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Quando leggere diventa una parola

06/07/2009 11:00:00 110178 lettori
4 minuti
Davvero deludente la campagna di comunicazione istituzionale “Leggere è il cibo della mente: passaparola!”, presentata lo scorso mercoledì dal sottosegretario Bonaiuti e dai ministri Bondi e Gelmini. Vengo subito al motivo profondo del fallimento: i “lettori forti” – ovvero chi, secondo la classificazione dell’Istat, legge in media 7 o più libri nell’arco di un anno – non hanno bisogno che, da giornali, tv, radio e affissioni, gli si dica “passaparola!” per invogliare amici e parenti alla lettura.
 
Proprio l’on. Paolo Bonaiuti, infatti, in apertura di conferenza stampa, dopo una gaffe premonitrice in cui confondeva libri e giornali, chiariva gli scopi della prima fase dell’iniziativa proposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri: “invitare quanti già leggono [..] a passare il valore della loro esperienza a quelli che invece leggono poco, per cui noi diciamo passaparola; se tu già hai la fortuna di aver incontrato un libro, di averlo letto [..] ti preghiamo di passarlo a qualcun altro, di dare questa parola e di diffondere nella società il vizio della lettura”. Come? Attraverso uno “spot” (una copy idea, ndr) declinato “non solo sulle televisioni, ma anche e soprattutto sui giornali, sui quotidiani, sui periodici” proprio per raggiungere i super-lettori. E proprio quando gli ultimi dati sulla diffusione della carta stampata in Italia stanno facendo drizzare i capelli a più di un editore.
 
D’altra parte, per com’è stato concepito, lo spot televisivo presenta una serie di scelte di comunicazione completamente errate. Affidarne la call to action a una signora di bianco vestita e con tanto di cappello d’antan, ad esempio, è solo una delle tante: a mio avviso, la chiusura spettava a una giovane donna, non a una pur giovanile e cordiale nonna. Una ragazza che parlasse al target a cui è principalmente rivolto il messaggio, ovvero ai giovani stessi (dalle parole di Elisa Grande, capo del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, anch’essa presente alla conferenza). Oppure il tutto è destinato unicamente a chi ha tra i 60 e i 64 anni, ovvero alla classe di età che presenta la percentuale più alta in assoluto di lettori “avidi” – come li ha definiti il ministro Bondi – con preghiera di diffondere il Buon Verbo della Lettura a chi dei libri ne vuole sapere poco o nulla?
 
Ad essere di bianco vestiti sono anche gli altri soggetti che animano il messaggio pubblicitario: cosa vorrà dire? Che un passaparola efficace presuppone un certo candore nel vestire? L’impressione è che si voglia dare un’immagine rassicurante di chi legge, con un’atmosfera da Mulino Bianco a fare da contorno: i lettori italiani non vivono mica in una distesa di verde nobilmente attrezzato? Cosa c'è sulla tavola? Dei pregiatissimi limoni di Sorrento, che fanno anche pendant con la cintola di una delle due donne che compaiono? E che dire della panchina su cui siede l’anziana signora, in puro stile cottage inglese... Sarà comodissima!
 
Pesano su tutta la conferenza stampa, comunque, le parole di Bonaiuti: cercheremo di promuovere la lettura “con le forze che abbiamo”: 2,4 milioni di euro investiti vi sembrano pochi? Il Governo ha fatto, dunque, meglio del Ministero della Salute, che nel 2007 destinò 1,5 milioni di euro alla campagna “Pane, amore e sanità”, un fallimento firmato da Oliviero Toscani e promosso in occasione dei trent’anni del Servizio Sanitario Nazionale. Qualche minuto dopo, “Quanti già leggono sono molti di più di quelli che pensiamo”: e cosa ce ne facciamo delle ricerche Istat, che analizzano il fenomeno della lettura fin dagli anni Sessanta e costano altrettanti milioni di euro?
 

Per concludere, sulla base delle considerazioni fatte, e sebbene non si tratti di comunicazione pubblicitaria, la campagna individua sì un consumer insight, ovvero la pratica diffusa del passaparola tra i lettori, ma non riesce a tradurlo esecutivamente in una copy idea efficace: perché solo uno dei membri della famigliola allargata di lettori tiene fra le mani un libro, e per il resto vediamo, nell’ordine, l’“Abbecedario” di una bimba, tre periodici e un quotidiano? Passiamogli... nuove idee!

La presentazione della campagna sul sito del Governo Italiano

Guarda lo spot

Angelo Ventriglia
Angelo Ventriglia

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Le Regole che rispetto per scrivere un'email (cfr. Internazionale, anno 16 n. 772 , pag. 12):

1. Un'email piu' lunga di dieci righe e' una telefonata mancata.

2. Se hai piu' di vent'anni, le faccine non fanno bene alla tua credibilita'.

3. I puntini di sospensione sono tre, il punto interrogativo e' uno e quello esclamativo pure. Tutto il resto e' superfluo.

4. I comunicati stampa sono tra le forme piu' odiate di spam.

5. Gli allegati non necessari sono un gesto di maleducazione digitale.

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