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Conferenza Nazionale delle Facoltà e dei Corsi di Laurea in Scienze della Comunicazione

01/04/2005 23070 lettori
6 minuti

Conferenza Nazionale delle Facoltà e dei Corsi di Laurea in Scienze della Comunicazione

in collaborazione con Rappresentanze ed Associazioni studentesche

Relazione letta al 2° Incontro Nazionale dei Docenti e degli Studenti di Scienze della Comunicazione La Comunicazione al lavoro:

profili professionali, mercato del lavoro, progettazione formativa

COM-PA, Bologna, 4 novembre 2004,

Alcuni dati sugli studenti del Corso di laurea in Scienze della Comunicazione

di Salerno e sulla loro collocazione professionale

Paolo Montesperelli1 e Roberto Cordeschi2

1, 2 Corso di laurea in Scienze della Comunicazione e Dipartimento di Scienze della Comunicazione

Università di Salerno, 84084 Fisciano (SA)

1 sociopg@libero.it 2 cordeschi@caspur.it

Il Corso di laurea in Scienze della Comunicazione è nato nel 1990, primo fra i corsi di prima attivazione (Torino, Siena, Salerno, con l'aggiunta di Bologna e Roma). Le sue origini risalgono all'esperienza didattica e di ricerca della Facoltà di Lettere e Filosofia, e in particolare ad un forte gruppo disciplinare di linguistica e linguistica-informatica presso l'Istituto di Linguistica (fondato da Tullio De Mauro a Salerno negli anni settanta). Il Direttore dell'Istituto dell'epoca, Annibale Elia, diviene il primo presidente del CL e successivamente il fondatore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione e dell'omologo Dottorato.

Il CL triennale previsto dai nuovi ordinamenti è stato attivato nell’anno a.a. 2001-2002, e contemporaneamente è stato avviato ad esaurimento il CL quinquennnale. L’attuale CL triennale (a numero programmato) ha confermato la struttura multidisciplinare del precedente, caratterizzandosi per la presenza di insegnamenti dei settori informatico, economico-aziendale e tecnologico, e potenziando i settori socio-comunicazionali, linguistico-semiotici e logico-episteomologico-psicologici. A partire dall’a.a. 2004-05, è stato attivato il CL specialistica in Comunicazione d’impresa e pubblica, articolato in due curricula (Comunicazione d’impresa e Comunicazione pubblica), e successivamente è stata costituita l’Area Didattica di Scienze della Comunicazione.

Nel giugno 2004 il nostro CL è stato sottoposto a valutazione da parte dei valutatori del CRUI con buoni risultati: su cinque dimensioni rilevate, il punteggio medio attribuito al CL è risultato di poco meno di 3 su una scala che va da 0 a 4.

1. Le finalità dell’Osservatorio

Nel 1999, presso il Dipartimento di Scienze della Comunicazione (Direttore: Emilio D’Agostino), è stato istituito lo “Osservatorio sugli studenti e sui laureati in Scienze della Comunicazione a Salerno”.

Il suo scopo è rilevare periodicamente l’intero iter dei nostri studenti, dall’ingresso all’Università, fino alla loro collocazione professionale: concentrare l’attenzione dell’Osservatorio solo sul lavoro post-universitario ci sembrava infatti inadeguato, poiché il lavoro è un’esperienza che sempre più spesso si intreccia con la condizione di studente (Buzzi, Cavalli e de Lillo 2002, 121 ss.)[1].

Con il consolidarsi della riforma e con lo sviluppo del nuovo ordinamento, l’attività dell’Osservatorio prevede varie ricerche: sugli studenti che si presentano al test d’ingresso; sugli studenti iscritti (mediante panel); sui laureati, tramite questionari postali o interviste telefoniche; sulle aziende, come potenziali datori di lavoro dei nostri laureati. Alcune ricerche sono state già realizzate[2] e si ripeteranno in futuro, altre invece sono state appena avviate.

