La noia e le conferenze
La noia e le conferenze
La noia; a conferenze e lezioni io mi sono annoiato spesso e credo di non essere molto diverso dagli altri quanto a questo.
Siccome la noia è credo, a un convegno come a una lezione, una cosa che “non sta bene” far notare è interessante osservare come si mantenga una facciata decorosamente attenta senza in realtà esserlo e di come(e a chi e perché sia concesso farlo) in altre occasioni si dia libero sfogo alla noi.
In particolare cercherò di valutare il ruolo specifico che hanno le manifestazioni di noia nelle conferenze a seconda dei momenti e delle persone.
Analizzando una conferenza e una lezione con occhio “goffmaniano” possiamo dire che gli spunti all’analisi possono anche essere molti.
Scegliendo di analizzare la noia come “incidente” della ribalta dell’equipe io stesso ammetto una mia deficienza, comunico una cosa che contraddice il messaggio (e il personaggio implicito) di questa mia comunicazione, cioè la mia efficienza di studente e la mia “desta” arguzia di sociologo della comunicazione.
Tuttavia, la noia è a mio avviso un cardine della conferenza e di un particolare tipo di conferenza che è la lezione.
Ma come possiamo catalogare la noia e I suoi “effetti” dal punto di vista goffmaniano?
Un pubblico in generale quale personaggio dovrebbe interpretare?
O quale self ci si aspetta dal pubblico?
In una situazione standard ci si aspetta un pubblico attento e silenzioso o mediamente silenzioso (molto dipende dal numero di persone presenti).
Ovviamente questo è quello che ci si aspetta, una convenzione, nulla di più.
Dubito che ci siano regole che impediscono e sanzionano “l’addormentarsi” a lezione o “lo sbadigliare” a un convegno.
E’ una regola che tutti si impongono a priori, senza rendersene conto, prima di andare a una conferenza.
Ma ci sono dei limiti fisiologici all’attenzione e la noia si manifesta a conferenze come a lezioni, come pure in conversazioni faccia a faccia del resto.
Le manifestazioni della noia sono tipiche comunicazioni corporee che contraddicono il personaggio.
Il pubblico di certe conferenze ha un notevole contegno, a volte ci sono spettatori che assumono un aria di importanza che è superiore a quella di molti congressisti.
Per costoro addormentarsi a una conferenza significherebbe infrangere una facciata, una rappresentazione elaborata, infatti mai nessuno dorme nelle prime file di una conferenza all’Archivio Antico al palazzo del BO (Padova).
In quel luogo, quasi sacro a sentire I congressisti, vige una notevole formalità e anche se qualcuno si addormenta sembra che la cosa non venga notata ne dai relatori nel dal resto del pubblico, che collaborano per il mantenimento di una certa definizione della situazione che li accresce di valore.
Addormentasi in quella situazione e dormire in un modo tale che i presenti non possano ignorare il fatto (per es. sbracciati o facendo molto rumore) è un atto che rompe la definizione della situazione in modo definitivo.
Significa dichiarare in modo brutale la propria indifferenza a quello che I relatori stanno presentando.
Dunque (citando “La Conferenza”) secondo E. Goffman ogni conferenziere proietta l’assunto che “mediante le conferenze si possa comunicare un quadro significativo di qualche parte della realtà e chi parla possa avere accesso a una visione che vale la pena comunicare”. Dormendo si dichiara che non si riconosce come valida la visione proposta e che si preferisce fare altro, per esempio dormire ma può essere anche parlare con il proprio vicino.
Seguendo un certo numero di conferenze e lezioni e leggendo le relazioni dei miei colleghi ho potuto notare come il pubblico giochi nei vari livelli di noia, come esso cambi secondo logica il suo livello di attenzione.
In particolare di come metta in atto strategie, per salvare la rappresentazione dell’equipe (in questo caso il pubblico), diverse a seconda delle situazioni.
Il pubblico perde molto facilmente per non dire sempre la propria attenzione con lezioni non interessanti o in cui la lezione viene esposta in modo a mala pena udibile o in un modo tale da non rendere possibile una comprensione minima.
In questi casi è fisiologico che si manifestino segnali di noia e insofferenza.
Il come questi si manifestino è da vedere e da considerare di volta in volta con modalità diverse.
