Comunicazione e Media: La Fabbrica della Paura
Il Rapporto Annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2008 e l'XI Rapporto IEM della Fondazione Rosselli offrono molti spunti di riflessione. Primo tra tutti quello di una tendenza involutiva che coinvolge la fiducia delle utenze rispetto ai contenuti diffusi dai vecchi e nuovi media. Una mancanza di fiducia che il Rapporto IEM della Fondazione Rosselli già lo scorso anno aveva individuato nella spesa delle famiglie dedicata a comunicazione e tempo libero. A monte: la fabbrica della paura.
Fidelizzazione. Fiducia. Spese e investimenti sulla comunicazione. crolla la "fiducia nei media (senza eccezioni per nessun mezzo), più bassa in Italia che negli altri Paesi europei". Lo rivela il Censis nel Rapporto su Comunicazione e Media 2008 presente all'interno del 42° Rapporto Annuale sulla situazione sociale del Paese. Gli fa eco l'XI Rapporto IEM della Fondazione Rosselli, ricordando come durante la presentazione del X Rapporto "documentammo come, per quel che riguarda il nostro Paese, la percentuale della spesa delle famiglie dedicata a comunicazione e tempo libero fosse decisamente inferiore rispetto ad altri grandi Paesi europei, e soprattutto in tendenza decrescente". Un trend involutivo che non si ferma e che lo scorso 18 Dicembre è stato argomento di dibattito al VI Summit sull'Industria della Comunicazione in Italia tenutosi a Roma al Tempio di Adriano. A monte un'immagine distorta dei Media, che il Rapporto Censis definisce come "fabbrica della paura".
© Manuela Collu » bologna by now: "ho poche cose da dire. ma anche di questo bologna mi ha sfiancato. e non serve cancellare con righe storte una parola che ha un peso enorme: qualcuno l'ha pur sempre scritta". Questa foto è sotto licenza creative commons by/nd/nc 3.0
Un claim, questo della Fabbrica della Paura, che ha una causa scatenante. Per individuarla si può partire dall' Indagine sulla paura nelle città che il Censis realizzò in dieci metropoli del mondo (Londra, Parigi, Roma, Mosca, Mumbai, Pechino, Tokyo, New York, San Paolo, Il Cairo) in vista del World Social Summit: "solo un quarto del campione (25,8%) sostiene che la propria paura deriva dall’individuazione di un rischio effettivo che si possano verificare eventi indesiderati. Il 25,6% dichiara che la paura deriva dal fatto che giornali e televisioni non parlano d’altro. Interrogati su quali sono i soggetti responsabili dell’aumento dell’insicurezza, il 20,4% afferma che il circuito informativo-mediatico cavalca le paure, attraverso la presentazione selettiva delle notizie, per catturare l’audience. Prima, però, vengono i politici, ritenuti tra coloro che più fomentano le paure per distogliere l’attenzione dai problemi reali, favorire il consenso, legittimare il proprio ruolo (la pensa così il 29,6%)". Un'indagine che portò diverse testate giornalistiche nazionali a dedicare spazio a un risultato quanto meno sorprendente che definì Roma come la città più spaventata tra quelle campionate. E le cause d'allarme sorprendono ancora di più: "In particolare, quasi un romano su due (47,8%) imputa ai media la responsabilità di creare allarme sociale, più di un quarto (28,6%) alla politica, mentre i gruppi terroristici vengono indicati solo dal 7%".
Una paura, quella romana... quella italiana... che nasce dall'interno. Un Alien nostrano, per capirci, che ha radici profonde che fanno affiorare due temi distinti e interagenti: lo stretto legame tra economia/finanza e comunicazione e quello tra politica e comunicazione. Due facce della stessa medaglia.
Politica/Finanza e Comunicazione
Debolezza e fragilità del sistema mediatico
"Lo stretto legame tra finanza e comunicazione, nonché la forte influenza che hanno gli investimenti pubblicitari delle aziende su questo mercato – investimenti la cui funzione anticiclica sarà messa alla prova dei fatti nel periodo di recessione che ci attende – fanno della comunicazione uno dei settori industriali più esposti alla crisi" - scriveva Andrea Marzulli via Key4biz, anticipando alcuni contenuti dell' XI Rapporto IEM - "Allo stesso tempo, i prossimi anni ci dimostreranno se la comunicazione, i media, e quello che in senso lato viene definito “intrattenimento”, rappresenteranno per le famiglie dei beni e servizi “voluttuari”, in cima alla lista dei tagli al budget familiare, oppure una sorta di “rifugio” psicologico per lenire le insicurezze e il clima di sfiducia. E questo in un contesto, quello italiano, in cui questa tipologia di spesa è strutturalmente bassa".