Sebbene i dati raccolti abbiano avuto un immediato utilizzo per la RAV, riteniamo che gli obiettivi cognitivi debbano andare oltre, offrendo un servizio utile al Dipartimento e al CL: sia come attività di ricerca vera e propria; sia per il rapporto col territorio; sia per la progettazione e la programmazione dell’offerta didattica e formativa.

2. Chi vuole immatricolarsi

Quest’anno per la prima volta l’Osservatorio ha raccolto alcuni dati su coloro che si sono presentati al test d’ingresso[3]. In sintesi, la maggioranza (oltre il 54%) proviene dai Licei, mentre poco più di un quarto dagli istituti tecnici o professionali.

Considerando il titolo di studio dei genitori quale indicatore di status socio-culturale, ci pare che la collocazione degli studenti sia abbastanza elevata: infatti quasi il 20% ha il padre e/o la madre laureati e i genitori di un altro 48% hanno conseguito il diploma di Scuola Superiore.

Il 47% si è presentato ad altri test d’ingresso del nostro Ateneo, mentre il 17% ai test di “Scienze della Comunicazione” di un’altra sede; infine, per oltre il 36% questo è stata la prima selezione affrontata.

Il 54% considera gli studi in “Scienze della comunicazione” un’occasione per ampliare la propria cultura generale, mentre un altro 54% vi scorge la possibilità di accrescere le capacità di trovare lavoro[4] .

3. Gli studenti di Scienze della Comunicazione

I dati precedentemente raccolti sui laureati confermano le tendenze illustrate nel precedente paragrafo. Anche l’estrazione sociale dei nostri laureati è medio-alta: i loro genitori sono per il 42% diplomati e per il 25% laureati; loro stessi provengono in gran parte (70%) dai licei classico e scientifico.

Questo dato ci pare interessante, visto che molte ricerche italiane e straniere hanno evidenziato un nesso alquanto stretto fra estrazione sociale, istruzione e ingresso nel mondo del lavoro (Boudon 1973; Cobalti e Schizzerotto 1994; Pisati 2000; Buzzi, Cavalli e de Lillo 2002; Martinelli e Chiesi 2002, 146 ss.; Ranci 2002; Ballarino e Cobalti 2003).

Proprio l’inserimento professionale pare una preoccupazione centrale, che orienta molte scelte e opinioni degli intervistati. Ciò vale sia per gli aspetti del CL giudicati positivamente, sia per le critiche che gli si oppongono.

Il giudizio generale degli studenti sul CL di Scienze della Comunicazione di Salerno è soddisfacente: su una scala da 0 a 10 punti, la media è 7, peraltro in base a valutazioni molto uniformi fra gli intervistati[5]. Più in particolare, il 75% degli studenti intervistati (non ancora laureati) apprezza il carattere interdisciplinare. Seguono: la possibilità di sviluppare la flessibilità e il senso critico; la corrispondenza dello studio agli interessi personali; l’attualità delle discipline insegnate. Si tratta di qualità probabilmente considerate utili per il futuro professionale. Infatti il 70% degli studenti ritiene che gli studi in Scienze della Comunicazione contribuiranno al proprio inserimento lavorativo.

Eppure gli studenti vorrebbero una maggiore attenzione agli aspetti applicativi, immediatamente spendibili nel mercato del lavoro: infatti il 15% lamenta un eccessivo generalismo; un altro 15% denuncia uno scarso contatto col mondo del lavoro; il 41% chiede una maggiore preparazione pratica. Da qui il fatto che più della metà degli studenti abbia finalizzato il piano di studi e la tesi ad un futuro sbocco lavorativo e che alla laurea siano seguite varie iniziative di formazione post-universitaria.

E’ alquanto variegata l’immagine che gli studenti hanno circa le possibilità di assorbimento da parte del mercato del lavoro: il 20% ritiene che la laurea in Scienze della Comunicazione sia conosciuta e apprezzata dai datori di lavoro; per un altro 20% lo “scienziato della comunicazione” è visto con curiosità e con interesse, ma con scarsa conoscenza delle sue potenzialità. Quasi il 60%, invece, ritiene che la laurea in Scienze della Comunicazione sia valutata negativamente nel mondo del lavoro, perché troppo generalista e poco caratterizzante.

