Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

Money for Nothing: imprese, imprenditori ed economia

26/05/2005 10311 lettori
5 minuti

Molti grandi economisti si sono cimentati nel tentare di far capire all’uomo della strada cosa sia l’Economia con parole semplici. Vogliamo ricordare i due libri più noti: “Economic For Pleasure” di Schakle a fine anni ’60 ed “Economics Explained”, di pochi anni fa,scritto addirittura da Lester Thurow,

il profeta della globalizzazione. Ma questi emeriti e pregevoli tentativi non hanno certo ottenuto non solo ciò che desideravano i loro autori (che l’uomo comune capisse), ma neppure ciò che desideravano che questo libri hanno letto (e cioè capire cosa sono e come funzionano i sistemi economici).

Questo perché le opere degli economisti hanno sicuramente a che fare con una Scienza che Carlyle già nel 1820 aveva definito “triste” (The Dismal Science); e che spesso si combina con il dettati del Tao di Lao Tsu: “Chi sa non parla, e chi parla non sa; perché le parole vere non sono mai belle, così come le parole belle non sono mai vere: per questo motivo il saggio tace”.

Ma, si dice, che un italiano abbia risposto al grande saggio cinese: “Ma se tutti stiamo sempre zitti, allora il mondo diventa un cimitero”.

E’ indubbio che in Economia ciò che non si dice è senz’altro,nella maggior parte dei casi, triste. Ma è altrettanto vero che, spesso, quando i trends sono favorevoli, l’uomo comune quasi se ne disinteressa: l’Economia è come un arto che ci si ricorda di avere solo quando ci fa male.

E’ così soprattutto da quando i primi Neoclassici, ribellandosi al laissez-faire dei Classici, reclamarono che lo Stato non dovesse rimanere neutrale e distante di fronte ai fatti economici, ma che dovesse intervenire per il bene dei cittadini. Principio sicuramente nobile e caratterizzato da grande socialità. Ma che aveva le sue radici in Bentham, il quale ebbe a studiare per tutta la vita sulla felicità degli uomini senza riuscire a capirci nulla (e come lui altri milioni di filosofi).

Non ci deve meravigliare, quindi, che quando il laburista Cornell Webb affermò che l’uomo doveva essere seguito dallo Stato “dalla culla alla bara”, il Prof. Pigou di Cambridge non potè sottrarsi a fondare una nuova branca dell’Economia: lo Welfare. Ma tutti sappiamo che l’unica soluzione che Pigou seppe trovare fu quella di aumentare le tasse (ed in effetti è quello il periodo in cui la Pressione Tributaria cominciò continuamente a crescere).

Questa nuova socialità (come cultura industriale), storicamente, ha avuto degli aspetti qualitativi molto diversi da Nazione e Nazione. E non poteva essere altrimenti.

Tra le grandi differenze una è venuta fuori con grandissime conseguenze sociali; e va fatta risalire ai tempi dello Scisma Protestante; ai tempi della Riforma e Controriforma, come ebbe a ben sottolineare Max Weber.

Per quanto sociologi e filosofi vogliano spaccare il capello in quattro, il nodo della questione non fu poi così complesso. Nei paesi nordici, per tradizioni barbare, l’ipocrisia era considerata una vergogna; nei paesi latini, invece la cultura bizantina regnava sovrana. Non dimentichiamo che il primo imperatore romano cristiano, Costantino, stava a Bisanzio, non a Roma. E che, mentre i barbari riuscirono a distruggere in gran parte la cultura romana, ebbero poca fortuna con i bizantini che sopravvissero per altri mille anni (regnando anche in gran parte dell’odierna Italia) grazie proprio alla loro filosofia, totalmente equivoca, di legiferare. Quando, poi, le pretese di chiarimenti divenivano pressanti da ogni parte dell’impero, il Basileus sostituiva le vecchie leggi con altre nuove ancor più equivoche. E fu così fino alla caduta di Costantinopoli, avvenuta nel 1453. Peraltro, al contrario di quello che solitamente si legge sui libri di scuola, con grande gioia di molti ex sudditi dell’Impero Bizantino, he dai Mussulmani, almeno, potettero avere (buone o cattive che fossero) leggi chiare che in passato mai avevano avuto.