Il tipo di pubblico, gli spazi, l’occasione, il docente o il conferenziere di turno, sono elementi che segnano la differenza (ovviamente) nelle manifestazioni di noia (a una convegno al BO difficilmente un conferenziere si troverà nella situazione di dover rimproverare il suo pubblico per la troppa confusione, ci sono lezioni in cui ciò accade spesso).
Questo perché a differenti situazioni corrispondono diverse definizioni della situazione e a diversi self del pubblico.
A una lezione universitaria rumorosa e affollata non esiste una equipe di tutto il pubblico, solo una piccola parte forma una equipe.
Un’altra grossa percentuale dei presenti non ritiene neppure necessario creare una rappresentazione di pubblico di qualsiasi genere proiettando la conseguente definizione della situazione di totale disinteresse che consente in taluni casi comportamenti come il “sonno scomposto” o le chiacchiere con toni di voce molto alti e via dicendo.
Essendo (le manifestazioni della noia) un elemento che porta una definizione della situazione che va a contraddire l’idea di pubblico che si vuole dare e considerato che in molte tipologie di conferenza il pubblico è stimolato all’attenzione da verifiche, dalla necessità di mantenere un contegno o da altre regole sociali, molto spesso il pubblico manifesta la noia in un fittizio angolo di retroscena.
Creato con “tecniche” variamente curiose che mascherano al docente o al conferenziere di turno le manovre dell’equipe del pubblico.
Rilevato che la segregazione spaziale del pubblico in questi casi è quasi impossibile è ovvio che tale divisione è difficile da ottenere e il risultato oggettivo è quantomeno scadente.
Tuttavia è interessante osservare che molti docenti e conferenzieri accettano che una parte del loro pubblico sia in uno stato di noia evidente fino a quando tale percentuale di persone non turba l’assetto generale della conferenza qui da intendere come rappresentazione.
Fino a quando, cioè, il loro personaggio di oratori non diviene ridicolo (facile immaginare che nessun conferenziere accetterebbe mai di parlare a un pubblico che, pur silenziosamente, non lo ascolta).
In molte lezioni a cui ho avuto modo di assistere il docente redarguiva gli studenti non quando parlavano ma quando il brusio raggiungeva un certo livello.
Ipoteticamente questo avveniva perché il volume poteva coprire la voce del docente ma questa è solo una parte del motivo.
Ci sono docenti che hanno a disposizione aule con impianti audio, nel loro caso, ma non solo, il brusio è una manifestazione di noia che contraddice il loro compito.
Tuttavia non è necessario che il brusio raggiunga un “certo” volume, anche con un brusio minimo è ovvio che una percentuale di studenti non sta seguendo, la contraddizione è comunque presente.
Analogo caso sono quei docenti che non apprezzano che qualcuno durante le loro lezioni si distragga leggendo altro, ma non fanno obiezioni se una persona guarda fuori dalla finestra per tutto il giorno.
Il primo è un comportamento che isola totalmente la persona dal contesto comunicativo in cui è inserito, dichiara che la comunicazione che sta avvenendo non è di alcun interesse, togliendo, implicitamente, valore al docente.
La mia osservazione della noia è stata interessante sotto molti punti di vista.
Molte lezioni erano, non propriamente noiose (non sarebbe ne esatto ne giusto) ma difficili.
Difficili da seguire, da ascoltare, in linea generale la difficoltà era nel tenere alta la soglia attentiva anche se oggettivamente l’argomento era interessante.
Questo è valido sia per conferenze come per lezioni. Se Goffman afferma che un conferenziere deve stare attento a fare si che il pubblico segua la conferenza non per come dice le cose ma per le cose che dice (cito “...certamente l’attenzione degli ascoltatori deve essere catturata per fare scorrere il tempo, ma questo deve avvenire a causa del tema del conferenziere, non delle sue abilità istrioniche [...] non sto dicendo che il pubblico di norma è catturato dall’argomento del conferenziere, ma solo che esso si comporta con qualsiasi cosa da cui gli capiti di essere catturato in maniera tale da non smentire apertamente l’intesa che la cosa da cui si lascia prendere è il testo della conferenza.) è un fatto che molto spesso questo è reso difficile dalla natura della didattica.