Rispetto alle preoccupazioni dei più “pessimisti”, le attese dei datori di lavoro sembrano meno critiche, ed anzi paiono premiare i criteri strategici adottati da “Scienze della Comunicazione” di Salerno: ad esempio, secondo l’indagine sui fabbisogni professionali nel Mezzogiorno Minerva@Vulcano (Unione Europea et al. 2002), le imprese richiedono che l’università garantisca un’ampia base di cultura generale, umanistica oltre che scientifica; e in maggioranza le riconoscono anche il ruolo di formazione professionale avanzata. Quest’ultimo aspetto ci sembra coerente con gli sforzi del nostro CL di porre maggiore attenzione verso le tecnologie della comunicazione (Cordeschi 2003).

4. Il profilo della disoccupazione

Secondo i dati più recenti, solo il 20% dei nostri laureati non lavora, a conferma dell’efficacia occupazionale del CL (cfr. della Volpe 2001, 42-3). La percentuale è sostanzialmente uguale a quella rilevata dall’Istat nel 2001 per il gruppo politico-sociale (Istat 2001, 2; 2003), mentre è la metà circa di quella rilevata da noi nel 1999.

La condizione di disoccupato è non solo minoritaria ma anche intermittente. Come rilevano altre ricerche, si diffonde fra i giovani un modello di lavoro per brevi periodi, in attività ad orario limitato e in impieghi di lavoro occasionale (Buzzi, Cavalli e de Lillo 2002, 122). Anche da noi molti di coloro che oggi non lavorano hanno avuto comunque precedenti esperienze lavorative.

Circa il 30% dei nostri laureati è disoccupato da soli sei mesi; il 40% da un anno e il restante 30% da più di un anno. A detta dei diretti interessati, il lavoro manca per la crisi economica nel proprio territorio di appartenenza (27% dei disoccupati); perché la propria laurea non è facilmente spendibile (21%); per l’assenza di proprie esperienze lavorative precedenti (17%); per la carenza di formazione professionale adeguata alla richiesta delle imprese (16%).

Solo la metà degli intervistati oggi disoccupati ha cercato un lavoro subito dopo la laurea; gli altri hanno attraversato una fase intermedia, di attesa o di formazione post-universitaria.

Un altro dato positivo è che sono davvero pochi coloro i quali si sono scoraggiati e hanno rinunciato a qualunque ricerca di lavoro. Data questa scarsissima consistenza, non ci è possibile osservare eventuali associazioni con altre variabili, quali il genere[6].

Gli altri mostrano una grande capacità di adattamento, accettando talvolta un lavoro estraneo alla propria laurea. Su questa propensione alla flessibilità probabilmente incide anche il riassetto della relazione fra famiglia e lavoro: in tutto il nostro Paese, e forse in misura maggiore proprio nel Mezzogiorno, la presenza di un figlio disoccupato incomincia ad influenzare in modo rilevante la condizione economica delle famiglie; in altri termini, anche le famiglie di estrazione medio-alta – che, come abbiamo visto, sono tipiche di molti nostri studenti – mostrano una minore capacità di svolgere il ruolo di “ammortizzatore sociale” nei confronti della disoccupazione (cfr. Ranci 2002, 52, 57).

Ma la maggioranza dei disoccupati (60%) continua a cercare un lavoro attinente ai propri studi universitari: ci sembra una conferma del fatto che “Scienze della Comunicazione” è frequentata da studenti molto motivati, non disposti a rinunciare ai propri interessi, neppure quando li scoraggia il mercato del lavoro.

5. L’occupazione dei laureati

È attualmente occupato circa l’80% dei nostri laureati (l’Istat 2003 rileva una percentuale nazionale identica fra i laureati in Scienze della Comunicazione). A trovare lavoro hanno impiegato mediamente un anno e mezzo[7], e quasi per nessun laureato sono trascorsi più di due anni.