Ad un attento storico non può essere sfuggito il fatto che il sassone Lutero rimase sconvolto, durante i suoi viaggi in Italia, vedendo che gli uomini di fede predicavano bene e razzolavano come ce li ebbe a raccontare Pietro L’Aretino (lussuria, orge, ricchezze sfrenate, bisessualità, corruzione, tradimenti, delitti, avvelenamenti, intrighi, machiavellismi, eccetera). Ma soprattutto, Lutero si scandalizzò del fatto che gli uomini del popolo nelle osterie sparlavano dei loro religiosi, dei loro gossip, e ciononostante andavano regolarmente ad inchinarsi a loro, confessando i loro peccati a chi, ben sapevano, ne stava commettendo dei ben più gravi, e non doveva recitare per giornate le preghiere, o fare penitenza per ottenere le assoluzioni.

La Riforma, in sostanza, fu una (è difficile dire quanto sia riuscita o meno nel suo proposito) rivolta contro l’ipocrisia di popoli che la rifiutavano tanto quanto i latini-bizantini la usavano.

Naturalmente anche la nascita del Capitalismo non potè che essere diversa nelle due culture: l’Italia

divenne la madre dell’Economia Fittizia: quella che nel gergo inglese viene chiamata con disprezzo “Money for Nothing” – e cioè cercare di impossessarsi di moneta senza dare in cambio nulla di reale, specialmente un serio impegno di lavoro. E così, mentre gli anglosassoni divennero i padri della divisione del lavoro, della produttività marginale dei fattori della produzione (insomma dell’industria reale e non fittizia), i latini divennero i maestri dell’imbroglio (o, per dirla con un termine che fu così caro a Veblen, dei guadagni pecuniari).

Nel 1492, mentre Cristoforo Colombo scopriva l’America, in Toscana nacque la prima banca: Il Monte Dei Pascoli di Siena.

Ma anche nella gestione delle nuove terre scoperte i latini non si smentirono. La cattolica Spagna, tutto sommato, poco fece tranne rubare i tesori e schiavizzare gli indigeni; i francesi vendettero la Lousiana per fare cash. Infatti perché lavorarci? Meglio “Money for Nothing”.

Il Monte dei Pascoli di Siena nacque perché i pastori senesi e di parte dell’odierna Maremma avevano bisogno di transumare le loro pecore nell’Appennino Toscano, e dovevano passare dalla provincia di Arezzo, dove i danteschi “botoli ringhiosi” non soffrivano di complessi di colpa quando rapinavano

i placidi pastori senesi e grossetani che si trovavano a passare di là...

Così il Monte dei Pascoli di Siena divenne quella agognata opera caritatevole che si prendeva cura di custodire i danari dei bucolici pastori, i quali – pur di sfuggire alle rapine – consegnavano, prima di dirigersi verso l’Appennino Aretino, il loro danaro presso tale Monte, pagandogli il 2% per la custodia quando, al loro ritorno dalla transumanza, ripassavano da Siena. Se, poi, venivano uccisi prima, il Monte dei Pascoli, in cuor suo, ringraziava gli assassini, e si teneva tutto il malloppo.

Le banche sono nate così: ”Money for Nothing”. Impararono subito a dare a prestito i soldi degli altri guadagnando da entrambe le parti. Senza alcun impegno di lavoro reale e produttivo.

I Medici di Firenze, poi, ebbero la grande genialità di fornire anche artisti ed architetti ai Re, Principi e Signori cui prestavano danaro per le loro opere pubbliche (fortezze, macchine da guerra, castelli, ponti strategici, ecc.); e – di fatto - furono gli inventori dei primi “progetti a chiavi in mano”.

Il Rinascimento Italiano è stato questo: un periodo fondamentale per la storia dell’Umanità; ma il lavoro non era certo la sua cultura di base, che era appunto quella del “Money for Nothing”.A differenza dei paesi anglossassoni, ai quali certamente si deve la nascita del Capitalismo (se con questa accezione si intende la nascita e lo sviluppo dell’industria reale).

In sintesi è evidente che il Capitalismo è stato partorito e pasciuto con due diversi approcci culturali:

l’uno basato sugli imbrogli, sulle preghiere, la corruzione, le opere di bene (appunto“Money for Nothing” - cioè "Economia Fittizia") e l’altro sul lavoro (Money for Working, e cioè Economia Reale).

Non è che da una parte si debbano porre in maniera manichea i Santi e dall’altra i Demoni; la corruzione, le opere di bene, le preghiere hanno caratterizzato entrambe le culture. Ma è chiaro come l’una (basata maggiormente sul crisma del lavoro) abbia prodotto imprenditori responsabili nei confronti di se stessi e degli altri, mentre dall’altra parte si sono prodotti prevalentemente imprenditori opportunisti (convinti che la corruzione e l’imbroglio rendessero più della produttività).

