Perché fare innovazione digitale nel retail è importante e difficile
Importante e difficile: questa è l’innovazione digitale nel retail, tanto che il 65% dei top retailer italiani è frenato dall’assenza di una chiara strategia su temi come la digitalizzazione del consumatore, la complessità crescente dei processi e la competizione delle Dot Com, anche se 3 su 4 si dichiarano al lavoro per definirla. Lo dice l’ultima ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digital nel Retail del Politecnico di Milano, da cui è tratta l’infografica che pubblico in questo post.
IL TEMA ORGANIZZATIVO
Una delle prime cose che saltano all’occhio nell’immagine qui sopra è la presenza di più attori: CEO, CIO e CMO, a riprova del fatto che parliamo di un complesso lavoro di squadra, come ho discusso molto di recente in altri contributi.
Lo afferma anche Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, che dice che “Sia l’efficienza sia la bontà del servizio offerto al cliente possono trarre notevoli giovamenti dalla digital transformation: una trasformazione che ha speranze di successo solo se non è vissuta come un’operazione meramente tecnica, da delegare agli specialisti dell’IT, e che spesso richiede la presenza di un ecosistema di imprese – solitamente startup per la novità dei compiti svolti – in grado di svolgere quelle funzioni di servizio che il retailer non può sviluppare in casa, perché non ne ha le competenze e/o le convenienze.”
La necessità di nuove risorse interne emerge dai dati che indicano come fondamentale per oltre il 60% dei top retailer l’eCommerce Manager (che deve lavorare anche sull’integrazione con i canali tradizionali) ma anche il Digital Officer (55%), responsabile della digital transformation. Sono ritenuti poi rilevanti tutti coloro che gestiscono e ottimizzano le strategie e le performance legate ai canali web/social dell’azienda: il Digital Marketing Specialist/Manager (54%), il Customer Analytics Specialist/Manager (53%), il Social Media Specialist/Manager (46%) e il Digital Communication Specialist/Manager(42%). Tutto purché, aggiungo io, queste persone lavorino davvero in modo coordinato e corale con il focus sui destinatari di queste innovazioni.
L’assenza di coordinamento strategico infatti si traduce purtroppo in un livello di investimento troppo modesto: anche se registra una crescita interessante, passando dal 15% del totale degli investimenti annuali nel 2015 al 17% nel 2016, la spesa in digitale dei top retailer è ancora inferiore a un punto percentuale del fatturato.
QUALE INNOVAZIONE SERVE DAVVERO?
Un altro punto su cui a mio avviso c’è spesso confusione è la sostanziale differenza tra innovazione orientata alla notiziabilità e quella sostanziale e di reale trasformazione, in tutti e tre gli ambiti indagati dalla ricerca del Politecnico: nel back-end (processi di interazione retailer-fornitori o processi interni del retailer), nella customer experience in punto vendita e a supporto dell’omnicanalità.
Le innovazioni digitali nel back-end sono largamente diffuse e consolidate tra i top retailer italiani, il 93% del campione ne ha adottata infatti almeno una, mentre il numero si assesta all’80% del campione nel front-end a supporto della customer experience in punto vendita.
Il punto cruciale, e più difficile da attuare a mio avviso, riguarda però il terzo pillar dell’omnicanalità dove si gioca la sfida con i pure player. La quasi totalità dei retailer utilizza i canali digitali per supportare le fasi di pre-vendita o post-vendita, o per abilitare la vendita. Oggi l’88% dei retailer è presente sia online sia su mobile (era l’80% nel 2015 e il 65% nel 2014) ma solo il 65% (era il 61% nel 2015) ha un sito di eCommerce per vendere online.
Infine sul mobile, vero punto di contatto fra mondo fisico e digitale, il 34% del campione ha una App o un Mobile site, per offrire funzionalità nel pre e post-vendita, mentre il 55% (era il 42% nel 2015) ha un’iniziativa di Mobile Commerce.
Numeri che segnano una tendenza all’evoluzione ma che dicono anche che serve ancora lavorare sul coraggio di innovare radicalmente, avendo al contempo un’idea chiara di come farlo.