Certamente questo periodo non è breve. Anzi, le ricerche sulla mobilità sociale in Italia (Schizzerotto 2002, 204 ss.) rilevano che:

  • il tempo di attesa aumenta di coorte in coorte;
  • sono soprattutto i laureati a conoscere il maggiore prolungamento nell’attesa della prima occupazione stabile;
  • questa è una tendenza di lungo periodo, non influenzata da occasionali fluttuazioni economiche o da contingenti perturbazioni del mercato del lavoro.

Tuttavia vi sono alcuni elementi di conforto: un anno e mezzo non è una durata spropositata, se rapportata all’incidenza media della disoccupazione giovanile di lungo periodo nelle regioni meridionali (idem, 209; Buzzi, Cavalli e de Lillo 2002, 124).

Inoltre per i nostri laureati non è stato un periodo di attesa vuoto, inoperoso; infatti appena dopo il conseguimento del titolo, la maggior parte si è voluta dedicare a corsi di formazione post-laurea, allineandosi in ciò con una tendenza diffusa nelle nuove generazioni, che sempre più spesso in tutta Italia si affidano alla formazione extra-scolastica ed extra-universitaria (della Volpe 2001, 85; Buzzi, Cavalli e de Lillo 2002, 100-1).

Dopo questo periodo di attesa, circa un quarto degli attuali occupati è stato assunto mediante contratto di lavoro stabile a tempo pieno[8]. Circa la metà ha un lavoro dipendente. Questo tipo di rapporto è il più ambito, per varie ragioni: perché non è facile costituire imprese in proprio nel mercato locale; e forse perché i giovani ritengono che un lavoro dipendente offra sufficienti garanzie, una base solida, un punto di partenza per esplorare vie più innovative ma anche più rischiose.

Oltre il 90% degli intervistati si dice soddisfatto dell’attuale inserimento lavorativo[9]. Per più del 65% il proprio lavoro è attinente con gli studi universitari intrapresi[10]. Alta è anche la soddisfazione verso la retribuzione e la possibilità di fare carriera.

Le donne però sembrano in posizione più svantaggiata: infatti si dimostrano meno soddisfatte della remunerazione e meno interessate al tipo di occupazione.

Abbiamo qualche dato anche sulle occupazioni svolte: sono soprattutto nell’ambito del giornalismo (17,5%), del marketing (13,5%), dell’informatica (10,3%) e di altre professioni legate alla comunicazione (16,7%), quali la pubblicità, i call center, etc. (Fuccillo 2001-2002). Va emergendo poi il settore della comunicazione istituzionale, con le nuove prospettive aperte dalla legge sugli Uffici stampa e Urp (lg. 150/2000).

L’area del lavoro meno garantito – precario, temporaneo, stagionale o irregolare –ammonta a circa il 40% degli occupati.

6. Proposte

Per quanto questi dati ci sembrino interessanti, essi mostrano almeno due limiti significativi. In primo luogo siamo riusciti a cogliere alcuni sviluppi temporali solo attraverso indagini retrospettive e non longitudinali. Siamo ben consapevoli delle difficoltà, ma il nostro progetto è quello di costituire un panel per seguire uno stesso campione da quando entra all’Università fino al momento del pieno inserimento nel mondo del lavoro.

In secondo luogo, per ora riusciamo a tratteggiare qualche confronto con altre realtà solo per via indiretta o in base a ricerche che hanno adottato definizioni operative purtroppo diverse. Sapendo che gli osservatori di altre sedi universitarie incontrano le stesse difficoltà, ci chiediamo se non sia opportuno esaminare la possibilità di ricerche pluri-sede, cioè promosse, coordinate e gestite in maniera collegiale e paritetica da più CL di Scienze della Comunicazione, il che garantirebbe una comparazione più rigorosa dal punto di vista metodologico e molto più interessante sul piano sostantivo.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

Addeo F.

