Otakus
Da qualche mese è presente su YouTube un corto di una casa cinematografica indipendente argentina: Otakus, della Kamikaze producciónes. Il corto narra la lotta tra due appassionati di cartoni giapponesi per dimostrare chi sia il massimo conoscitore del tema.
Bene, questo è un corto che va visto, senza ulteriori spoiler (come vedete neanche le foto a fianco dicono molto): non proseguite nella lettura senza prima aver cliccato qui (versione con sottitoli in inglese).
Dopo averlo visto, ho deciso di contattare gli autori per un’intervista, che mi hanno gentilmente concesso.
Rispondono Andrés Borghi, regista di Otakus, e Hugo Meyer, produttore esecutivo e direttore del suono di Otakus.
Iniziamo come si usa solitamente: parlate della Kamikaze producciónes. Chi siete, che fate, dove lavorate e perché.
Andrés: Fondamentalmente siamo un gruppo di amici conosciutisi studiando cinema. La nostra passione per i corti ci portò a unire le forze e formare la Kamikaze producciónes per poter continuare a realizzarli anche dopo la scuola. Tutti i membri della Kamikaze sono direttori di aree di lavoro specifiche come la fotografia, il suono, ecc… e grazie a questo la varietà di stili nei nostri corti è molto ampia.
Hugo: L’idea è sempre stata quella di autoprodurci, in modo da godere dei frutti del nostro lavoro. Realizzare progetti che ci piacerebbe vedere al cinema. In pratica, lo facciamo principalmente per noi stessi. Abbiamo la fortuna che ultimamente i nostri gusti coincidono molto con quelli del pubblico.
A chi è venuta l’idea di Otakus? Ditemi la verità, siete otaku anche voi, semplici appassionati di fumetti giapponesi… o prendete in giro tutti quelli che passano il tempo a guardare e leggere anime e manga?
Andrés: L’idea per Otakus è stata mia, dal momento che di tutti i membri della Kamikaze io sono l’unico che guarda anime. Volevo realizzare un corto da mettere in rete in modo che la gente lo vedesse e si meravigliasse degli effetti speciali, e approfittarne per far pratica di postproduzione in digitale. Per giustificare un corto del genere mi venne l’idea di girare una storia di due otaku che combattono per vedere chi ne sa di più. Per quanto mi riguarda, io non sono un otaku. Sì, mi piacciono gli anime e ho avuto il mio periodo Dragonball come tutto il mondo, ma non sono molto addentro al tema. È anche ovvio che se non mi piacessero tanto gli anime non avrei potuto imitarne così bene lo stile.
Seriamente, cosa pensate dei veri otaku?
Andrés: Il mondo degli otaku è qualcosa di molto strano, visto da fuori. Ultimamente ho partecipato a molte convention per presentare il corto, e mi ha sorpreso la quantità di cosplayer che ci sono in Argentina. Diciamolo, è divertente mascherarsi come il tuo personaggio preferito, però non si può negare che all’esterno è qualcosa di molto strano da vedere. Indubbiamente ci sono ragazze molto belle che fanno cosplay. Riguardo al tema del corto, la prepotenza e l’orgoglio eccessivo di questi due otaku, sappiamo che non si tratta di fantasia. Per questo anche l’Uomo dei Fumetti nei Simpson è così. Non tutti gli otaku sono così, però che ce ne sono è vero. Allo stesso modo, il corto non è stato fatto per burlarsi di nessuno. Credo che uno debba poter rider di sé stesso per poter essere felice, e se un otaku puro e duro si sente offeso da questo corto penso che questo ragazzo abbia seri problemi.
Hugo: Inoltre, credo che si possa andare anche oltre gli otaku. Durante varie proiezioni del corto, molti appassionati di cinema o calcio ci hanno dichiarato di essere così in questioni di fanatismo o passione per qualcosa. Abbiamo assistito a molte discussioni su, per esempio, se quel film fosse di tale anno, se lo dirigeva quel regista o quale. Credo che ci si possa allargare oltre il fanatismo per gli anime. È anche un modo per mostrare quanto lontano si può portare un determinismo.
Vedendo il corto, ci rendiamo conto che la vostra maggiore ispirazione viene da Dragonball: quali altri anime vi piacciono molto?
Andrés: È così. L’ispirazione principale viene da Dragonball, sebbene siano anche ovvie le referenze a I cavalieri dello zodiaco. A parte questi, non abbiamo preso elementi di altri anime in particolare. I miei anime preferiti, a parte questi due classici, sono: Akira, Ninja Scroll, Le bizzarre avventure di Jojo, Evangelion e Death Note. Al momento non ne ricordo altri.