Quando questa non è scorrevole, o è intrisa di citazioni, o confusa per lo stesso oratore è naturale che mantenere l’attenzione sia difficile.
Ovvio dunque, dopo un certo periodo di tempo, variabile dalla mezz’ora all’ora (accademica, dunque quarantacinque minuti) che l’attenzione cali e le manifestazioni di noia comincino a mostrarsi.
Ma come è umano non è solo il pubblico ad annoiarsi. Anche la ribalta degli oratori è minacciata dal “pericolo” della noia.
Molto spesso I conferenzieri stessi si annoiano ascoltando i colleghi.
Nel loro caso però la “minaccia” arriva da un fronte diverso.
Essendo come è immaginabile preparati sul tema è il testo (e I relativi commenti parentetici) che può suscitare noia.
Un testo simile a un altro sentito in altre occasioni o similare ad altri o che tratta un tema obsoleto è di fatto noioso.
Inoltre la figura del relatore quando non sta parlando è simile a quella del pubblico con l’aggiunta di una maggiore preparazione non solo sul tema ma sui meccanismi del retroscena.
Dunque è probabile che, se non è un relatore di grande importanza a parlare, il relatore che ascolta non sarà facilmente stimolato da una esposizione a braccio, piena di commenti parentetici di scarsa rilevanza (o bibliografici), che invece possono interessare un pubblico meno preparato.
I meccanismi della noia in questo caso sono subordinati e devono rispettare la struttura della ribalta di tutta la conferenza.
Se è possibile annoiarsi palesemente nelle ultime file di una sala affollata, ciò non è evidentemente possibile per una persona che è visibile da tutta la sala, non senza infrangere la rappresentazione messa in atto dall’equipe della conferenza che delegittimandosi danneggerebbe lo stesso conferenziere annoiato che ci “perderebbe la faccia”, o meglio la facciata che intende trasmettere.
Il mantenimento di un certo contegno è allora indispensabile.
Da considerare (come figure similari) sono, non i soli conferenzieri, ma anche gli assistenti, il presidente che ha il compito di presentare di volta in volta gli interventi (e di ascoltarli, si presume, con vivo interesse) e le varie figure di organizzatori e di patrocinatori, l’equipe della conferenza.
Equipe che ha il compito di mantenere un contegno di importanza e di solennità per tutti gli interventi in quanto delegittimandone uno soltanto incrinerebbe una facciata di importanza che finirebbe per suscitare il dubbio su tutta l’organizzazione.
La segregazione del pubblico che è possibile prima e dopo la rappresentazione non è fattibile con facilità durante la stessa e dunque i conferenzieri come il pubblico si trovano di fronte alla necessità di mascherare la loro noia.
Quella dei conferenzieri è una equipe molto diversa da quella del pubblico.
Si presume (e molto spesso è) che molti di loro si conoscano, vengono mostrati rapporti di confidenza e fiducia professionale.
Risulta pertanto ulteriormente dannosa ogni minimo segnale di noia che dimostra il contrario.
I metodi adottati, per nascondere la noia, in questo caso devono essere, molto meno palesi.
Si vedono conferenzieri che parlottano (cosa ritenuta accettabile), che sistemano carte, che sorseggiano acqua, tutte attività che se in parte sono necessarie e razionalmente spiegabili (sete, disordine dei fogli ecc.) di fatto sono anche evidentemente delle attività per far passare il tempo durante l’esposizione di un collega.
Il tutto avviene sempre con notevole garbo e tranquillità come impone il decoro della loro posizione, ma è possibile che sotto a un parlare fra due persone o al mescolare insistente di una relatrice, si nasconda una noia e una insofferenza crescente.
Inoltre sembra che ci sia una graduatoria di status rispetto alla noia concessa.
A un importante presidente, un onorato e stimato professionista è permesso manifestare la sua noia parlando per un ora con un collega.
Cosa che non è permessa, a che pare, agli assistenti, che infatti sembrano quelli più attenti.
La noia, in definitiva, sembra essere per molti aspetti un marcatore di status della conversazione valido per l’equipe della conferenza ma anche per il pubblico, anche se in maniera inversa.