2000-2001 Scienze della Comunicazione: percorsi e attese, Tesi di Laurea in “Metodologia e tecnica della ricerca sociale” – Corso di Laurea in “Scienze della Comunicazione”, Università degli Studi di Salerno.

AlmaLaurea

2004 Indagine sul profilo dei Laureati dell’Università degli Studi di Salerno. Anno 2003, paper.

Ballarino G. e Cobalti A.

2003 Mobilità sociale, Roma, Carocci.

Boudon R.

1973 L’inegalité des chances: la mobilité sociale dans les sociétés industrielles, Paris, Collins.

Buzzi C., Cavalli A., de Lillo A. (a cura di)

2002 Giovani nel nuovo secolo. Quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, Bologna, Il Mulino.

Caliendo F.

2000-2001 , Gli studenti di Scienze della Comunicazione: condizione e identità degli studenti, Tesi di Laurea in “Metodologia e tecnica della ricerca sociale” – Corso di Laurea in “Scienze della Comunicazione”, Università degli Studi di Salerno.

Cobalti A. e Schizzerotto A.

1994 La mobilità sociale in Italia, Bologna, Il Mulino.

Cordeschi R.

2003 Intervista con il Professor Roberto Cordeschi, in www.comunitazione.it.

della Volpe M.

2001 Le professioni della comunicazione, Roma, Carocci.

Fuccillo M.

2001-2002 I laureati nel mondo del lavoro. Risultati di una seconda inchiesta sugli sbocchi occupazionali dei laureati in Scienze della Comunicazione

Iodice M.

2000-2001 Osservatorio laureati in Scienze della Comunicazione: Uno studio sulla condizione occupazionale

ISTAT

2001 I laureati e il mercato del lavoro. Inserimento professionale dei laureati. Indagine 2001, Roma, paper.

2002 Inserimento professionale dei diplomati universitari. Indagine 2002, Roma, paper.

2003 I laureati e il mercato del lavoro. Inserimento professionale dei laureati. Indagine 2001, Roma, Istat.

Martinelli A., Chiesi A. M.

2002 La società italiana, Roma-Bari, Laterza

Picariello N.

2000-2001 Gli sbocchi occupazionali dei laureati in Scienze della Comunicazione: Risultati di un sondaggio, Tesi di Laurea in “Metodologia e tecnica della ricerca sociale” – Corso di Laurea in “Scienze della Comunicazione”, Università degli Studi di Salerno.

Pisati M.

2000 La mobilità sociale, Bologna, Il Mulino.

Ranci C.

2002 Le nuove disuguaglianze in Italia, Bologna, Il Mulino.

Schizzerotto A. (a cura di)

2002 Vite ineguali. Disuguaglianze e corsi di vita nell’Italia contemporanea, Bologna, Il Mulino.

Unione Europea, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Confindustria

2002 Minerva@Vulcano. Sintesi dei risultati dell’Indagine sui fabbisogni professionali nelle Imprese del Mezzogiorno, paper.



[1] Secondo l’ultima indagine AlmaLaurea, prima della riforma il 56,3% degli studenti della nostra Facoltà aveva avuto esperienze lavorative.

[2] I dati sono stati raccolti e analizzati nelle seguenti Tesi:

Felice Addeo, “Scienze della Comunicazione: percorsi e attese” (2000-2001, sondaggio “faccia a faccia”, campione di 310 studenti a Salerno e 283 a Roma)

Francesco Caliendo, “Gli studenti di Scienze della Comunicazione: condizione e identità degli studenti” (2000-2001, sondaggio “faccia a faccia”, campione di 310 studenti a Salerno e 283 a Roma);

Margherita Iodice “Osservatorio laureati in Scienze della Comunicazione: Uno studio sulla condizione occupazionale” (2000-2001, panel di 68 laureati; intervista telefonica);

Nunzia Picariello “Gli sbocchi occupazionali dei laureati in Scienze della Comunicazione: Risultati di un sondaggio” (2000-2001; sondaggio postale con 176 laureati rispondenti);

Mariaregina Fuccillo, “I laureati nel mondo del lavoro. Risultati di una seconda inchiesta sugli sbocchi occupazionali dei laureati in Scienze della Comunicazione” (2001–2002, interviste telefoniche a 173 laureati). La pluralità di fonti e i diversi anni di riferimento invocano una certa cautela nella comparazione dei dati.