E la storia economica recente dell’Italia non è sfuggita (né sembra abbia intenzione di sfuggire) alle sue consolidate tradizioni mentali: tutto sommato l’imbroglio è una opzione meno faticosa del lavoro.

Ovviamente gli anglosassoni la pensano al contrario; essi amano Leonardo ed odiano Machiavelli (e di fronte a certi italici imbrogli, a volte incredibilmente complicati, spesso ci verrebbe da chiedersi se non fosse meno faticoso lavorare – ma tant’è: principia imperant).

L’Economia è una scienza del concreto: quindi veniamo ai fatti. La prima vera industria italiana nasce solo col Fascismo, quando la politica autarchica del Governo ha bisogno impellente che si producano “cose di cui si ha bisogno e che non si devono importare”.

L’industria italiana, di fatto, non nasce dall’iniziativa privata, ma piuttosto dal sostegno che il Governo Fascista dà senza remore a coloro che un po’ di iniziativa ce l’hanno. E li assiste dando loro enormi privilegi. L’industria italiana, nel senso moderno dell’accezione, nasce dunque “assistita” e non cesserà più di esserlo. E soprattutto gli “assistiti” saranno uomini del Lombardo-Veneto e Toscani (leggi Granducato di Lorena) cui la dominazione tedesca aveva certo insegnato qualcosa di diverso oltre il latino, ed in Piemonte (perché piemontese è la Casa Reale). Ma è ovvio che, se Cesare è disponibile, e ci sta a far passare un imbroglio per un’agevolazione, piatto ricco mi ci ficco; la moneta cattiva scaccia quella buona.

Del resto non vogliamo dare dei giudizi morali di valore: tutto sommato l’arte di arrangiarsi non è forse più poetica del dovere del lavoro? E’ evidente che sì.

La storia economica dell’Italia dimostra che, senza l’intervento economico dei Governi, e di tutto l’Establishment Politico, nessun imprenditore sarebbe mai andato avanti da solo (vedi Aermacchi,

Olivetti, Augusta, Montedison, Bastogi, Fiat) nel tempo.

Lo sviluppo industriale italiano dei nostri giorni trova il suo trampolino di lancio nel Piano Marshall. Nascono le imprese, ma non gli imprenditori (per cultura non siamo capaci di progettare lavoro, rischio, produttività: meglio un inciuccio). Da un lato si sviluppa solo la piccolissima impresa e dall’altro qualche grosso in quanto totalmente assistito dallo Stato.

La locuzione piccolissima non viene pronunciata a caso; infatti sarebbe errato paragonare quella che

noi chiamiamo “piccola impresa” alle Small Business anglosassoni: queste ultime hanno normalmente dimensioni che noi notoriamente chiamiamo “rilevanti”.

Il mito della piccola impresa italiana attiene soprattutto a dimensioni artigianali; il lodevole e lodato “Sior Bambilla”altro non è, di solito, che un operoso ex artigiano che ha superato i 35 addetti e si è costituito in società a responsabilità limitata, dove i soci sono prevalentemente familiari. Qualcuno si trasforma anche in società per azioni, ma solo perché, nella maggior parte dei casi, lo ha convinto esclusivamente il Commercialista per inventarsi un compenso. Infatti non si vede quale differenza ci

possa essere tra una srl ed una spa quando i soci sono gli stessi componenti della famiglia (e le dimensioni non siano tali da far aspirare le società ad essere quotate in Borsa) e le banche vogliono fideiussioni personali dai soci.

Ma, giunti alla fine degli anni ’60 ed all’inizio degli anni ’70, il nodo comincia a venire al pettine.