Non è consentito annoiarsi a uno spettatore specializzato, invitato appositamente a una conferenza commemorativa, in una importante sala, ma nella stessa sala e nella stessa occasione uno studente nelle ultime file potrà darsi a manifestazioni di noia che sarebbero interdette.
Ovvio che per il decoro che sente di dover mantenere lo spettatore specializzato non potrà sedersi nelle ultime file.
Egli è legato a una equipe, di solito formata da colleghi o amici, che partecipano alla conferenza e il suo contegno è legato al loro, nel tacito accordo per il mantenimento di una definizione della situazione.
Sedersi nelle ultime file significa implicitamente abbassarsi a uno status che non è il suo, ciò darebbe parecchio da pensare alla sua equipe.
Per loro sarebbe un implicito messaggio che egli “si dichiara fuori”.
Pertanto egli è legato a un comportamento prescritto che prevede fra le altre cose il non rendere palese la propria noia.
La mia osservazione comprende anche casi in cui ovviamente questi limiti di noia (espressa) consentita siano stati superati e le “sanzioni” che ne sono seguite.
Premesso che comunque l’equipe del pubblico e quella dei conferenzieri hanno uno scopo comune, che è quello di mantenere una definizione della situazione, che dia importanza e prestigio a entrambe.
E’ ipotizzabile che comportamenti che potrebbero in qualche modo turbare questo equilibrio sono ignorati, almeno fino a un certo livello.
Mi è capitato di osservare situazioni in cui ciò non avveniva, purtroppo solo a lezioni, e ho potuto osservare che qualora una persona si annoi più del dovuto e venga ripresa da una persona di uno status più elevato (il docente o altri assistenti) il resto del gruppo difficilmente si mostra solidale.
Anzi, egli viene immediatamente (anche se momentaneamente) escluso dall’equipe pubblico di cui faceva parte (premesso che sto parlando di casi che coinvolgono il pubblico o meglio gli studenti) e isolato.
Se un compagno viene interpellato dal docente che lo vedeva distratto è interessante fare caso che i suoi vicini gli si allontanano impercettibilmente per evitare inconsciamente una “contaminazione” da contatto.
Ovviamente non credo ci sia nulla di volontario in ciò ma è un riflesso inconscio significativo.
Nel caso opposto in cui sia il docente a mostrarsi distratto (sto sempre parlando comunque di lezioni) e perda il filo del discorso, per quel meccanismo di cui sopra per il quale a uno status elevato viene concessa una maggiore quantità di noia espressa, la reazione del pubblico nei suoi confronti è presso che nulla.
Un docente può rispondere al cellulare, leggere, scrivere appunti per altre lezioni, sonnecchiare durante delle proiezioni di lucidi.
Tutto ciò, se pure abbassa il suo status agli occhi dei suoi alunni per un ovvio calo del contegno, non provoca sanzioni di alcun tipo.
Naturalmente entro certi limiti. Se il docente infrange certi limiti incorrerà in sanzioni.
Può sonnecchiare durante una proiezione che dovrebbe documentare, ma non può dormire pesantemente, può rispondere al cellulare ma non fare lunghe conversazioni ripetutamente.
Anche nel suo caso ci sono dei limiti di noia concessa.
Nel caso delle conferenze i limiti sono ulteriormente ristretti.
Se uno studente (cioè uno status che appena gli consente la presenza a certe conferenze) palesa la sua noia parlando la sanzione potrebbe essere immediata (dalla vicina che gli intima il silenzio all’usciere che lo prega di “accomodarsi” fuori).
Ma se il medesimo atto viene fatto da una persona che porta segni di status superiore (abbigliamento, invito alla conferenza, credenziali) la soglia di tolleranza alle sue manifestazioni di noia saranno molto alte.
Lo stesso meccanismo regola ciò nel palco della conferenza come già detto.
Per concludere, oltre a dire che le manifestazioni di noia consentita siano, come i turni di parola, dei marcatori di status.
La loro presenza è importante nella conferenza perché in essa il turno di parola è regolato.
Essi rappresentano pertanto uno specchio relativamente fedele dei livelli di status presenti e dei loro equilibri, nella conferenza.
©Mattia Galdiolo
data creazione: lunedì 5 febbraio 2001
ultima revisione: martedì 21 gennaio 2003
Le due citazioni presenti sono tratte dal testo “la Conferenza” di Erving Goffman