[3] I dati sono stati raccolti ed elaborati dai laureandi Sari Brancaccio e Marco Costanza.

[4] La somma è superiore a 100 perché si tratta di “risposte multiple”.

[5] Secondo l’ultima indagine AlmaLaurea, i punteggi medi attribuiti dagli studenti di tutto l’Ateneo alla propria esperienza universitaria sono sostanzialmente identici (70 centesimi)a quelli che abbiamo registrato. I giudizi degli iscritti alla nostra Facoltà sono leggermente superiori (73 centesimi).

[6] A proposito della volontà di ricercare un primo impiego, Schizzerotto scrive che «nel nostro paese l’appartenenza al genere femminile ha a lungo rappresentato, e in svariati casi tuttora rappresenta, il principale ostacolo in questa direzione (…). [Invece] la coorte anagrafica, le origini sociali, il livello di istruzione e la zona geografica di residenza esercitano influenze erratiche e sostanzialmente trascurabili sulle chance di essersi messi alla ricerca del primo impiego». Peraltro, «l’appartenenza di genere condiziona fortemente, ma con intensità decrescente nel volgere delle generazioni, le opportunità in parola» (2002, 199-200). Quanto più specificamente all’Università, secondo un’indagine nazionale dell’Istat i laureati disoccupati che non cercano un’occupazione sono passati dal 6,5% (1998) al 16% (2001): «Questo si spiega con la sempre maggiore propensione dei giovani a proseguire gli studi oltre la laurea: circa il 30% dei laureati, infatti, risulta iscritto a corsi di studio post-laurea. Nondimeno, i tassi di disoccupazione scendono dal 23,4% del 1998 al 12,4% del 2001, con una riduzione di oltre il 45%» (Istat 2001, 2). Questa indagine si è svolta nel 2001 e il suo campione è costituito dai laureati nel 1998. Un’indagine analoga riguarda i diplomati universitari (Istat 2002).

[7] Secondo l’Istat (2003), nel Sud per i laureati nel gruppo politico-sociale l’attesa è mediamente di 19 mesi.

[8] Secondo l’ultima indagine dello IARD sulla condizione giovanile, nelle regioni meridionali riguarda il 30% degli occupati la stabilità del lavoro sia nella prima occupazione sia in quella attuale (Buzzi, Cavalli e de Lillo 2002, 154). Secondo i dati Istat (2002, 3; 2003), fra i laureati nel gruppo politico-sociale occupati nel 2001, il 3,3% svolge lavoro occasionale, il 31,6% a termine e il 10,2% a part-time.

[9] In base all’ultima indagine dello IARD sulla condizione giovanile in Italia, il 77% si dichiara molto o abbastanza soddisfatto del proprio lavoro attuale (Buzzi, Cavalli e de Lillo 2002, 152). Per l’Istat (2001, 6) 9 laureati su 10 risultano molto o abbastanza soddisfatti sia del grado di autonomia, sia delle mansioni svolte. I livelli di soddisfazione, pur calando leggermente, restano elevati anche nei confronti della stabilità del posto di lavoro (77,8%), del trattamento economico (75,1%), della possibilità di carriera (74,7%). Nel Sud si registrano livelli generalmente più bassi di soddisfazione.

[10] Secondo l’Istat (2001, 5), invece, solo il 45,5% dei laureati del gruppo politico-sociale svolge un lavoro attinente con la laurea. Il confronto di questo dato con il nostro potrebbe indurre a ipotizzare per Scienze della Comunicazione un maggior riconoscimento della specificità professionale nel mercato del lavoro.

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