Questa debolezza congenita dell'asse comunicazione/media con quella finanziaria/politica è però condizione necessaria e conseguente al ruolo oggi ricoperto da strutture e iniziative ICT, fondamentali per le PMI nell'era della globalizzazione. "Pluralismo e movimento dell'informazione sono la base dell'ICT" - si scriveva nell'Intruder del 4 Maggio 2006 - "L'ICT, con infrastrutture e servizi correlati, è uno degli elementi fondamentali per le PMI nel contesto di marketing globale. La salute dell'Economia italiana è il motore delle PMI". Sono passati più di due anni e le connessioni, connivenze, interdipendenze, interrelazioni, chiamatele come volete, tra i diversi comparti che definiscono settori e sfere d'influenza sono sempre meno definite e più amalgamate in un'unico quorum esteso a più identità e più finalità strategiche. Da cui la debolezza implicita di un sistema che, pur essendo oggi indispensabile, è il più sensibile ai "cambiamenti climatici".
L'istantanea di quest'amalgama ce l'offre il Censis nel suo Rapporto su Comunicazione e Media: "nell’ultima legislatura si contano 64 deputati giornalisti (la quarta professione rappresentata alla Camera, dopo avvocati, dirigenti e imprenditori, prima dei funzionari di partito) e 28 giornalisti senatori (la sesta professione attualmente rappresentata al Senato): praticamente c’è un giornalista ogni dieci parlamentari". Chiaro che questa fotografia non ha copyright esclusivo italiano. E' più una licenza Creative Commons (la più flessibile e permessiva delle tante cc, però) che l'Italia "condivide" con diversi altri Paesi. Cambiano gli Attori e le Scenografie ma il tema di fondo resta. "La stampa vive oggi la stessa crisi attraversata dal mondo della politica e della giustizia" - dichiara a riguardo Benoît Raphaël del Dauphiné Libéré - "I giornalisti sono troppo vicini al potere. Inoltre alcuni membri della professione si sono chiusi in una torre d’avorio, rifiutando di riconoscere i propri errori e di scommettere sull’intelligenza della gente. Oggi tutti scommettono sulla partecipazione: i politici con la democrazia partecipativa (sbandierata in Francia da Ségolène Royal ndr), i media con il giornalismo cittadino...".
Benoît Raphaël partecipa con i suoi contributi editoriali ad AgoraVox il primo media cittadino europeo, oggi network affermato con pubblicazioni localizzate in diversi Paesi tra cui anche l'Italia. In uno dei suoi interventi, Raphaël scrisse come un avvenimento mediatico forte, quale quello delle Elezioni, marcasse il bisogno d'informazione delle persone al punto che (per soddisfarlo) queste diventavano media di se stessi pubblicando su Dailymotion o sullo stesso AgoraVox. Un'esigenza, questa, non mossa dalla voglia di essere protagonisti per un giorno, quanto dalla scarsa fiducia verso i contenuti mediatici filtrati a monte da interessi e movimenti d'informazione che spesso (troppo spesso) sono contenitori promo pre-stabiliti da riempire secondo le esigenze dei "clienti". Ci sono esigenze d'informazione concreta, quindi, a definire un Quinto Potere che evidenzia la fragilità di un sistema-media che per propria costituzione non può fare a meno di muovere determinati "contenitori" di "notizie". "Cos'è il Quinto Potere? Il Quinto Potere sono io, sei tu, siamo tutti" - affermava Carlo Revelli oltre un anno fa in occasione del Primo Raduno di Saint-Denis sul Giornalismo Cittadino - "Grazie a Internet le persone inziano ad avere un minimo d'influenza e ad essere ascoltati". Un Giornalismo Cittadino fatto di operatori di settori, giornalisti, blogger, freelancer eccetera. Uniti da un unico tema di fondo: "combattere" la fragilità di un sistema-media condizionato dall'andamento finanziario e politico di un Paese, che lo rende esposto di fatto (e fin troppo facilmente) alle Crisi esterne (al settore). Per spiegarci: la necessità di un'informazione oggettiva, a portata di persona, a rispondere a esigenze concrete, pulita di tutto ciò che invece oggi definisce il sistema-media dando il là, non da ultimo, alla "fabbrica della paura".
Sulla massificazione dell'informazione
Lo stato dell'informazione e dell'uso dei mass media
Censis: "crollo della fiducia nei media (senza eccezioni per nessun mezzo), più bassa in Italia che negli altri Paesi europei". Perfino il mezzo considerato più attendibile (la Radio, al 42% contro l'Internet che si attesta al 35%) ha "un consenso comunque inferiore al 61% medio europeo".
