nonché arbitro di regole e consuetudini, influente sulla condotta del singolo veicolandone i comportamenti nella direzione della prevenzione dell’infortunio o, viceversa, del suo verificarsi. Un inciso teorico riferito al concetto di «ricerca-intervento» che si propone di comporre, fin dall’inizio, l’esigenza del conoscere con quella dell’agire, la produzione di conoscenza scientifica con il cambiamento della situazione e l’efficacia dell’intervento. «Nell’ambito della dinamica di gruppo più che in qualsiasi altro ambito psicologico, la teoria e la pratica sono legate metodologicamente in modo tale che, correttamente unite, possano fornire delle risposte a più problemi teorici e nello stesso tempo rafforzare quell’approccio razionale ai problemi sociali pratici che è una delle esigenze fondamentali per la loro risoluzione[1]». 
 
Esperienze in tal senso hanno fatto emergere l’utilità del fattore stimolante che solleciti condotte sicure e costanti nel tempo: in altri termini l’urgenza del necessario abituarsi di chi opera, a riflettere con continuità sia sulle attività da svolgere sia sull’ambiente di lavoro presidiato. La premessa dell’opera di prevenzione si configura nella valutazione preventiva del rischio, in base a criteri di giudizio oggettivi. Appare evidente, quindi, che occorra dare alla figura umana del lavoratore quella centralità attorno alla quale ruotano tutte le altre componenti della rischiosità. La preparazione nella fattispecie non è fatta di sola cultura, esperienza lavorativa e formazione psicologica, ma di tutte queste tre componenti e di altro ancora. Da tener conto che la formazione non è un insieme di nozioni contenute in un cassetto, ma al contrario è il risultato di un piano organico che tende a strutturare, solidificare e rinforzare in maniera completa. Una simile configurazione è a sua volta un insieme di relazioni tra elementi di vario tipo, imposte seguendo una logica, che producono un sistema funzionante e funzionale. È a questo punto che diventa denso di significati sia il processo culturale – gestionale che diffonda la cultura della valutazione dei rischi e delle loro cause, sia il rapporto sicurezza – diritto d’impresa; inserendo quest’ultimo nel contesto della responsabilità sociale d’impresa: un’azienda che adotti un comportamento socialmente responsabile, monitorando e rispondendo alle aspettative economiche, ambientali e sociali, coglie anche l’obbiettivo di conseguire un vantaggio competitivo e a massimizzare gli utili di lungo periodo.
 
Una competitività che diffonde quel senso di appartenenza e quello spirito di emulazione tra i dipendenti tutti, induce prontamente un criterio quale elemento caratterizzante, nell’attività pratica, per orientare i singoli e di conseguenza i gruppi, verso la composizione di un comportamento il più possibile immutabile. Ottenuta tale costanza nella condotta, non sarà ritenuta perdita di tempo iniziare ogni attività lavorativa con sistematiche riflessioni dei gruppi in sito, per sancire la composizione delle squadre, la disponibilità di materiali ed attrezzature appropriate; nonché compiere una ricognizione sia delle attività da svolgere sia dell’ambiente di lavoro presidiato. Imperniare di fatto ogni inizio di giornata e/o di attività, a ripercorrere in un certo qual modo la propria esperienza esplicitandone pratiche e strategie utilizzate, può e deve essere il passaggio da una «responsabilità singola e/o individuale» ad una «responsabilità collettiva» con l’obiettivo di accompagnare l’organizzazione in un percorso di costruzione condivisa dove le giuste istanze vanno coniugate con le attenzioni sociali ed ambientali nell’ottica di uno sviluppo sostenibile.
 
 

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.