Un pensiero (e qualche dato) sullo Smart Working nei giorni del Corona Virus
In questi giorni si è fatto un gran parlare, più o meno a proposito, di Smart Working a causa dell’emergenza Corona Virus che ha costretto le organizzazioni a gestire in modo improvviso la difficoltà di fare accedere i propri dipendenti al posto di lavoro.
Nella realtà, come molti giustamente hanno osservato, si è trattato in larga parte di Remote Working più che di una gestione diversa e flessibile degli spazi e dei tempi. Altri si sono lanciati invece in una rivendicazione del fatto che “io lo faccio da anni”, il che magari è vero ma che non aggiunge necessariamente sostanza al dibattito.
Di sicuro, dato che la necessità aguzza l’ingegno, sono stati scoperti o più spesso sono stati valorizzati molti strumenti che spesso le organizzazioni già hanno in casa per le video conferenze o per la collaborazione sui documenti, mostrando che anche questo modo di lavorare è possibile e non necessariamente meno efficiente. Un fatto sicuramente positivo, anche se non applicabile a tutti i contesti.
Come ho scritto di recente, in realtà però non basta introdurre un tool per fare una trasformazione: serve consapevolezza e una solida visione comune per tutti i dipendenti che faccia sì che seguire gli obiettivi anche in assenza di un faccia a faccia sia naturale ed efficace, così come lo diventa usare strumenti tecnologici che si comprendono, si governano e non solo si subiscono.
Fatto questo breve commento, vi lascio con qualche dato in forma di infografica sullo Smart Working in Italia a cura dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.