I social media danno diritto di parola a tanti di noi.
«Rivoluzione non c'è scelta», un imperativo certamente dettato dall’esasperazione. Figurarsi quanti per lo stesso risentimento, ci si vorrebbe associare. Evidentemente manca la conoscenza specifica per un’influenza appropriata. Basta pensare che si cominci a essere in tanti a voler acquisire nozioni specifiche per soluzioni adeguate. Evidentemente una moltitudine di motivazioni induce a esacerbare, seppur con atti provocatori, una situazione certamente mal gestita prima ancora d’esser capita. Fa specie l’istigazione, per certi versi rancorosa: «I social media danno diritto di parola a tanti di noi che prima parlavamo solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Eravamo subito messi a tacere, mentre ora si ha lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel». Si omette l’epiteto, vista la caratura dello scrivente certamente eloquente. Ragion per cui rispettosi riportiamo di seguito quanto finora abbiamo cercato e trovato congruo al nostro modo di vedere: la conoscenza, essendo in primis un evento «tacito», è qualcosa cioè di difficilmente afferrabile ed esprimibile. Spunti di riflessioni in base alla conoscenza tacita che è propria; forte di una derivante intuizione, ci si continua a predisporsi, per un possibile apprendimento, verso quei contenitori di conoscenza esplicita che capitano nel corso della vita.
«L’oceano d’internet è pieno di rotte impervie, bisogna avere occhi acuti e senso critico, ma soprattutto bisogna avere un punto da cui salpare». Orientare l’interesse all’osservazione dell’agire politico e all'oggettiva realtà sociale ed umana: una passione che mi ha portato a secondare lo «sviluppo della cultura come vettore d’emancipazione». Ho cercato con discernimento di seguirne gli eventi in città: utile l’ascolto dei promotori nelle loro prolusioni, come pure osservare, per quanto possibile, i comportamenti durante l’organizzazione e l'allestimento degli eventi. Ogni opportunità potutane derivare, è servita per orientare le mie ricerche di approfondimento, finalizzate all’auspicabile condivisione. Sedotto da ingenua fiducia, basilare trovo la possibilità di documentarsi via internet. «Wikipedia e il movimento del free software offrono anche qualcosa di molto più impercettibile: una maniera di socializzare e stare insieme che invita alla condivisione».
La Terza rivoluzione industriale secondo Jeremy Rifkin, rappresenterebbe l’ultima fase della grande saga industriale e la prima di un’emergente era caratterizzata dalla condivisione. Essa non sarebbe altro che «l’interregno fra due periodi della storia economica: il primo caratterizzato dal comportamento industrioso e il secondo dal comportamento collaborativo». Il finanziere Bernard Baruch una volta disse: «Se la sola cosa che hai è un martello, alla fine il mondo ti sembrerà un chiodo». Oggi potremmo parafrasare questa battuta dicendo: «Se la sola cosa che abbiamo è un personal computer collegato a Internet, alla fine il mondo ci sembrerà una rete di relazioni».
«Il punto è che l’aumento della connettività ci sta rendendo sempre più consapevoli di tutti i rapporti che compongono un mondo così complesso e vario. Una nuova generazione sta cominciando a vedere il mondo sempre meno come un deposito di beni da espropriare e possedere, e sempre più come un labirinto di relazioni cui accedere. In che modo, dunque, sceglieremo di usare la nostra coscienza relazionale appena acquisita? È interessante notare come, proprio mentre cominciamo a sviluppare una consapevolezza relazionale della coscienza, cominciamo anche a capire la natura relazionale delle forze che governano il pianeta ». (Jeremy Rifkin, La civiltà dell’empatia, p.550)
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