E’ il periodo in cui noti economisti lanciano le prime grida di allarme. Paolo Sylos Labini viene apprezzato in tutto il mondo per le sue ricerche sui mercati oligopolistici e sulla necessità delle imprese di aumentare le loro dimensioni per poter essere concorrenziali;sfiorerà il Premio Nobel, ma in italia nessuno gli darà retta. Federico Caffè scrive il suo migliore lavoro: ”Un Economia in Ritardo”, dove, tra l’altro afferma “Francesco Saverio Nitti rimproverava (1906) ad alcuni gruppi siderurgici nazionali non già di ottenere commesse statali a condizioni vantaggiose, ma di non far nulla per creare una solida base industriale…..la mancata crescita delle imprese appare un fatto anomalo”. Giorgio Fuà, dalla sua cattedra di Ancona pone continuamente il problema della necessità che l’industria italiana sappia capire l’importanza dell’accumulazione del capitale (il noto fattore K keynesiano). Caudio Napoleoni, Lucio Colletti, Napoleone Colajanni, Giacomo Becattini, Nicola Cacace (che non erano certo di destra) nei loro lavori gridano al pericolo di una piccola impresa italiana incapace di strutturarsi modernamente, ed insegnano all’Italia come funzionano le transanazionali ed il grande capitale. Ma non saranno presi in minima considerazione nemmeno da Berlinguer quando parteciperà ai governi di Unità Nazionale. E, su “La Repubblica”, Lucio Colletti sarà molto chiaro: ”Preferiscono i Ladri ai Rossi”. In fondo ed infine anche Berlinguer non era italiano? E non portava la domenica la moglie alla Messa? Quindi un certo rapporto con la Divina Provvidenza ce lo doveva pur avere. E cos’è la Divina Provvidenza se non Money for Nothing.

E così per anni. Che noia! Menomale (solo per quanto riguarda la noia) che nel 1992 scoppia “Mani Pulite”. Nascono le forze politiche della “Seconda” Repubblica. E che fanno? Nominano un Ministro del Tesoro che dilapiderà il 25% circa delle riserve del Tesoro Italiano per “salvare” la lira. Poi la svaluta ugualmente (perché non lo fece subito?) e come premio lo fanno anche Presidente della Repubblica.

Poi, mentre l’Economia americana è in crisi a causa della scellerata politica economica reaganiana, alcuni paesi europei, Italia in testa, aderiscono al Trattato Di Maastricht; e cioè ad una politica economica monetarista che – per definizione – comporta solo recessione (mentre ormai qualunque economista, anche di basso livello, sa bene che l’inflazione non si combatte più con politiche monetarie, ma con l’efficienza industriale). E si finisce per fare gli interessi degli USA.

Vengono anche favorirti i paesi che non aderiscono all’Euro: Gran Bretagna, Svezia e Danimarca. I quali possono continuare, con le monete proprie, a speculare sul dollaro che cala e sull’Euro che cresce.

Le Forze Politiche della “Seconda” Repubblica si guardano bene da affrontare il problema fiscale e quello del nanismo economico: e continuano ad osannare il piccoli imprenditore.

Ma quali imprenditori? Semplici artigiani che, con il “Fondo Perduto” ed il “Mutuo Ventennale Agevolato al 2%” (mentre l’inflazione si avvicinava sempre più ai due punti) si erano comprati prima la macchina “bella”; poi avevano costruito abitazioni private sopra l’officina (con i danari provenienti dai finanziamenti industriali), divenute oggi immobili urbanizzati. E la produttività dell’azienda….quella che c’entra? Molti di loro non hanno ancora imparato a sentir dire la parola “azienda”. I Commercialisti non si preoccuparono di sviluppare nei loro clienti la cultura industriale (a parte il fatto che nelle loro università nessuno gli l’aveva insegnata): per loro è più semplice e comodo (e redditizio) limitarsi a fare le dichiarazioni dei redditi, ed ad avere “buoni rapporti”con i marescialli della Guardia di Finanza quando venivano (e vengono) a fare gli accertamenti.

E’ l’italia, tanto osannata, dei “Sior Brambilla” e del “Rajunat: “Money for Nothing”per entrambi, e nessuna economia reale per qualcuno.

Ma cosa veramente c’era sotto tutto questo? Gli ideali? Dei sani principi economici? Nulla di tutto questo. La risposta è molto semplice, ed è proprio di Economia Istituzionale: se si dava un solo fondo perduto e mutuo (alle nuove imprese che sarebbero nate da fusioni) gli uomini politici di allora (tutti) avrebbero intascato solo una tangente; se si davano tre mutui a tre “Sior Brambilla”, le tangenti sarebbero state tre. E tre tangenti su tre mutui, ad esempio da 300 milioni l’uno, sono superiori ad una sola tangente su un unico mutuo da 900 miloni.

La logica è perfetta. Infatti la parola tangente non viene certo usata impropriamente: essa in matematica è la derivata (l’utilità od il costo marginale) di una funzione. Infatti la funzione della corruzione altro non è ramo che un ramo di iperbole del tipo y=xn-h ; graficamente:

dove y rappresenta il cumulo dei mutui concessi (dal più elevato di importo a quello progressivamente di più basso importo), ed ni la posizione ordinale dei beneficiari del mutuo (anch’essi ordinati da colui che riceve il mutuo più elevato a quelli che progressivamente ricevono mutui sempre di minore importo).

