Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

I racconti delle risorse Umane...

25/02/2011 29697 lettori
5 minuti
Dopo aver conosciuto Sara, continuai a vagare per Milano.
Come lei, avevo sognato una carriera possibile, una crescita professionale magari. Eppure mi ritornava in mente l’immagine della mia testimone: il mio direttore generale commossa per me, sebbene qualche giorno prima avesse dato il mio lavoro a un altro.
Che rabbia, che rabbia!!!
Dopo qualche giorno, la rabbia era ancora intatta ma almeno avevo riposato un po’.
Decisi di cambiare città e tornai in aeroporto.
Lì, in sala d’attesa, conobbi Marina e la sua storia.
 
 
 
-          Svegliati, svegliati. Devo parlarti!
 
Lo fece scendere dal letto rapidamente, quasi si trattasse di un’emergenza. Alle tre di notte non poteva che trattarsi di un’emergenza.
 
-          Tesoro, che succede..non stai bene?
-          No, Papà. C’è che ho trovato il coraggio di dirti una cosa
-          A quest’ora? Perché non ne parliamo domattina con calma?
-          No, ora. È il momento!
 
Si sedettero attorno al tavolo della cucina e Marina svuotò il sacco delle emozioni e delle scelte razionali. Era arrivato il momento di cambiare facoltà. Aveva tentato di studiare Economia, e pure per tre anni. Ma nulla.
Non era quella la strada. Il desiderio d’infanzia di studiare Lingue non era scomparso. Era fermo lì.
 
-          Ti prego, mettimi alla prova solo per un anno. Solo uno! Poi ti prometto che ritorno a Economia…se…beh, se non ingrano…
 
Forse dipese dall’ora tarda, ma ebbe il permesso.
Via allora! Partenza, valigia e tanto voglia di farcela!!
 
Semiotica generale, Letteratura Inglese I, Tedesco avanzato, 30, 28, 30 e lode…lode. Lodi, tante lodi. Lodi sul libretto, lodi per l’autostima. Lingue era la giusta strada, alleluia!
 
La speranza nacque in questo modo, col primo voto positivo. Era una speranza piccola eppure già viva e orientata a proseguire la strada dello studio. Gli esami non bastavano: Lingue era una missione ed era utile da insegnare agli altri. Del resto, prendendo l’autobus ogni mattina, Marina si ripeteva “Se non comunichi con tutti, non esisti. Se parli la lingua degli altri Paesi, azzeri le distanze!”
Ok, ok, il costo di questi pensieri era vivere sola in una regione, lontano da casa, e non avere gli amici con sé. Ma quando ti senti di fare davvero qualcosa, sei un pazzo se non segui quella voce!
 
-          Papà, mi hanno proposto di collaborare con la cattedra di Inglese I anche se non mi sono laureata ancora!
 
Il Papà, la sua famiglia, provarono un’emozione opposta, quasi drammatica: felici per l’opportunità della figlia, tristi per il rischio di perderla. Ma le famiglie sono così…ti prendono per mano, ti aiutano finchè possono…poi osservano il volo, e non fa niente se devono fare sacrifici per farti volare più in alto. I genitori darebbero la vita per non vedere mai un atterraggio, ma solo il decollo.
 
Marina il primo anno ebbe un bel co.co.co.. iscrizione alla gestione separata all’I.N.P.S. e una prima tacca splendente sul curriculum.
Il secondo anno, fu disastroso. Solo scarsi occasionali come presagi dell’atterraggio.
Il terzo anno, invece, un fantastico co.co.pro. ma come mai?
Beh, perché si era stancata di lavorare quasi gratuitamente facendo sostenere sforzi economici ai genitori per mantenerla. Quindi, si era impuntata col Professorone e aveva espressamente detto che non avrebbe corretto compiti e seguito tesisti fino a quando non sarebbe stato pronto un contratto.
Così fu, contratto pronto! Ma insieme al contratto c’era anche un biglietto di sola andata verso la disoccupazione.
 
Cosa è successo: La risorsa Umana ha dovuto sostenere una gavetta troppo costosa. Si è ritenuto opportuno pretendere e aspettarsi una forma di collaborazione gratuita, sapendo che la famiglia della risorsa avrebbe provveduto all’aspetto economico. In questo modo è stata azzerata la dignità di un nucleo familiare.
 
Cosa pensa Marina oggi: Forse avrei dovuto far dormire Papà quella notte. Anche se…anche se ho studiato Lingue e ne sono felicissima. Ok, qui non è andata però ho maturato delle competenze. Forse qualcosa in più la so fare e magari non è il caso di vedere il bicchiere mezzo vuoto. Prendo il volo del “mi rimetto in gioco” senza spaventarmi se gli scali saranno numerosi. Questa è la precarietà purtroppo ma almeno potrò viverla e affrontarla con chi mi ama.