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Michele Santoro

10/03/2003 10341 lettori
5 minuti
Analisi casi

Michele Santoro

Sofia, Bulgaria, 18 Aprile 2002

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nella conferenza stampa che conclude la sua visita in Bulgaria, annuncia la fine dei programmi televisivi di Michele Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi, trasmessi dalla Rai, l’azienda pubblica dell’emittenza radio-tv.

“Ho già avuto modo di dire che Santoro, Biagi e Luttazzi hanno fatto un uso della televisione pubblica, pagata con i soldi di tutti, criminoso; credo sia un preciso dovere della nuova dirigenza Rai di non permettere più che questo avvenga”.

Ma i cronisti presenti vogliono sapere di più, e gli chiedono se ciò significa un allontanamento delle tre persone in questione dall’azienda di Viale Mazzini. “Ove cambiassero – risponde Berlusconi – nulla ad personam, ma siccome non cambieranno…”. La conferenza stampa continua con Berlusconi che ricorda come nel programma della Casa delle Libertà sia prevista la privatizzazione delle Rai, “con il mantenimento in mano pubblica di una rete per adempiere al servizio pubblico”.

Il premier si sofferma, inoltre sulle nomine del CdA della Rai, presieduto da Baldassarre: “Finalmente - dichiara – torneremo alla televisione pubblica, di tutti, non faziosa, oggettiva e non partitica come è stata invece con l’occupazione militare da parte della sinistra”.

Michele Santoro comincia la trasmissione del 20 Aprile di Sciuscià cantando “Bella Ciao”, canzone anti-fascista partigiana, anticipando di 5 giorni sul calendario, ma rispondendo alle esternazioni bulgare del premier Berlusconi. Il canto risulta un po’ stonato, e il giornalista salernitano appare un po’ goffo in questa veste, ma, forse, questi due difetti sono qualità, sottolineano una certa sincerità e una certa dignità, quella di chi non si piega all’abuso, quella dell’uomo libero.

In un’ intervista successiva, rilasciata a “Repubblica il 3 settembre 2002, Santoro definirà quella esibizione canora un “editoriale”, sottolineando come egli abbia fatto solo il suo lavoro di libero giornalista, senza fare gli interessi di nessuna parte politica, e che sarebbe pronto anche a lavorare gratis, per difendere la libertà.

Il “Secolo XIX” di Genova lancia un sondaggio con il seguente quesito:

Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi devono lasciare la Rai, come dice il Presidente del Consiglio?

I lettori rispondono così:

No, sarebbe poco democratico 60.97%

Si, perché sono troppo faziosi 30.30%

Va bene, purchè se ne vadano 8.73%

dalle reti Fininvest Emilio Fede,

Maurizio Belpietro e Paolo Guzzanti

Roma, 18 Settembre 2002

L’opposizione decide di abbandonare i lavori in commissione di vigilanza parlamentare sulla Rai. Le audizioni del presidente del CdA Baldassarre e del direttore generale Saccà, in merito all’allontanamento di Santoro e Biagi, non sono state convincenti: su Biagi, Baldassarre cita una dimenticanza nell’inviargli in contratto; su Santoro, il fatto che l’unica rete disponibile a ospitarlo, RaiTre, ha un budget troppo ridotto per poterselo permettere.

Roma, 7 Novembre 2002

Debutta su Rai Due “Excalibur”, programma che secondo i vertici Rai dovrebbe sosituire nel palinsesto il programma “Sciuscià” di Michele Santoro, con l’obiettivo di fare informazione televisiva senza essere schierati, senza essere di parte, senza cantare "Bella ciao". Antonio Socci è inevitabilmente emozionato, affronta l'esordio a braccia conserte e comincia con una citazione letteraria ("La tua poesia sia la speranza che continua..."), però dopo la pace celeste del servizio di apertura - le apparizioni della Madonna di Medjugorje, alla faccia dell'attualità - ci porta lentamente verso il vero tema della trasmissione: l'abbaglio del comunismo. Lo spunto è l'appuntamento del Social Forum di Firenze. Un battibecco tra il radicale Capezzone e Vittorio Agnoletto, l'inviata che si collega da una gelida Firenze (così gelida che Sandro Curzi ha declinato l'invito "perché c'era troppo freddo", o almeno così ci spiegano), qualche servizio di colore sui no global sotto il David e alla fine, uno dopo l'altro, i servizi e le interviste che ci spostano la discussione sul '68, perché naturalmente i no global non sono altro che i sessantottini di oggi, secondo Socci. Dunque "è un film già visto", un altro abbaglio che ci porterà ancora una volta verso la trappola del comunismo, verso un'altra battaglia contro un nuovo Vietnam - la guerra in Iraq - ovviamente per consegnare altri cittadini inermi a un altro regime sanguinario e liberticida. Come nel Vietnam. Come in Cambogia. Socci, dopo aver ironizzato sul mito di Che Guevara "che in realtà era basso e tarchiato ed è servito soprattutto a vendere sigari e rhum", rivela a un certo punto che il suo vero tema è "le grandi tragedie dell'umanità". Perché allora invitare il solo Agnoletto e circondarlo di tre avversari (più il conduttore, si capisce)? Il tutto ha il sapore di un trappolone maldestro e controproducente, che ha trasformato l'intrappolato - sinceramente stupito che quelli davvero equiparassero i no global ai comunisti cambogiani - in un martire del buon senso. E nella confusione di questo dibattito dai toni condominiali, ci ha fatto improvvisamente apparire Santoro come un campione di imparzialità, come un'icona della moderazione, come un simbolo della tolleranza.

