AMBIENTE -Shopper: stop plastica senza decreti attuativi?
Dal 1° gennaio è scattato il divieto di produzione, commercializzazione e utilizzo dei sacchetti di plastica (polietilene) e gli unici sacchetti a norma di legge sono quelli recanti la scritta “biodegradabile”, “biodegradabile e compostabile” oppure “EN 13432”, mentre quelle con la scritta “degradabile” non corrispondono alle caratteristiche previste dalla normativa europea. Infatti, il divieto consente all'Italia di adeguarsi alla normativa europea recepita con la finanziaria per il 2007 ed entrata in vigore negli altri Paesi europei il 1° gennaio 2010, mentre in Italia è in attesa di essere adottata definitivamente tramite decreti attuativi.
Ad oggi, infatti, tale divieto è in realtà solo ed esclusivamente indicativo. La legge finanziaria per il 2007, infatti, pur contenendo due disposizioni che di fatto introducono un bando ai sacchetti in polietilene finanziando allo stesso tempo con un milione di euro progetti tesi sviluppare nuove soluzioni con biopolimeri, rimanda a futuri decreti attuativi l'operatività del sistema e la definizione di legge finanziaria per il 2007, in attesa dei regolamenti attuativi, può ritenersi agli effetti pratici una dichiarazione di principio e di indirizzo. Così il deputato del PdL Giorgio Jannone ha evidenziato una cosiddetta carenza legislativa che non consente l’immediata applicabilità del provvedimento in questione e, rivolgendosi ai ministri dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, delle Politiche agricole Giancarlo Galan e dello Sviluppo economico, Paolo Romani, ha chiesto di sapere “quali iniziative tempestive intendano adottare al fine di emanare i decreti attuativi relativi al recepimento della norma UNI EN 13432; se ed entro quale termine si intendano adottare i decreti al fine di rendere chiaro l'iter di produzione di una shopper biodegrabile, nonché quale tipologia di additivi potrà essere utilizzata per trasformare la materia prima in materiale biodegradabile; se, ed entro quale termine, i ministri intendano rendere noto se le scorte di shopper in polietilene attualmente in possesso nei magazzini di grossisti e di imprese produttrici, potranno essere vendute ai clienti (supermarket, negozi, e altri), o se potranno essere smaltite dalle ditte interessate e secondo quali modalità”.
Nell’interrogazione, Jannone ha ricordato l’iter del provvedimento. La norma EN 13432 “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione”, adottata anche in Italia con la denominazione UNI EN 13432 è stata introdotta dopo alcune analisi relativamente all'inquinamento delle shopper in polietilene. Si stima, infatti, che per produrne 200 mila tonnellate vengano bruciate 430 mila tonnellate di petrolio. I nuovi ecoshopper dovranno essere realizzati in bio plastica ricavata da mais e da altre materie vegetali e dovranno essere riutilizzabili. La norma europea definisce le caratteristiche che un materiale deve possedere per poter essere definito compostabile: biodegradabilità, ossia la conversione metabolica del materiale comportabile in anidride carbonica, disintegrabilità, cioè la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale (assenza di contaminazione visiva), bassi livelli di metalli pesanti e assenza di effetti negativi sulla qualità del compost, ad esempio la riduzione del valore agronomico e presenza di effetti ecotossicologici sulla cresciate delle piante; la norma UNI EN 13432 è una norma armonizzata, ossia fornisce presunzione di conformità alla direttiva europea 2004/12/CE che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio. I dettami di tali disposizioni sono stati recepiti dalla legge finanziaria per il 2007, legge 27 dicembre 2006, n. 296. In particolare, si riportano i due commi dell'articolo 1 specificatamente dedicati a tale telematica: 1129 “Ai fini della riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, del rafforzamento della protezione ambientale e del sostegno alle filiere agroindustriali nel campo dei biomateriali”, è avviato, a partire dall'anno 2007, un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l'asporto delle merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario, non risultino biodegradabili. 1130. Il programma di cui al comma 1129, definito con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell'Ambiente e con il Ministro delle Politiche agricole, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, è finalizzato ad individuare le misure da introdurre progressivamente nell'ordinamento interno al fine di giungere al definito divieto, a decorrere dal 1 gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci che non rispondano entro tale data, ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario”.
A causa dell'attuale mancanza di decreti attuativi, ha ricordato ancora Jannone, le imprese che producono sacchetti in polietilene, oppure i magazzini di stoccaggio, si ritrovano in una condizione assolutamente svantaggiosa dal punto di vista economico. Infatti, se, come già citato in precedenza, i supermercati o i singoli negozi, possono smaltire la merce senza far pagare al cliente il costo della shopper, i produttori, o i grossisti, si ritrovano con scorte di prodotti pari a quanto accumulato a fine 2010, senza sapere se questa merce possa essere venduta ai propri clienti, oppure debba andare in smaltimento seguendo un iter ben preciso. Inoltre, dato che l'unica normativa di riferimento è la UNI EN 13432, non si ha, ad oggi, una regolamentazione chiara ed esaustiva di ciò che possa essere venduto come merce biodegradabile. Per essere tale un materiale deve essere trattato con determinati additivi (ad oggi sono in uso l'ECM Masterbatch Pellets e il D2W, che rispettano la direttiva 94/62/CE e che, aggiunti alla materia prima, rendono il prodotto degradabile in quattro o cinque anni), in modo da rendere il sacchetto degradabile in quattro o cinque anni, ma, a causa della vaghezza della normativa italiana a riguardo, i produttori non hanno sufficienti elementi per valutare quali additivi siano ammessi per tale tipologia di lavorazione.