Hugo: Io non sono un otaku, e non ho mai visto anime. Andrés ha dovuto mettermi al corrente di tutti questi elementi, dal momento che non avevo familiarità col codice giapponese.
Chi lo desidera, può vedere il corto sul vostro sito e su YouTube: ma è stato proiettato anche per il grande pubblico. Dove, esattamente?
Andrés: Il corto è passato per vari festival nazionali: El Uncipar 2007, El Fesaalp (La Plata), Escobar de Película, San Pedro Cortos e ha partecipato anche al festival U.N.I.C.A. di quest’anno in Slovacchia. Che riceva premi o meno, ottiene sempre un buon riscontro di pubblico.
Quanto tempo ci è voluto per terminarlo?
Andrés: È stato girato in 6 o 7 giorni di riprese molto distanti tra loro, e la postproduzione ha portato via molto tempo tra audio e video. In totale, tutto il processo ha impegato più di un anno. In parte perché nel frattempo stavamo girando il nostro prossimo corto intitolato Dedicado a nadie che sarà pronto a inizio 2008.
Hugo: Dopo i 7 giorni di riprese, il montaggio e gli effetti visivi hanno impiegato 3 mesi di lavoro, mentre il montaggio e il missaggio sonoro avranno impiegato approssimativamente 2 mesi.
Otakus ha ricevuto anche due premi per gli effetti speciali. Davvero, sono magnifici, per essere solo una produzione indipendente. Come ci siete riusciti?
Andrés: È parecchio che io mi occupo di effetti visivi. È una cosa che mi piace molto e che già ho sperimentato in lavori precedenti come il lungometraggio comico Bailando con el Peligro. Il segreto sta nel girare le scene sapendo perfettamente come si lavorerà in postproduzione. Se mi serve che un tizio venga scaraventato fuori da un pugno, mi occorre anche lo sfondo vuoto per sovrapponerlo. Per questo, lo filmo sul momento per tenerlo da parte. Si tratta di familiarizzare col tema. Al giorno d’oggi realizzare grandi effetti di postproduzione non richiede grandi spese, da che l’utente comune ha a disposizione strumenti potentissimi con i quali può fare quasi qualsiasi cosa, se li sa sfruttare. In questo caso tutti gli effetti sono stati realizzati usando Adobe After Effects.
Voi parlate giapponese? Di chi sono le voci che sentiamo mentre lottate? E ancora, chi ha scritto la canzone finale? Sembra sullo stile di cantanti come Hironobu Kageyama (sempre Dragonball…)
Andrés: Per chi non lo sapesse, io sono quello che interpreta Jorge, quello con gli occhiali e la maglietta arancione. L’altro ragazzo è Nicolás Stilman, uno dei miei migliori amici. Nicolás studiò giapponese un tempo, in un istituto specializzato in cultura nipponica ed è da là che sa parlare un po’ la lingua. Lui ha fatto tutte le traduzioni e mi ha aiutato con la pronuncia. Per quanto riguarda la canzone finale, è stata composta da mio fratello Pablo Borghi, celebre musicista della famiglia. Gli proposi l’idea di scrivere una canzone in stile anime e lui prese un vecchio tema che aveva composto per il conservatorio, un bolero se non mi sbaglio, e lo ha trasformato in questa splendida canzone. Il testo lo abbiamo composto Nicolás e io, e quello che canta è Nicolás, visto che gli riesce bene cantare con quell’emozione che ci mettono i cantanti giapponesi nelle sigle di chiusura degli anime.
E concludiamo come si usa solitamente: parlate del futuro della Kamikaze producciónes, e soprattutto di Otakus.
Andrés: Otakus continuerà a viaggiare per il mondo competendo nei festival. Per quanto riguarda la Kamikaze producciónes abbiamo molti progetti in mente. Abbiamo in cantiere almeno tre corti per ingegnare i registi della Kamikaze che passano per svariati generi come il terrore, il dramma e la commedia.
Hugo: Per rimanere aggiornati, vi invito a visitare di volta in volta la nostra pagina web: www.kmkz.com.ar
Lì potrete trovare tutte le novità e lo stato di ogni progetto in produzione.
Grazie di tutto, ragazzi.
E, se siete arrivati fin qui senza aver visto prima il corto, siete degli stupidi.
Giuseppe A. D’Angelo