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ALIENS Vs. PROMETHEUS... e vince Ridley Scott!

24/09/2012 8644 lettori
4 minuti
Anno 1979.  Dieci anni dopo che l’uomo scoprisse la prima grande “roccia bianca” chiamata Luna, il sogno fantascientifico di ogni astronomo e scrittore, rigenerando le aspettative sulla vita fuori dal pianeta Terra, cominciando ad abbandonare la caratterizzazione atipica dell’alieno e sensibilizzare un’angoscia più umana dell’ignoto e dell’infinito. A fare di tutto questo un capolavoro della cinematografia ci pensò Ridley Scott, magistrale nel mixare Fantasy e Horror in un thriller fantascientifico che consacrò una giovane Sigourney Weaver come androgina portatrice di quell’essere combattuto e protetto (impeccabile Ian Holm, nella inedita impersonificazione dell’intelligenza artificiale, tra acidi lattici e DNA), in quell’essere tecnologicamente animato da Carlo Rambaldi, superando se stesso dopo il “primo contatto” battezzato da Spielberg e il Kong pre-11 settembre, dove John Guillermin sostituì l’Empire State Building con le monolitiche Twins Towers. Scenografie e tensioni riprese da James Cameron nel suo Aliens-Scontro Finale, sette anni dopo una conclusione che non presagiva alcun sequel, almeno nelle intenzioni di Ridley Scott, che si è visto “rubare” il testimone ben cinque volte, in oltre trent’anni di fantascientifica carriera, passando da un terzo capitolo “religiosamente” emarginato in un ghetto da ergastolani dello spazio (sei riscritture di una sceneggiature diretta da David Fincher, per arrivare all’addio di Ripley nel quarto episodio dedicato al genoma umano dispensato nella clonazione. Nel 2004, una svolta commerciale per giovani smanettoni da videogames, iniziati dal regista Paul W.S. Anderson, ospitando un inconsueto Raoul Bova, nel primo di due parentesi poco edificanti (Aliens Vs. Predator 1 & 2) rispetto al valore originale dell’autentico progetto, oggi ripreso dallo stesso Scott, in un vero e proprio prequel, come riferimento alle origini della razza aliena. Un viaggio da Stargate, per omologare un rituale voluto dalle civiltà fondatrici del genere umano, ribattezzate “Ingegneri”, per annoverare filosofie celebrate da Kubrick e miti aztechi in templi religiosi, elargiti dalla presenza comprimaria di Guy Pearce (Peter Weyland, il presidente dell’omonima compagnia finanziatrice del progetto Prometheus, la nave spaziale), in un soggetto già elaborato nel film diretto nel 2002 da Gore Verbinski e Simon Wells nel The Time Machine, giovane scienziato inventore della prodigiosa macchina, tra citazioni devote al codice Da Vinci e cultura primitiva da primordiali evocazioni dell’horror. Alterego di un ritrovato androide nel compassato David (a cui Bishop deve tutto), nell’inarrestabile Michael Fassbender, la cui sorte ripercorre inalterata la matrice dei predecessori, accomodante assistente di una “rivisitata” Ripley, nella ricercatrice Elizabeth Shaw (l’attrice Noomi Rapace), portatrice finale di un rinnovato rito perpetuato dalla inalterata razza Aliena. Fotografia di Dariusz Wolski e montaggio di Pietro Scalia, per questo sogno criogenico offerto dall’unico regista che poteva celebrare un autentico mostro sacro della fantascienza d’autore... e noi non possiamo che ammirarlo! 
Paolo Arfelli
Paolo Arfelli

Nato a Ravenna; ho avuto il piacere di aver frequentato un corso di grafica pubblicitaria tenuto da Umberto Giovannini, presso la T. Minardi di Faenza, dopo il quale intendo affrontare un discorso editoriale che possa completare il cammino professionale che voglio realizzare.

E' da qualche anno che ho il piacere di legare la mia capacità a Comunitàzione, in una collaborazione di testi e argomenti che valorizzano la serietà riposta da Luca Oliverio e il contesto in cui questo portale opera, tra pubblicità, marketing, informazione e tanto altro.

Ho in preparazione alcuni cortometraggi e la realizzazione di un magazine (DC DIRECTOR'S CUT) all'interno di Alphabet&Type®.