La donna del mare di Ibsen
E’ in tournée per l’Italia il famoso dramma di Ibsen, portato sulla scena da Elisabetta Pozzi, straordinaria attrice, già protagonista di indimenticabili performance in ruoli femminili di grande complessità. “Il terribile spaventa e attira ad un tempo” così Ellida, la protagonista, dice del mare, lei che è cresciuta in un faro di cui suo padre era guardiano. E timore ed attrazione sente pure per lo Straniero, un marinaio che ha frequentato per qualche tempo, mentre la sua nave era alla fonda per un’avaria e che poi era dovuto partire perché ricercato per omicidio. Prima di andarsene, però, aveva gettato assieme a lei in mare due anelli, come una promessa. Anni dopo, con Ellida sposata ormai ad un altro, un brav’uomo, un medico, il fantasma dello Straniero ritorna da un passato creduto morto, per rivendicare i suoi diritti su di lei. Non c’è un attimo di calo di tensione in questa messa in scena del teatro stabile di Torino, con la straordinaria interpretazione di Elisabetta Pozzi nel ruolo principale, l’ottima prova di Antonio Zanoletti nella parte di Wangel, il marito, e la bravura generale di tutti.
Gustosi i personaggi di contorno: il professore non più giovane che ritorna al villaggio per cercare di convolare a nozze con una sua ex-allieva; lo scultore narcisista che malato ai polmoni che si rallegra del suo male “perché così tutti sono gentili con lui”, e sogna una donna che sacrifica tutta la sua esistenza a lui ed alla sua arte; le figlie del primo matrimonio di Wangel, una tutta casa e sacrifici, ma che si sposerà per interesse, l’altra, con un senso dell’umorismo a dir poco morboso. In un’intervista, la Pozzi ha dichiarato di essersi ispirata per la parte ad attrici come Meryl Streep, Nicole Kidman e Julianne Moore, e in effetti il suo è un personaggio molto moderno, una donna inquieta, che non sa bene quello che vuole, che cerca se stessa divisa fra il senso della responsabilità e l’amore per l’ignoto. E deve essere lei, e solo lei, a scegliere. La scenografia – una struttura petrosa semi-circolare – sottolinea questo senso di costrizione, questo bisogno di evadere. Il viaggio più difficile è però quello dentro di sé, pericoloso perché l’inconscio è come il mare, e nei suoi abissi abitano creature mostruose e sirene. Un viaggio verso la resurrezione: perché se di un dramma si tratta, quello di Ibsen è un dramma con un finale lieto, ed Ellida, quando si troverà di nuovo faccia a faccia con lo Straniero, troverà finalmente la forza di lasciarsi il passato alle spalle. La luce che illuminerà in scena il marinaio, che fino ad allora era rimasto in ombra, sottolinerà quanto in realtà il ricordo avesse ingigantito ed impreziosito le sue attrattive – in fondo è solo un ragazzotto un po’ rozzo. Così spesso accade: quello a cui aspiriamo ci sembra bellissimo fino a quando ci è inaccessibile; quando finalmente lo otteniamo, ormai non lo vogliamo già più.
Federico Guerrini