© Manuela Collu » ora come allora: "la carta, i giornali, i fogli accasciati a terra e scomposti, come le foglie, attirano la mia attenzione. e di notte la poca luce diventa cosa preziosa. e il passo anziano segna l'ombra in Piazza Duomo: il tempo e i suoi spot". Questa foto è sotto copyright esclusivo. Questa foto è sotto licenza creative commons by/nd/nc 3.0.
Prendo spunto da un passaggio scritto in un altro contesto. Appunti sulla comunicazione radiofonica che prendevano il là da diversi incipit a spaziare:
Qual’è lo stato dell’informazione ad oggi? Dell’uso dei mass media in generale? Per capirci: di stampa, radio e televisione e dell’internet dove ci proiettiamo a buttar giù parole e pensieri? A seguire un video. Interessi di parte tra uno stacco e l’altro di verità…. comunque istruttivo…
Uno dei temi che emergono è quello sul “bombardamento d’informazione” cui siamo soggetti ogni giorno. Da cui la difficoltà nel filtrare e nel definire un’informazione notizia piuttosto che opinione o ancora “promo” commerciale. Di fondo manca quell’analisi oggettiva (in relazione al fruitore/destinatario) del contenuto veicolato che dovrebbe invece essere il primo elemento a definire “informazione”.
E parto da qui per tratteggiare i contorni di questa "fabbrica della paura" (definizione made in Censis e non solo), le cui cause dovrebbero essere chiare (spero) e i cui effetti sono un pò ovunque attorno a noi. Basta avere la voglia/volontà di girarsi un attimo e andare oltre il piccolo mondo impellente che ci definisce e in cui ci muoviamo di priorità e d'interesse. "Fabbrica della Paura" dicevo. Un claim tutt'altro che nuovo. Che nell'ultimo anno è stato proposto in tanti modi. Dal semplice "A chi giova la fabbrica della paura?" al "Come si fabbrica l'insicurezza?". Basta consultare i risultati di ricerca di Google per "fabbrica della paura" per farsi una "risata". Perché, naturalmente, anche questo "claim" diventa strumento d'offesa (o difesa) pro-pensiero, pro-opinione politica. Domande che partono da presupposti tarati male a monte. Il Centro-X porta ad esempio la diffusione di un certo tipo d'informazione per dimostrare come il Centro-Y sia in grado di "fabbricare paura". Vero. Ma vero anche il contrario. Questo però lungi dal sottolinearlo.
Gli effetti di questi giochi di potere a fabbricare paura sono un pò ovunque. Ci sono leve, agganci, appigli, in ogni "centimetro" attorno a noi. Qui è più forte di me andare di metafora satirica. A immaginare altri volti e altri personaggi. A traslare "vita" in "potenziali elettori" o "potenziali investitori". A farmi una risata. Amara. Al Pacino in "Ogni Maledetta Domenica".
Come si pianifica la paura ? Come si reagisce ad un attacco ? Come creare contro-informazione pro-cliente ? Su quali piattaforme investire di volta in volta? Quali sono i punti deboli su cui far leva per muovere "fantasmi" ? In che modo sfruttarli e quanto a fondo andare e, ancora, per quanto tempo battere chiodo ? Le risposte. Pure quelle sono tutte attorno a noi, pure andando di paraocchi e gradazioni (che tutti ne abbiamo). Fa effetto portare ad esempio ora, un link ad un blog di un lettore de La Stampa, piuttosto che report, analisi, affermazioni/commenti/opinioni di "primo pelo". Ma la fabbrica della paura è creata per muovere emozioni dal basso... o no ?
"Quando sono tanto forti le emozioni, e nessuno le raffredda e troppi le sfruttano, non soltanto diventa difficile trovare le risposte giuste, ma si esasperano i conflitti”. E su questo anche i mass media seri e responsabili dovrebbero fare autocritica.
Un concetto semplice semplice. Quasi frase fatta sembra, vero? E infatti è proprio questa sua semplicità a farne moneta di scambio e di facile pianificazione pro-X. Fosse stato un attimo più complicato... quante etichette di marketing-pensiero in meno ci sarebbero oggi ? Già, perché ci si stupisce o si fa il verso contro la fabbrica della paura, quasi fosse un comparto separato. Una divisione deviata del fare comunicazione, del muovere informazione, dell'utilizzare questo media (nuovo o vecchio che sia) piuttosto che un altro... senza pensare che questa fabbrica della paura non è altri che una trasposizione di quelle strategie di comunicazione adottate per fare e muovere marketing pro-brand. Più è forte e capillare l'influenza del nemico e più in profondità ci si spinge per muovere battaglia. Cambiano solo gli Attori e le Comparse. Il gruppo di target è definito come sempre: per aree d'interesse, per estrazione sociale, per formazione e cultura in generale, per interessi eccetera. Andando a scavare. L'obiettivo è sempre lo stesso: muovere emozioni dal basso. Definite le emozioni da "spingere"... via a creare la leva.