Per cui il coefficiente incrementale (δyi) della funzione rappresenterà l’importo del mutuo che viene erogato al beneficiario di ordine ni ; così come la costante x rappresenterà il mutuo di importo più elevato che viene concesso.

Il ramo di iperbole avrà un segno negativo (-h, dove h è compreso tra 0 e 1) in quanto l’importo di ogni mutuo che si aggiunge al precedente sarà di importo minore.

Il rapporto tra i due incrementi marginali (δy/δn), e cioè la derivata, rappresenterà quanto il corruttore pagherà al corrotto. Ma la derivata altro non è che la tangente, e che si può ben misurare attraverso il suo coefficiente angolare.

Nel grafico riportato vediamo che la tangente del mutuo m1 da 900 milioni dà un coefficiente angolare ( α ) di circa 29 gradi; mentre il coefficiente angolare del mutuo di 300 milioni ( β ) è di circa 13 gradi. E’ cioè verificata la condizione matematica di disuguaglianza:

3(dy2dn2) > dy1/dn1

3x13>29

In poche parole al corrotto conviene più erogare 3 mutui da 300 milioni che uno da 900. Questa è stata il vero principio di Politica Economica che ha guidato il nostro paese (ma quale “teoria della competitività della piccola industria?”) ed ha condotto al nanismo economico.

Trattasi di un perfetto teorema matematico, dove il corruttore si carica di esternalità negative che il corrotto intasca, perché – quale free rider della situazione – del risultato collettivo non gliene frega nulla. Del resto chi osa supporre che il “Sior Brambilla” conosce – a differenza del colto free rider la matematica? Il quale free rider, tutto sommato, si guarda allo specchio e si chiede. ”O forse le tasse

non devono rispondere al principio della progressività?” Ovvio. Le tangenti pagate dagli imprenditori

non sono forse simili ad un sistema di Gabelle?

Appunto “Money for Nothing”, come ai tempi del Monte dei Pascoli di Siena, grazie ai banditi aretini (anche per questi ultimi…. “Money for Nothing”; ma notoriamente più bravi in matematica dei pastori senesi. Non a caso Luca Paciolo, il geniale inventore della partita doppia, era aretino). Naturalmente le piccolissime dimensioni industriali non necessitano di cultura aziendale. Non rispondono a principi manageriali. Basta saper leggere e scrivere (anche male). E poi chi, nel periodo ha accantonato danari, di certo risponde come mi ha risposto giorni fa un imprenditore orafo. ”Ma, dottore, non penserà mica che mi voglio rigiocare il cacio vinto!”.

Da sapere che questo imprenditore (e come lui tanti – ma non se ne sono ancora nemmeno accorti), dopo che Nixon il 15 agosto 1971 sospese la convertibilità del dollaro, e l’oro aumentò in poco tempo di tre volte il suo originale prezzo di 35 dollari l’oncia,vide aumentare la propria ricchezza a dismisura: acquistava oro oggi ed il giorno dopo valeva continuamente di più.

Per quanto concerne il Decision Making usava il criterio che segue.

Mentre nel crogiuolo venivano fusi i lingotti d’oro per essere mescolati ad altre leghe, egli vi gettava dentro, facendo ogni volta “l’ombrello” con il braccio sinistro e la mano destra, tre manciate di rame: pronunciando le seguenti tre frasi magiche (altro che Mago Merlino) che accompagnavano ulteriori gettate di rame:

La prima: “Questa è per pagare gli operai”. La seconda: “Quest’altra per pagare il Ragioniere”. E la terza: “Quest’altra è per me. Inoltre non ce ne metto un’altra per le tasse, visto che non le pago! C’ho la Ferrari, ma dalle mie dichiarazioni dei redditi risulto in perdita”.

E così milioni di persone hanno comprato orecchini, braccialetti, anelli a 18 karati, come “bene rifugio”.

Un altro fabbricava catene vuote all’interno, che riempiva attraverso una siringa con acqua. Così al momento della vendita le catene pesavano di più. Dopo qualche giorno l’articolo venduto diminuiva di

peso, ma ormai l’affare era fatto. Appunto “Money for Nothing” (e ci vollero molti anni per capire l’imbroglio). Va bene che il Dio Greco Mercurio era sia il Dio dei Ladri che quello dei Mercanti, ma forse

qualcuno lo ha preso un po’ troppo alla lettera.