Roma, 8 Novembre 2002

L’Auditel da ragione a Santoro. Infatti “Excalibur”, raggiunge solo il 9,83% di share, vale a dire 2 milioni 265 mila spettatori, appena la metà dell’ascolto medio di”Sciuscià” di Santoro. I vertici Rai sono in apparenza soddisfatti: Marano e Saccà parlano di risultato straordinario e superiore alle attese. Ben diversi le reazioni da parte degli esponenti dell’opposizione. Giuseppe Giulietti, membro diessino della commissione parlamentare di Vigilanza, è il primo a scagliarsi contro il programma e i suoi risultati d'ascolto. "Ignora, cancella e umilia i punti di vista che non condivide, insomma l'emblema della Rai di oggi e la dimostrazione - conclude Giulietti - che Biagi, Santoro e gli altri sono stati allontanati per motivi esclusivamente politici". A Giulietti fanno eco Margherita ("Sul Social forum realtà incompleta" e "mistifcazione della notizia"), Verdi ("Uno spettacolo degno dei peggiori regimi") e il capogruppo Ds in commissione di vigilanza Rai, Antonello Falomi, che chiede al presidente della tv pubblica Baldassarre "chiare risposte" su un servizio pubblico "che viene meno ai suoi doveri di pluralismo".

Roma, 25 Novembre 2002

Finisce con un nulla di fatto il tentativo di accordo tra la Rai e Michele Santoro. La questione passa al tribunale del lavoro; Santoro apre, però, uno spiraglio verso la riconciliazione. L’offerta del direttore generale Saccà di realizzare per la Rai un docudramma su Salvatore Giuliano sarà accettata dall’anchorman salernitano a patto che non gli venga negata la possibilità di occuparsi anche di programmi di attualità. Santoro si era rivolto al Tribunale Civile di Roma citando in giudizio il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e la Rai, nelle persone di Antonio Baldassarre, presidente del CdA, Ettore Adalberto Albertoni e Marco Standerini (consilgieri di amministrazione), e Saccà. Secondo il giornalista e i suoi legali, i provvedimenti con i quali Santoro è stato dequalificato e i suoi programmi sono stati soppressi, sono “illegittimi e nulli”: violano il contratto giornalistico, sono “viziati” da un motivo illecito di “ritorsione” e disposti per finalità “di discriminazione politica” in violazione dello Statuto dei lavoratori. E questo in base ad elementi “gravi, precisi e concordanti”.

La Situazione attuale

Michele Santoro deve tornare a lavorare per la Rai. Stavolta a chiederlo non è l'opposizione, e nemmeno qualche illustre opinionista. Stavolta è un ordine della magistratura. Che ha accolto il ricorso presentato dal conduttore. Un ricorso in cui veniva richiesto "il reinserimento nell'attività lavorativa". La Rai deve "adibire" Michele Santoro "alla realizzazione e alla conduzione di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione di attualità". Così recita il primo passo della sentenza emessa dal giudice del Tribunale del lavoro di Roma, Massimo Pagliarini. In sostanza il provvedimento (che è immediatamente esecutivo), chiede all'azienda di rispettare il contratto firmato nel 1999, vale a dire quello di assunzione al rientro a viale Mazzini dopo il "trasloco"' a Mediaset. Anche se il testo integrale del documento del Tribunale non è ancora disponibile, i legali di Santoro ritengono che si debba ritenere che il giudice "abbia escluso che l' incarico da ultimo conferito dalla Rai, cioè la realizzazione di un docudramma sul bandito Giuliano, sia adeguato e rispondente alla sua specifica professionalità di giornalista". E' una vittoria che non si è trasformata in un trionfo solo perché il giudice ha rigettato il secondo ricorso presentato dal conduttore. Quello contro il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. "Il giudice ha respinto la domanda - spiega l'avvocato di Santoro, Domenico D'Amati - con cui si chiedeva di ordinare al premier di astenersi da ogni comportamento diretto ad impedire il suo impiego dentro la Rai". Il motivo - è sempre D'Amati a spiegarlo - sta nel fatto che si è ritenuta "non provata l'attualità della condotta attribuita al premier". Non risulta, insomma, che dopo le dichiarazioni di Sofia Berlusconi abbia continuato a chiedere che Santoro non lavorasse.

Le reazioni

Atmosfera di euforia nella redazione di Sciuscià: "Abbiamo vinto", esulta Sandro Ruotolo. Santoro dice che "hanno vinto quelle migliaia di cittadini che hanno firmato a nostro favore, e quei milioni di telespettatori che vogliono rivedere il nostro programma". Il conduttore si dice ancora "frastornato" dall'esito della sentenza, e comunque molto contento che finalmente venga riconosciuto il "diritto a lavorare". Ora si tratta solo di capire cosa ha intenzione di fare il vertice Rai. O meglio, ciò che resta del vertice dopo le dimissioni di Zanda, Donzelli e Staderini. I Ds e la Margherita già chiedono di restituire a Santoro i suoi spazi nel palinsesto. Del resto il provvedimento del Tribunale è immediatamente esecutivo. Ma viale Mazzini può fare ricorso. La sfida, insomma, continua. Lo conferma lo stesso Santoro. "La battaglia - dice - non è chiusa finché non si torna in onda".