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Web 2.0, mondi virtuali come Second Life e comunicazione partecipativa: come la Generazione V sta cambiando l’universo dei media

22/05/2008 26716 lettori
5 minuti

Il modo in cui le nuove tecnologie informatiche e telematiche stiano modificando la comunicazione e i mercati è uno degli argomenti su cui si sta appuntando lo studio degli analisti.

La comunicazione tradizionale, a senso unico, in cui si distingue da un lato chi ha il potere di controllo dei media e dall’altro chi ne subisce più o meno passivamente l’influenza, sta progressivamente cedendo il posto a un modello in cui il flusso della comunicazione ha piuttosto l’aspetto di una nebulosa, di una rete di contatti in cui esistono dei nodi più rilevanti di altri ma in cui ciascun attore può avere un ruolo attivo e robusto.

Il cambiamento sempre più marcato introdotto dal Web 2.0 è proprio nel fornire agli utenti del Web la possibilità di essere editori di sé stessi e di porre i propri contenuti allo stesso livello di quelli dei media tradizionali – almeno sul piano della fruibilità. Chiunque, senza bisogno di fare corposi investimenti economici e senza avere competenze tecnologiche di alto livello, può costruire uno spazio personale che ha a priori tutte le potenzialità per guadagnare una notorietà comparabile a quella di qualsiasi sito web gestito da aziende editoriali. Tutto sta nell’introdurre i contenuti giusti e nel lavorare sulla rete dei contatti personali.

Per le aziende che fanno comunicazione questo significa necessariamente cambiare prospettiva: la pubblicità, la comunicazione d’impresa in generale, non potrà più essere concepita sulla base di una veicolazione di messaggi impressivi capaci di colpire l’audience, ma diventerà sempre più solo una prima ruota da far girare per mettere in movimento a cascata tutta una serie di altri ingranaggi costituiti dai contributi personali del pubblico pronto a far propri i contenuti più interessanti nel modo che ritiene più opportuno.

Insomma, le aziende dovranno confrontarsi con quella che sempre più spesso è denominata “Generazione Virtuale”, o più semplicemente “Generazione V”. La Generazione V è quella che, per la prima volta nella storia dell’umanità, non si limita a fruire i media, ma li usa per veicolare la propria personale visione del mondo e il proprio universo individuale e sociale. Non li subisce, ma li adopera con un ruolo di editore, di regista o anche soltanto di attore.

In questa prospettiva, a breve la maggior parte delle transazioni rivolte ai consumatori finali inizierà a svolgersi on line e, come osserva l’analista di Gartner Inc. Adam Sarner su Forbes, «entro 10 anni la più forte influenza su tutti i processi di acquisto sarà l’esperienza virtuale correlata e perciò la maggior parte del denaro verrà spesa facendo marketing e vendendo a persone virtuali on line piuttosto che a persone in carne ed ossa fuori da Internet».

Le persone virtuali però solo di rado coincideranno per tratti anagrafici e identificativi con le persone fisiche reali a cui sono associate. In realtà l’anonimato sarà sempre più frequente e i tratti che ciascun utente mostrerà saranno sempre più slegati dalle caratteristiche socio-demografiche tradizionali, come l’età, il sesso e la collocazione geografica. I tratti più importanti diventeranno i gusti personali, il comportamento in rete e il modo in cui ciascuna persona si rappresenta nell’universo virtuale del Web avanzato.

Mentre l’approccio di marketing tradizionale «si è focalizzato sull’identificazione del cliente finalizzata alla realizzazione di campagne di marketing one-to-one, di azioni di cross-selling e così via» prosegue Sarner, «la realtà della Generazione V si baserà sull’utilizzo di personalità virtuali multiple (per esempio recensore su Amazon, venditore su eBay, avatar in Second Life o in World of Warcraft, autore di un blog, uploader di video su YouTube) e sul potere straordinario della loro influenza crescente, e tutto questo significa che i clienti avranno un esercito di personalità on line che orienterà in modo determinante le relazioni di business».

Quello che a questo punto diventerà fondamentale – e lo è già adesso – sarà cercare di intendere sempre più a fondo gli aspetti psicologici dell’attività delle persone on line, piuttosto che cercare ancora di evidenziarne le caratteristiche socio-demografiche. Quello che conta in un contesto del genere sono gli interessi personali, l’attitudine a muoversi da un ambiente on line all’altro, il tipo di attività svolte, il tipo di personalità che viene messa in campo quando si è del tutto liberi da coercizioni e maschere derivanti dalla compagine reale in cui ci si trova a operare.

Molto importante è anche la tendenza della Generazione V a quello che Sarner chiama “il valore della collaborazione”, ossia il dare maggiore importanza alla relazione, al noi, piuttosto che all’individualità, al me. Più qualcosa è condiviso, riceve pareri e valutazioni, più acquista valore e diventa importante. Uno degli scopi della comunicazione aziendale dell’immediato futuro sarà allora quello di generare interesse, piuttosto che approvazione. Produrre contenuti notevoli e rilevanti, piuttosto che approvabili. Non si deve più puntare a contenuti e messaggi che generino identificazione, quanto a creare stimoli che producano semplicemente azioni.

Nell’agone della comunicazione partecipativa rivolta alla Generazione V, vincerà chi saprà generare raffiche potenti di nuovi contenuti prodotti dai destinatari attivi del messaggio originario, mentre sarà estromesso dal mercato chi ancora cercherà di ignorare che il destinatario della comunicazione è egli stesso produttore di contenuti in un ambiente peer-to-peer.

Arianna Bernardini
Arianna Bernardini


www.communicationvillage.com


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