Ora è peraltro vero che oggi esiste il problema fiscale del Debito Pubblico e della Pressione Tributaria.

Ma, siccome nessuno può negare che le imprese di dimensioni manageriali normalmente pagano le loro (salate) tasse, mentre sono le piccole dimensioni che permetono “il nero”, se si fosse attuata una politica industriale basata sulla crescita di dimensioni delle aziende, oggi in Italia il problema del Debito Pubblico non esisterebbe, perché – a partire dai primi anni settanta – il gettito fiscale italiano sarebbe stato almeno il doppio.

E così oggi ci ritroviamo un Italia i cui Conti Pubblici non reggono la sfida europea; con un sistema chiamato “industriale”, dove gli “industriali” magari sono molti, ma gli imprenditori rari - e senza imprenditori non si fanno le imprese (che non nascono da sole, come i funghi porcini).

E dunque ci ritroviamo con i Conti dello Stato che tutti conosciamo. Cosa hanno fatto i learders della “Seconda” Repubblica? Ovviamente, anche loro, Money for Nothing.

Ed ancora chi è chiamato a pagare la mancanza di produzioni efficienti? I dipendenti a reddito fisso,

naturalmente con le loro tasse. Mentre il “Sior Brambilla”si ritira perché non ha la professionalità per andare avanti. Non è stato abituato a guadagnarsi i soldi cercando di essere “concorrenziale”. E poi, ormai a lui ed ai suoi free riders (in questo caso forse sarebbe più consono il termine raiders) non si sono ormai sistemati?

Casa e barca al mare, amanti filippine o di Santo Domingo (o i “girasoli”, come vengono chiamate le vietnamite basse e sempre sorridenti); la supermacchina; e, va bene, anche la moglie faccia pure la Messalina (del resto non è la moglie di Cesare?).

Fortunati i lavoratori il cui “Sior Paron” riesce in qualche modo a rifilare l’azienda a qualche multinazionale; perché se il “Sior Paron” non ci riesce, si ritira. E le fabbriche licenziano.

Tra l’altro da molti anni è entrata in vigore in Italia una normativa che impone agli Amministratori del Sistema creditizio di possedere una specifica cultura e preparazione professionale. Perché non si è pensato anche ad una normativa che imponesse ai Legali Rappresentanti di società i cui soci non rispondono illimitatamente e solidarmente dei loro debiti di essere in possesso ameno di una laurea? Ma del resto, ancora una volta, se è il principio è sempre “Money for Nothing”, occorre forse una adeguata preparazione professionale? Certo che no.

E la Cultura per i nostri figli? Le facoltà italiane di economia continuano ad essere una tragica fogna dove si insegnano ancora cose che ormai servono solo a confondere le idee, giusto per parcheggiare fino a 30 anni i giovani che ne escono senza aver acquisito una seria specializzazione.

Il nanismo economico non regge alla concorrenza. I Conti Nazionali dei Paesi di Eurolandia vanno ormai ufficialmente male. Ma l’Euro continua a crescere di valore sul dollaro, mentre l’Economia USA riprende (sulla pelle dei poveri, ovviamente). Ma, secondo le Teorie Monetarie, se i Conti di una Nazione sono negativi, la sua moneta dovrebbe perdere di valore sui mercati. Ma, guarda caso, per quanto riguarda l’Euro avviene il contrario. Dove sono finite le Teorie Monetarie?

Si vede all’orizzonte qualcuno che abbia intenzione di guardare le cose come stanno? Sinceramente no. A guardarli bene ci sembra che tutti non siano collocati sia nella posizione di poter capire come nella posizione di non poter non capire; sono talmente confusi che a qualcuno sembrano serpi che hanno perso la tana; ma non è vero: non sono più neanche serpi, ormai sono solo anguille scivolose.

La sinistra sta a sinistra di nessuna destra: la destra sta a destra di nessuna sinistra. Ed l’unico Centro che rimane (se mai ce n’è stato uno) è quello della nostra Madre Terra.

Cosa si spera? Non è affatto difficile rispondere. In Italia continuiamo a sperare tutti sempre nella stessa cosa: ”Money for Nothing”.E non è detto che debba proprio essere del tutto sbagliato. Nessuno ha mai saputo cosa gli riserva il futuro, ed i veggenti di solito finiscono bastonati o arrestati (o fuggono all’estero in paesi per i quali, però, non hanno mai fatto alcuna profezia).

