La gestione della televisione pubblica in Italia e all’estero
Dopo il cambiamento all’interno del consigli di amministrazione della Rai di pochi giorni fa, nel quale il Ministero del Tesoro ha sostituito il consigliere Petroni con l’attuale Fabiano Fabiani, sono scaturite le solite polemiche sulla libertà di informazione partite dai banchi dell’opposizione del parlamento. I partiti di centrodestra hanno presumibilmente ottenuto almeno la memoria corta dalla perdita delle elezioni, in quanto loro stessi durante il loro governo precedente avevano monopolizzato la dirigenza Rai con personaggi a loro vicini politicamente. Questo però non giustifica il comportamento del governo Prodi, una posizione esplicata in un ottimo editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera (Il patto stracciato / 12.09.2007), altrimenti la pluralità dell’informazione e la qualità del servizio pubblico (che dovrebbe essere fatto per noi, gli italiani, e non per la classe politica), su di cui all’epoca del governo Berlusconi si era tanto polemizzato, viene completamente a mancare.
Per superare le critiche rivolte all’operato del momento di una parte politica o dell’altra, dato che il sistema attuale, in cui la classe politica di maggioranza ha il sostanziale controllo di un servizio pubblico (lo ripeto appositamente), si presenta come pieno di lacune e problematiche, è necessario formulare proposte che portino ad un cambiamento e possibilmente ad un miglioramento in direzione pluralistica, democratica e soprattutto in favore del cittadino, su cui lo stato si basa.
A questo fine, invece di formulare proposte pompose di cui non riuscirei a reggere il peso delle affermazioni, ritengo più opportuno osservare il proprio vicino di casa, analizzarne le caratteristiche, i pregi e i difetti, e casomai prenderne in prestito gli aspetti più interessanti che possano essere utili per la nostra causa. Tutta questa introduzione vuole solo fare da presentazione ad una breve analisi del sistema televisivo pubblico (in particolare le loro forme di gestione) di alcune altre nazioni europee, precisamente Gran Bretagna, Germania e Spagna, attraverso le quali è forse possibile fare una riflessione sul nostra attuale situazione in materia.
GRAN BRETAGNA
La BBC (British Broadcasting Corporation) è basata sulla Royal Charter, uno statuto reale approvato nel 1927 che viene riveduto ogni dieci anni. Fino alla fine dell’anno scorso l’emittente britannica è stata amministrata da una “Board of Governors” nominata dalla regina (o dal re) con il consiglio del governo in carica, mentre a partire dal 1 Gennaio 2007 questa è stata sostituita da una fondazione, chiamata BBC Trust, completamente indipendente politicamente. Questa fondazione nomina i diversi dirigenti dei canali televisivi e delle sezioni logistiche
La BBC in base ai propri statuti ha l’obbligo di mantenere un alto livello qualitativo, educativo e di intrattenimento nella produzione e messa in onda dei propri programmi, tenendo sempre presente le aspettative e preferenze del pubblico. Gli spettatori sono tenuti nella massima considerazione attraverso la possibilità di formulare reclami contro la programmazione che devono essere obbligatoriamente discussi e risposti da un comitato apposito, inoltre tutti gli abbonati possono partecipare alle sedute dell’assemblea generale dell’emittente con la possibilità di formulare proposte o critiche.
GERMANIA
Dopo la fine della seconda guerra mondiale la Germania si dotò di un sistema radiotelevisivo di tipo federale per cercare di evitare altri utilizzi impropri dei mezzi di informazione. Invece di una amministrazione centrale, vennero fondate una serie di sezioni corrispondenti alla suddivisione regionale con il compito di produrre programmi, coordinati in seguito a livello nazionale, sulla prima rete (Das Erste). Questa organizzazione, che prende il nome di ARD (Arbeitsgemeinschaft der öffentlich-rechtlichen Rundfunkanstalten der Bundesrepublik Deutschland / Comunità degli enti pubblici radiotelevisivi della repubblica federale tedesca), non ha dunque un vero e proprio direttore, ma solamente un coordinatore delle attività delle diverse sezioni regionali. In ognuna di queste si trova un direttore generale (Intendant) e un consiglio di amministrazione, i quali vengono eletti da un consiglio direttivo (Rundfunkrat). Questo è composto da una rappresentanza della maggior parte delle voci della rispettiva regioni, ovvero da membri rappresentanti del parlamento, delle associazioni religiose e laiche, delle federazioni sportive, da rappresentanti eletti dal pubblico, dai sindacati e dalle associazioni degli imprenditori, in modo da poter essere considerato come un organo veramente pluralistico che tenga in considerazione tutta la popolazione tedesca.
SPAGNA
Il sistema radiotelevisivo spagnolo è stato da poco riformato dal governo Zapatero con l’intento di conferirgli una maggiore autonomia politica e decisionale. Mentre infatti precedentemente il consiglio di amministrazione veniva deciso dal governo, attraverso la nuova riforma esso viene scelto in parte dalle forze politiche (due membri al parlamento e due al senato, ma con l’approvazione di almeno due terzi della rispettiva camera e un mandato di sei anni, sfasato dalle scadenze di legislatura) e in parte dai sindacati e dal consiglio audiovisivo (rispettivamente due membri). Inoltre il direttore generale, sebbene sempre eletto dal consiglio di amministrazione con i due terzi della maggioranza, deve presentare la propria candidatura attraverso concorso pubblico, in modo da permettere una possibile trasparenza nella scelta dei candidati. Attraverso queste riforme si è cercato di permettere una possibile autonomia del sistema televisivo pubblico dai cambiamenti politici del paese, al fine di permettere un’informazione plurale e libera senza alcuna influenza esterna.
L’analisi del sistema di gestione della televisione pubblica da parte di questi tre paesi mostra come in Europa sia in atto un processo di separazione delle emittenti statali dalle influenze politiche del governo, con l’intento di creare un servizio rivolto più al pubblico che agli interessi personali dei partiti. L’Italia sembra muoversi nella stessa direzione attraverso il decreto di legge Gentiloni sul riassetto della televisione che dovrebbe risolvere e superare le incongruenze della legge Gasparri attraverso la creazione di una “Fondazione RAI” con un consiglio direttivo più pluralistico in parte basato sul modello tedesco, ovvero con lo scopo di rappresentare tutte le aree della società italiana. Il decreto potrà ovviamente ancora subire modifiche nel corso dell’iter parlamentare di questo autunno, le quali potranno essere sia positive che negative, ma si spera che le caratteristiche positive degli altri paesi vengano prese in considerazione e utilizzate per offrire agli italiani un migliore servizio pubblico.