Massimo Bartolozzi
Massimo Bartolozzi

BIO IN ITALIANO

Nel 1961 si diploma in Ragioneria. E' più di un anno avanti rispetto alla normale età scolastica. Riceve al Quirinale dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi una lettera di congratulazioni essendo il diplomato più giovane d'Italia.

Si laurea presso l'Università di Perugia in Economia e Commercio nel 1968, con una tesi in Economia Bancaria che riceverà 19 punti sul massimo di 20, ottenendo un record italiano che non sarà mai superato.

Come Borsista diviene Assistente Ricercatore presso la Cattedra di Tecnica Bancaria presso la Facoltà di Economia e Commercio di Perugia.

Nel 1970 inizia gli studi presso la Boston University, Massachussets USA.

Nel 1971 entra all'Ufficio Studi e Ricerche Economiche dell'ENI.

A tale data Massimo Bartolozzi era già entrato in contatto con il grande Economista James Meade di Cambridge, cui aveva spedito la sua tesi. Il rapporto con questo Maestro durerà per molti anni, e sarà fondamentale per la sua formazione di Economista.

Nel 1973 passa dall'ENI alla GEPI come Direttore della Divisione Finanza e Programmazione, occupandosi di ristrutturazioni aziendali, finanziamenti e rapporti con il Mondo Bancario e di Borsa.

Durante i suoi studi alla Boston University compie due tirocini di tre mesi ciascuno presso la World Bank in Washington ed ha occasione di recarsi in Sri Lanka, Costa d'Avorio e Zambia nel quadro degli aiuti ai Paesi in via di Sviluppo.

Nel 1974 ottiene presso la Benjamin Franklin Boston University il Ph.D. in Economia ed Econometria.

Nel 1976 James Meade riceve il Premio Nobel per l'Economia, e invia Massimo Bartolozzi come Lecturer presso l'Unversità di Panjim – Goa (India). Dove ritornerà, sempre come Lecturer, più volte. Conosce l'India ed abbraccia la religiosità Induista.

E' anche Lecturer presso le Università di Standford, De Paul University-Chicago, Cambridge e Austin (Texas), dove aderisce alla corrente Istituzionalista dell'Economia.
Diventa Membro della American Managemet Association; dell' Economic Journal Association e della Leaders in Mind di New York.

Pubblica negli USA ed in Inghilterra numerosi lavori, tra cui i più noti sono: “Oligopoly: a Contracting Approach” [Ed . Allen-Londra 1976]. ”Where is only one proof or one evidence of free-market?” [Colorado State University-Economic Bulletin, marzo 1975]. “Central Banks, Interest Rate and Inflation” [World Bank Journal, 1975 - Washington]. ”The invisible hand is a fair tale or a cheat?” [De Paul University Quaterly Journal - Chigago 1976].

Nel 1977 riceve da Robert Mac Namara, Presidente della World Bank, la proposta di entrare a far parte dello staff della sua Segreteria Particolare. Bartolozzi accetta di trasferirsi negli Stati Uniti. Quando, prima di assumere l'incarico, irreversibili e gravissime avversità colpiscono la sua famiglia in Arezzo, ed è costretto a rinunciare. Dovrà anche tornare ad abitare ad Arezzo.

Nel frattempo è consulente sempre della Gepi, della Cassa del Mezzogiorno e dell' ENI. Ha diversi incarichi come Amministratore e Sindaco Revisore in società dei Gruppi Gepi, Eni, IRI.

Nel 1978 inizia l'attività di Dottore Commercialista in Arezzo, alla quale si era abilitato a Roma già nel 1974. Ma è anche Direttore Generale della TESAR SPA in Arezzo (a partecipazione ENI).

Dal 1981 svolge solo la sua attività in Arezzo. Oltre ad essere dal 1995 al 2000 Docente di Economia Applicata presso L'Ateneo Universitario Giacomo Ugolini in San Marino.

Nel 1985 costituisce la FAC EUROITALIA srl, una Professional Consulting di cui è ancora Presidente, la cui Ragione Sociale sarà mutata in Fac.Bartolozzi Consultuing Srl.

Nel 1989 [Editore Buffetti] pubblica il libro “La Cessione dei Crediti” cui seguiranno “Il Manuale sull' Elusione, 1994 e “Crediti Inesigibili: Il Punto”, 2000, cui seguirà una nuova aggiornata edizione nel 2005.

Massimo Bartolozzi è uno degli Official Speakers dell'Associazione Internazionale Leaders in Mind di New York ed è chiamato spesso come relatore in importanti conferenze internazionaliper i seguenti argomenti:
- Distribuzione dei Redditi -Income Distribution
- Gli Spazi Vettoriali nella Teoria Dell'Impresa
Vector Spaces and Enterpise Theory
- Decisioni Manageriali su Informazioni Imperfette
Making Decision and Imperfect Information
- Le Economie a Somma Zero .-The Zero Sum Economies

Ottiene nel 2003 dalla Dialog Software di Oslo (Norvegia) la certificazione internazionale di “ Balanced Scorecard Operator”.

.

E' Docente di Economia Applicata;Matematica Finanziaria e Economia Bancaria presso il "L'Ateneo Internazionale Giacomo Maria Ugolini-Ambasciatore" -da quest'ulmimo fondato- presso la Repubblica di San Marino:Ateneo che svolge Corsi di Specializzazione a Laurati.
Attualmente svolge l'attività di Economista e Dottore Commercialista ( Diritto Societario e Tributario ,Start Up e Ristrutturazione di Imprese in Arezzo- Via Cimabue 30.
Per pareri su tali materie contattare mbrt@email.it.





Englisjh BIO

Arezzo.


ENGLISH BIO


Massimo Bartolozzi was born in Arezzo (Italy) on 4 th of June 1943. He got in 1969 his degree in Economics at the University of Perugia. His thesis got a bonus of 19 points (the highest possible was and is 20 points), that is the Italian record so far in the matters of Economics Theory and Applied Economics.

In 1970 he passed also the teacher's diploma exam through in Economics and Juridical Regulation. In the same year he started his economist carrier for ENI (Italian Oil Company- a Public Company) as member of Economic Research Department. After two years he was called as Chief of Economic Research Department of GEPI spa (Industrial Enterprises Managing and Acquisition Joint Stock Company-a Public Company too).




In 1974 he got the Ph.D. in Economics at the Benjamin Franklin Foundation in Boston (USA) and the official qualification to practise the profession of Tax Lawyer and Book Chartered Accountant Doctor.


He had already the chance to meet in Cambridge (UK) James Meade (who was going to become in 1976 Nobel Laureate in Economics). At the time Massimo Bartolozzi did his degree's thesis about the Meade's thought on the market structure. The pupil relation with J. Meade was keeping on for many years.

In the meantime Massimo Bartolozzi, as Chief of GEPI Economic Research Department, seized many opportunities to take part in very important workshops and economic researches in Italy and in all the world, India included. In Italy mainly he was member of Prometeia Economic Association and Agnelli Foundation's Progetto Valletta. He had the opportunity also to get in touch with the rising industrial problems of CEE.

In 1977 Robert Mac Namara, President of the World Bank, read out by chance a paper (published in an American Review) of Massimo Bartolozzi having for subject the role of Central Banks in the monetary market.


A good job was offered to Massimo Bartolozzi in the World Bank staff of President Mac Namara.But suddenly gievious adversietes hitetd his family;and he was forced to come back to live in Arezzo-Tuscany-Italy


As economist Massimo Bartolozzi will join the Istitutional Economic Thought,and publish many important papers, as "Oligopoly: a contacting approach" [ G. Allen Press – London –1976] or “Where is one proof or one Evidence of free market?" [Colorado State University,Economic Bullettin, March 1978]. And also “The invisible hand is a fair tale or a cheat?" [De Paul University, Chigago, 1978].

Since 1976, besides the economic research, Massimo Bartolozzi starts the Chartered Accountant and Manager Consultant profession. He deals with Society and Fiscal Law, especiallly in Restructuring Processes. His office was in Rome first, then in Arezzo since 1982.

He improves also Work Psychology and profiler profession for Managers jobs.

In 1985 he set up FAC EUROITALIA - whose name will be changed in FAC.BARTOLOZZI CONSULTUNIVERS.it - a professional consulting very known in Italy; now he is the CEO.

In 1989 he releases, Buffetti publisher, the book "Credit Management" which becomes a best seller. He writes "The Elusion Manual" and "Outstanding Credits Today" too.

He's a member of the American Member Association, of the "Leader in Mind" association in London and of IARIW in Brussel.


He is one of the Official Speaker of the International Association LEADERS IN MIND of New York (Usa) per thee following topics:
- Income Distribution
- Vector Spaces and Enterprise Theory
- Msking Decision and Imperfect Information
-The Zero Sum Economies

From 2003 he is also "Balance Scorecards Operator" for the company Dialog Software (Oslo).
At the Moment HE IS A Jobber in Italy -Arezzo- Tucany -Via Cimabue 30.
To conctat mbrt@email.it